LA CARICA DELLE 101
Idee per una PA migliore

QUADERNI

La carica delle 101 – Idee per una PA migliore
Edizioni Forum PA - Collana Quaderni
Marzo 2012
ISBN 9788897169123

contenuti sono rilasciati nei termini della licenza Creative Commons 2.5 Italia: Attribuzione – Non Commerciale - Condividi allo stesso modo.
Il testo integrale è disponibile al sito http://creativecommons.org/licenses/
La versione elettronica di questo Quaderno è disponibile sul sito www.forumpa.it
© 2012 Edizioni Forum PA
INDICE
ELENCO DELLE IDEE
LE CINQUE IDEE PIÙ VOTATE DALLA RETE |
||
N° |
Idea |
Proposta da |
1a classificata |
||
6 |
StatiGeneralInnovazione - Flavia Marzano |
|
2a classificata |
||
9 |
Michela |
|
3a classificata |
||
4 |
Membro della Comunità |
|
4a classificata |
||
49 |
Nicoron |
|
5a classificata |
||
14 |
Associazione Italiana per l’Open Government |
|
35 |
pietrocontaldi39 |
|
190 |
Riduzione consulenze mediante l’istituzione dell’Albo Unico Nazionale |
Laura Strano |
65 |
A.T. |
|
99 |
atromita |
|
34 |
Combattere la piccola corruzione eliminando i balzelli medioevali |
Membro della Comunità |
167 |
Premi ai dipendenti pubblici che promuovono etica e legalità |
Laura Strano |
158 |
Membro della Comunità |
|
73 |
coppola.paolo |
|
21 |
rino lo turco |
|
24 |
rino lo turco |
|
7 |
Comuni, Province, Regioni: individuare i giusti criteri per tagliare |
StatiGeneralInnovazione - Flavia Marzano |
61 |
fracleme |
|
51 |
Piero |
|
184 |
Codice bianco: obbligatorietà di corresponsione delle prestazioni mediche |
francescavenanzetti |
N° |
Idea |
Proposta da |
74 |
Membro della Comunità |
|
5 |
Michela |
|
11 |
Romina Lobina |
|
92 |
fracleme |
|
195 |
Riduzione delle spese postali con la notifica degli atti via PEC |
urp |
36 |
pietrocontaldi |
|
171 |
Membro della Comunità |
|
57 |
Utilizzare gli edifici demaniali per risparmiare sugli affitti |
antonio.viscardi |
157 |
Membro della Comunità |
|
211 |
giuseppe.tonutti |
|
74 |
Membro della Comunità |
|
5 |
Michela |
|
11 |
Romina Lobina |
|
92 |
fracleme |
|
195 |
Riduzione delle spese postali con la notifica degli atti via PEC |
urp |
36 |
pietrocontaldi |
|
171 |
Membro della Comunità |
|
57 |
Utilizzare gli edifici demaniali per risparmiare sugli affitti |
antonio.viscardi |
157 |
Membro della Comunità |
|
211 |
giuseppe.tonutti |
|
55 |
Nicoron |
|
47 |
Marco Pedemonte |
|
95 |
fabri.david |
|
146 |
Abolire i certificati usando la Posta Elettronica Certificata |
francesco.mosiello |
Un altro utente ha proposto un’idea simile |
||
105 |
alfbreg |
|
8 |
StatiGeneralInnovazione - Flavia Marzano |
|
Un altro utente ha proposto un’idea simile |
||
94 |
martire |
N° |
Idea |
Proposta da |
Un altro utente ha proposto un’idea simile |
||
105 |
alfbreg |
|
8 |
StatiGeneralInnovazione - Flavia Marzano |
|
Un altro utente ha proposto un’idea simile |
||
94 |
martire |
|
203 |
renato.lacroce |
|
Altri tre utenti hanno proposto idee in materia di centralizzazione delle banche dati e in particolare dell’ufficio anagrafe |
||
101 |
Centralizzare il servizio anagrafe dai comuni al Ministero delle Finanze |
antonio.adorno |
136 |
Collegamenti tra gli uffici della Pubblica Amministrazione e quelli del settore pubblico |
Membro della Comunità |
142 |
Rendere impossibile la spesa sanitaria per le persone decedute |
massimo.ordine |
104 |
alfbreg |
|
156 |
franco.carcillo |
|
202 |
renato.lacroce |
|
26 |
paolodallavaster |
|
41 |
L’ “ATI”/”RTI” di Enti Pubblici: la strada per il resource pooling |
cesare.brizio |
103 |
Membro della Comunità |
|
23 |
rino lo turco |
|
215 |
claudia.arcese |
|
176 |
salvatore.abbomerato |
|
12 |
Fatturazione elettronica obbligatoria nei rapporti con la Pubblica Ammministrazione |
Michela |
79 |
martire |
|
97 |
Membro della Comunità |
|
102 |
Membro della Comunità |
|
149 |
Membro della Comunità |
|
84 |
Laura Strano |
|
Un altro utente ha proposto un’idea simile |
||
192 |
martire |
|
50 |
indipertutti |
N° |
Idea |
Proposta da |
111 |
fracleme |
|
201 |
pistilloa |
|
150 |
Membro della Comunità |
|
115 |
Tommaso |
|
67 |
martire |
|
39 |
david.osimo |
|
19 |
v-contact |
|
96 |
Membro della Comunità |
|
194 |
ravas |
|
159 |
Membro della Comunità |
|
82 |
martire |
|
80 |
martire |
|
69 |
fontedelpoggio_ |
|
64 |
Carlo |
|
Valorizzazione delle risorse umane e benessere organizzativo |
||
56 |
Angelo Lorusso |
|
15 |
Carlo.dottone |
|
209 |
Colloquio/test psicologico preliminare all’assunzione di dirigenti |
Membro della Comunità |
32 |
mangelaccio |
|
62 |
martire |
|
25 |
edi.54@libero.it |
|
133 |
salcrino |
|
145 |
Alfabetizzazione informatica certificata per i dipendenti della PA |
Moroni GianCarlo |
172 |
Membro della Comunità |
|
110 |
Laura Strano |
|
126 |
angelo lisi |
|
132 |
salcrino |
|
83 |
Laura Strano |
|
109 |
Laura Strano |
|
112 |
Piero |
|
113 |
Pieropolinari |
N° |
Idea |
Proposta da |
Un altro utente ha proposto un’idea simile |
||
10 |
Michela |
|
166 |
antonio.f |
|
59 |
alco.studio |
|
85 |
siaas7 |
|
116 |
p.papadia |
|
161 |
antonio.f |
|
13 |
claudio.forghieri |
|
31 |
atromita |
|
63 |
alessandropalestini |
|
205 |
Membro della Comunità |
|
28 |
gidivit.centr |
|
93 |
Laura Strano |
|
37 |
Giovanni_Coletta |
|
124 |
sandro.gasparetto |
|
125 |
martire |
|
106 |
Membro della Comunità |
|
43 |
Piero |
|
58 |
antonio.viscardi |
|
138 |
Membro della Comunità |
|
197 |
ezio.berenci |
|
199 |
Carlo - F&T |
PREFAZIONE di Gianni Dominici
Direttore generale di Forum PA
Il Contest di Idee per una PA migliore che FORUM PA ha lanciato tra tutti coloro, dipendenti pubblici, aziende private e semplici cittadini, che hanno direttamente o indirettamente a che fare con la Pubblica Amministrazione italiana è una dimostrazione.
Una dimostrazione di come per la PA sia possibile e per molti versi necessario, instaurare un nuovo rapporto con i cittadini finalizzato a creare innovazione e cambiamento attraverso il coinvolgimento diretto dei cittadini stessi.
I problemi che la Pubblica Amministrazione si trova ad affrontare sono noti ma principalmente riconducibili da una parte alla crescente scarsità di risorse economiche e, dall’altra, al crescente bisogno di servizi di qualità da parte di famiglie e di imprese. Un imperativo del fare di più spendendo di meno che presuppone non un semplice adattamento del modo di governare la cosa pubblica ma, appunto, un nuovo modo di relazionarsi con tutti coloro, aziende, famiglie, associazioni che sono destinatari dei servizi pubblici.
Non è un caso che le PA di molti paesi stiano sperimentando nuove modalità per garantire il “governo della rete” utilizzando nuovi strumenti di ascolto e coinvolgimento dei cittadini finalizzati a raggiungere le “4 Co” che dovrebbero caratterizzare il rapporto con il pubblico di riferimento: Co-design, Co-production, Co-evaluation e Co-decision.
Tra questi, uno degli strumenti molto usati negli ultimi anni è quello del contest. Wikipedia così descrive il termine: un evento in cui due o più individui o team partecipano in competizione l’uno con l’altro, spesso per un premio o per un incentivo. Una semplice gara? Sì ma, per modalità di partecipazione e obiettivi, anche qualcosa di più. Tramite i contest le amministrazioni si rivolgono all’”intelligenza collettiva”, come direbbe Lévy, per coinvolgere il pubblico nella definizione di idee, di soluzioni e di proposte per meglio governare la cosa pubblica. Vediamo insieme alcune iniziative.
Le prime organizzazioni a ricorrere al meccanismo del contest sono state, come a volte accade, le aziende private.E così Salesforce, azienda che offre servizi di cloud computing, ha lanciato il portale IdeaExchange, una piattaforma tramite la quale i consumatori possono suggerire nuovi prodotti o miglioramenti dei servizi esistenti e interagire con l’azienda e con gli altri clienti. Un’esperienza simile l’ha lanciata Dell Computers con il suo Ideastorm, attraverso cui gli utenti possono partecipare allo sviluppo di nuovi modelli pubblicando idee e suggerimenti.
Ma, come dicevamo, anche la Pubblica Amministrazione ha ben presto fatto proprio il metodo, dando vita ad un ricco patrimonio di iniziative. Tra i primi, il governo degli Stati Uniti. Nel 2009, all’indomani della nota iniziativa del presidente Obama “Memorandum on Transparency and Open Government” per un governo più trasparente, partecipativo e collaborativo, il contest fu l’occasione per raccogliere idee e suggerimenti da parte dei cittadini tutti. Proprio grazie al successo dell’iniziativa, al primo contest ne sono seguiti degli altri. E così con Openostp il Governo ha raccolto idee per realizzare l’Open Government Plan. Con l’iniziativa SAVE (Securing Americans’ Value and Efficiency) il Governo si è invece rivolto ai dipendenti pubblici per raccogliere idee per favorire il risparmio nella spesa pubblica e migliorare l’efficienza. Il ricorso alla raccolta di idee viene utilizzato anche per arricchire il dibattito su temi ed iniziative specifiche. È il caso di Broadband.gov, usato dal Governo degli Stati Uniti per sostenere un approccio partecipato alla realizzazione del piano di sviluppo della banda larga del Paese, così come di GrassRoots, lanciato con l’obiettivo di raccogliere suggerimenti per la realizzazione della Green Agenda. Lo strumento dei contest trova applicazione, anzi forse è la dimensione più propria, anche a livello urbano. La città di New York, non a caso da quando Goldsmith ne è diventato il vicesindaco, ha lanciato diversi contest pubblici. Ce ne siamo più volte occupati sul nostro portale. Cito, tra le diverse iniziative, Change By Us e Simplicity Idea Market, particolarmente interessanti per i metodi adottati e per gli obiettivi prefissati. Degna di nota anche l’iniziativa della più piccola città di Austin che con Open Austin si rivolge ai cittadini per raccogliere idee per migliorare il proprio sito internet risparmiando anche sui costi.
Ma non solo gli Stati Uniti si stanno muovendo in questo campo. Il governo della Repubblica Ceca ha addirittura redatto un manuale (in inglese) dal titolo “How to organize a best public partecipation project contest for public”.
E in Italia? Anche da noi diverse le iniziative in corso, anche se ancora non in modo diffuso. Tra i soggetti pubblici il consiglio regionale del Veneto ha fatto da apripista con un’iniziativa finalizzata a realizzare una campagna di comunicazione per il progetto di E-democracy.Il Comune di Torino con il suo Open Data Contest si è rivolto alla comunità degli sviluppatori per individuare le migliori applicazioni che usassero i dati messi a disposizione e resi pubblici dall’amministrazione comunale. La Regione Emilia Romagna con Ideamocracy ha raccolto in poco più di un mese 65 idee per lo sviluppo di applicazioni web o mobile finalizzate a migliorare la partecipazione dei cittadini alle politiche pubbliche.
Dal livello locale a quello nazionale: con 1.252 proposte si è concluso il contest del Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione per raccogliere le migliori idee per la campagna di comunicazione sulle iniziative di riforma della PA avviate in questi tre anni di mandato, seguito poi dal contest lanciato da Italia Lavoro e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la creazione di una campagna di comunicazione sui Buoni Lavoro. Innovativo per il nostro Paese è invece Apps4Italy lanciato grazie alla collaborazione di una serie di soggetti pubblici, privati e del non profit per promuovere applicazioni che utilizzino dati pubblici.
Ma aldilà delle diverse soluzioni tecniche alcuni principi sono comuni a tutte le soluzioni:
• Il coinvolgimento estensivo del pubblico di riferimento. I diversi contest prevedono non solo la raccolta di contributi ma anche di valutazioni e rating dei contributi stessi da parte dei partecipanti. Il pubblico a cui è rivolto il contest ha la possibilità di votare le idee o i contributi partecipando quindi alla selezione stessa delle idee migliori.
• La dimensione non solo funzionale (raccolta di contributi) ma anche strumentale dei contest. Il contest diventa un formidabile strumento di comunicazione per l’ente che lo utilizza grazie alle capacità virali di internet. Ciascun contributo presentato in un contest può essere reindirizzato sui diversi social media (facebook e twitter per primi) generando attenzione sul tema trattato. Nel valutare un contest, quindi, il primo riferimento è alla quantità e alla qualità dei contributi raccolti ma anche alla comunicazione che è stato in grado di generare.
• I contest devono comunque prevedere un meccanismo premiale che può essere in denaro, in prodotti (spesso offerti da sponsor), in incarichi professionali.
Il contest di Idee per una PA migliore ha voluto andare oltre, coinvolgendo cittadini, operatori del settore privato e pubblico a presentare idee non su un progetto specifico ma sul funzionamento stesso della pubblica amministrazione. Piccole e grandi idee divise in tre categorie relative all’innovazione organizzativa, tecnologica e istituzionale.
Dal momento in cui il contest è stato chiuso alcune delle idee sono diventate proposte operative.
Si tratta, ovviamente, di un caso ma che dimostra come alcuni dei contributi arrivati fossero pertinenti e realizzabili. In particolare, le cronache hanno riportato di iniziative in merito all’ anagrafe unica per gli appalti pubblici, al cedolino on line per gli stipendi (al Comune di Napoli) al ricorso a premi per chi “denuncia” la corruzione e dell’adozione di un chip per il bollo auto (attualmente allo studio del Governo).
Tutte proposte presenti anche nel nostro contest.
GUIDA alla lettura
I numeri del contest
Il contest on line lanciato da FORUM PA il 20 settembre 2011 è rimasto aperto fino al 15 novembre scorso. In nemmeno due mesi hanno risposto all’invito a partecipare alla costruzione di una PA che funzioni meglio e costi meno 462 persone che, oltre a proporre le proprie idee (207 quelle inviate in totale), hanno partecipato commentando le idee degli altri utenti (762 i commenti pubblicati) e votandole (1847 i voti registrati).
Le idee sono state inserite dagli stessi utenti in una delle tre categorie previste dal contest – Innovazione istituzionale, Innovazione tecnologia e Innovazione organizzativa – e sono state corredate di tag, parole chiave adatte a descriverne obiettivi e punti di forza.
Le 101 idee
Tra tutte le idee arrivate, FORUM PA ne ha selezionate 101 che vengono presentate in questa pubblicazione articolate in due sezioni:
1. Le cinque idee più votate dalla rete
Sono le idee “vincitrici” secondo gli utenti che hanno espresso la propria preferenza votandole sul sito del contest.
2. Le idee scelte dalla redazione
Sono le idee che, a giudizio della redazione di FORUM PA, hanno colto al meglio lo spirito del contest. Dalla valutazione redazionale sono state escluse le cinque idee più votate dalla rete e, quindi, già inserite nella prima sezione.
La redazione ha espresso le proprie preferenze, sommandole ai voti dati dalla rete e tenendo conto di diversi elementi: originalità, concretezza, razionalità e sostenibilità dell’idea.
Per facilitare la lettura, le idee sono state raggruppate per “OBIETTIVI”; la redazione ne ha individuati otto: “Etica e legalità”, “Risparmio e lotta agli sprechi”, “Semplificazione e razionalizzazione”, “PA senza carta”, “Servizi di qualità”, “Valorizzazione delle risorse umane e benessere organizzativo”, “Open government”, “Sostenibilità ambientale”.
Per ogni idea sono presenti:
• il titolo e la descrizione come pubblicata dall’utente (è stata effettuata una mera revisione redazionale);
• il numero dell’idea, che corrisponde all’ordine in cui questa è stata pubblicata all’interno del contest;
• il nome utente della persona che l’ha proposta (nel caso in cui l’utente non abbia specificato un nome viene indicato come “Membro della comunità”);
• la categoria e i tag attribuiti all’idea;
• solo per le prime 5, il numero di voti degli utenti che le hanno elette vincitrici;
• i commenti arrivati dagli altri utenti (non tutte le idee ne hanno ricevuti).
In alcuni casi, infine, è segnalato anche il link all’intervista video realizzata agli autori dell’idea e pubblicata sul sito www.forumpa.it (link http://saperi.forumpa.it/101idee)
Buona lettura!
LE CINQUE IDEE
PIÙ VOTATE DALLA RETE
Prima classificata
Adottare software libero nella Pubblica Amministrazione
Idea n° 6 - proposta da: StatiGeneralInnovazione - Flavia Marzano
Descrizione
La PA, adottando software libero, può così garantirsi:
• migliore rapporto prezzo/prestazioni;
• maggiore libertà di cambiare fornitore;
• minori rischi di backdoors;
• proprietà della struttura dei dati;
• più facile rispetto degli articoli 68 e 69 del CAD;
• standard aperti;
• assenza di lock-in.
Altri aspetti di possibile garanzia riguardano inoltre pluralismo e concorrenza, maggiore sicurezza, integrazione con il software esistente, continuità e persistenza dei dati, interoperabilità, disponibilità del codice sorgente (ad esempio per ispezione).
La normativa - fin dal 2003 (con la Direttiva Stanca) e poi con il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) - ci supporta, e la Commissione Europea ci sollecita ad adottare software libero. In più, alcune Regioni hanno già legiferato in questa direzione.
Categoria |
Innovazione tecnologica |
Numero commenti |
175 |
Voti positivi |
61 |
Voti negativi |
12 |
Voto complessivo |
49 |
TAG |
software libero, open source, interoperabilità, cooperazione applicativa, lock-in, sicurezza, backdoors, codice della pa digitale |
COMMENTI
NOTA DELLA REDAZIONE
Questa idea ha ricevuto 175 commenti, un numero tale da non poter essere pubblicato integralmente. Abbiamo quindi chiesto ai partecipanti alla discussione di fornirci una sintesi delle loro osservazioni.
Da: n.andreanacci
Esiste nella PA italiana una forte riluttanza ad adottare software OS che spesso deriva da una scarsa conoscenza del concetto stesso di Open Source. Tuttavia, questi pregiudizi impediscono non solo di scegliere, ma addirittura di prendere in considerazione la scelta di un software non proprietario. Queste non sono colpe imputabili ai singoli, ma all’impostazione generale delle strutture pubbliche italiane (e direi dell’Italia in generale) nelle quali la qualificazione e la preparazione dei soggetti preposti a determinati compiti viene sempre sottovalutata. L’OS non è la soluzione, ma il rifiuto aprioristico dell’OS è un problema.
Da: vaccaricarlo
Concordo pienamente con quanto espresso dalla descrizione della proposta. Chi vorrebbe un sistema non libero, ma imposto dall’alto segue una logica di tipo marxista, bellissima in teoria, di una logica difficilmente attaccabile dalla teoria, ma che si sgretola subito se rimaniamo nel mondo reale, dove proprio il software libero, grazie alla rapidità di sperimentazione da parte di innumerevoli utenti, prontamente impone spontaneamente degli standard.
L’idea di standard imposto dall’alto in una società (parzialmente) libera comunque non potrebbe funzionare neppure in teoria perché creerebbe da subito difficoltà di interfaccia con l’utenza. Ancora meno produttiva appare tale posizione in una logica di sistema dove è proprio il sistema a richiedere l’applicazione libera.
E’ vero, esiste il pericolo che enti diversi scelgano soluzioni diverse, ma ciò è dovuto al grosso difetto - squisitamente italiano - che le pubbliche amministrazioni sono libere di scegliere soluzioni inefficienti e spendere il denaro pubblico impunemente. Se in Italia esistessero norme che punissero le inefficienze e una magistratura che avesse l’obbligo dell’azione penale, tale pericolo si potrebbe in buona parte evitare. Precisando che l’efficienza deve essere giudicata dal basso, cioè dagli utenti, perché se ricadiamo nel vecchio ciclo chiuso in cui la PA giudica se stessa, siamo punto e a capo.
Quando nel mio ufficio devo effettuare delle scelte informatiche su esigenze non soddisfatte dall’amministrazione centrale, le esigenze di interfaccia con le altre amministrazioni sono assolutamente subordinate all’esigenza primaria di servire il cittadino, e anche a quelle di economicità e facilità d’uso da parte degli operatori.
Il ricorso continuo a misure preventive (cioè restrittive della libertà), nella consapevolezza dell’impotenza di fronte a comportamenti devianti e dell’incapacità di implementare atti correttivi, è la peggiore delle medicine e ciò che ingessa l’Italia.
Il ricorso al software libero permette inoltre il procedere per tentativi, tornare indietro, adottarne un altro, magari quello che più amministrazioni hanno adottato e che risulta migliore, cosa impossibile con quello imposto.
Da: atromita
Io ritengo che il modo nel quale è stato proposta l’idea e la soluzione indicata contengono valutazioni non esatte sia nell’identificazione del problema, sia nella proposta di soluzione.
L’idea, in questo modo omnicomprensivo, confonde le esigenze informatiche di struttura - cioè il sistema gestionale - e le esigenze informatiche del dipendente nell’espletamento del suo lavoro d’ufficio.
Analizzando la seconda esigenza - cioè, in soldoni, far funzionare bene il PC sulla scrivania - è corretto pensare che soluzioni di tipo Open Office e UBUNTU-like siano una risposta completa, efficace ed efficiente. Per il sistema gestionale, esistono differenziazioni dimensionali, mentre il 90% delle esigenze funzionali per PAC, PAL e Palline è la stessa, dovendo esse rispondere alle stesse leggi dello Stato, almeno sino a che esiste uno stato unitario.
Quindi, occorre prevedere un sistema di gestione dei dati (database management) e provvedere alla realizzazione di un sistema informatico (procedure e programmi).
Per il DBM la scelta di soluzioni di mercato mi sembra la più sicura visto il largo e sperimentato uso di questo tipo di soluzioni. Per il sistema informatico, la realizzazione può anche far uso di qualche parte OS, ma la soluzione economicamente e tecnicamente valida è data da uno sviluppo unico ed una integrazione “proprietaria” dello Stato.
Il fattore di scala produrrà il vero risparmio: una soluzione per tutti e non cento piccole soluzioni proprietarie di vanitosi DP manager locali.
Da: Cesare Brizio
L’obiettivo non è certo un’adozione indiscriminata del free software, né un massimalismo irriflessivo. Il prezioso contributo degli sfavorevoli al software libero tout-court, che hanno ben portato e ben difeso le loro posizioni critiche, ha consentito di opporre argomenti a favore di pari forza e articolazione, di mettere a fuoco alcuni punti-chiave e di superare, almeno in parte, un’opposizione che talora si è rivelata solo terminologica.
Tra le preoccupazioni, quella relativa alla frammentazione delle scelte applicative, possibile frutto di un’adozione scoordinata e velleitaria di free software. Come portavoce di un’iniziativa di successo, PloneGov Italia (www.plonegov.it), mi sono speso a sostegno della tesi che proprio il software libero e i formati aperti possono fungere da aggregatore e armonizzatore di scelte, conciliando l’autonomia decisionale dei singoli Enti e un’uniformità, un’armonia e un’interoperabilità che è sacrosanto pretendere, ma che è altrettanto difficile (e costoso) imporre dall’alto.
Tutti, anche i detrattori, sanno che il software “free” non è a costo zero; tutti valutano con chiarezza gli impatti organizzativi; si dibatte su quanto in là debba spingersi l’autonomia decisionale degli Enti, senza che sia contraddetta la loro missione istituzionale: ma nessuno nega che l’investimento in free software rende in termini di cultura, autonomia, crescita e in significativi vantaggi economici, da non sottovalutare in un’era di recessione.
A convincerci che gli Enti possono efficacemente coinvolgersi nel free software senza snaturarsi, sono casi come PloneGov, comunità informale ad adesione volontaria, costruita dai più attivi Enti Pubblici utilizzatori del CMS libero Plone, tecnologia adatta a realizzare siti, portali, intranet e applicazioni Web. Gli Enti di PloneGov si scambiano moduli in riuso, li rilasciano al mondo intero (la cosiddetta “comunità Plone”, migliaia di utenti nel mondo, è tra le più attive e coese), e iniziano a co-progettare soluzioni, ognuno al livello di autonomia che le proprie risorse economiche ed umane gli consentono; ognuno raffrontando obiettivi e budget; tutti, concludendo che conviene collaborare. Sullo sfondo, PMI come RedTurtle Technology, parte al tempo stesso della comunità Plone e di una rete globale di imprese, ZEA Partners.
Le PMI del free software sono abilitatori di uso e riuso del software libero, offrendo supporto tecnico e formazione agli Enti che la richiedano, dai grandi ai piccoli che mai potrebbero (con le sole loro risorse tecniche) “permettersi il lusso di risparmiare” grazie al software libero. Questo è un modello di business basato su software libero e aperto, cost-effective per gli Enti, capace di armonizzare le scelte anche tra Enti eterogenei, senza soglie di ingresso, e infine (e non è poco) capace di fare crescere le PMI che sul territorio supportano il software libero. C’è da riflettere!
Da: Carlo
Perché adottare software Software Libero e/o OpenSource?
1. Intanto per i risparmi:
a. Zero costi di licenza
b. Sottoscrizione per versione Enterprise comprensiva di MAC, circa l’80% di risparmio rispetto a una licenza proprietaria
c. Manutenzione evolutiva (MEV) e personalizzazioni: i servizi possono essere messi a gara, ottenendo le necessarie garanzie con un risparmio di almeno il 20%
d. Consulenza e servizi di assistenza, integrazione e migrazione dei dati: il codice aperto e l’orientamento “collaborativo” dei software open permette risparmi consistenti e riduzione dei rischi
2. I principali motivi “tecnici”:
a. Perché risparmio il 30/40% dei costi
b. Perché posso reinvestire quella quota in maggiori servizi al cittadino
c. Perché lo dice l’Unione Europea (v. Agenda Digitale Europea 2010-2020 )
d. Perché lo dice il Codice dell’Amministrazione Digitale
e. Perché gli Open Standard stanno diventando sempre più vincolanti per le PA
f. Perché non si può andare verso l’Open Data (http://www.dati.gov.it/) se non attraverso gli Open Standard e il Free Software
g. Perché la “trasparenza” nella PA è anche apertura e conoscenza del codice utilizzato nei procedimenti amministrativi
h. Perché posso cambiare fornitore dei servizi mantenendo lo stesso software
3. Le difficoltà:
a. Un residuo di percezione del software OS come qualcosa di dilettantesco
b. Una minore conoscenza dei pacchetti OS, spesso non pubblicizzati o diffusi come quelli proprietari
c. Una carenza di strutture, sul territorio, in grado di fornire assistenza e le dovute garanzie
d. La necessità, spesso, di gestire un cambiamento
Quali lavori nel mondo del Free Software?
4. Ci sono molti modelli in un settore fortemente orientato all’innovazione, sia in termini di prodotti che di posizionamento sociale e di mercato. I più comuni sono i seguenti:
a. Il Maintainer - non ha rapporti diretti con il Cliente finale, ma contratti di partnership con aziende che offrono ai Clienti i servizi connessi con l’uso del prodotto (supporto, consulenza, formazione, assistenza, ecc.) Il system integrator, pagando un programma di partnership articolato per qualità e per intensità (platinum, gold, silver, ecc..), riceve formazione, assistenza di II livello, supporto alle vendite e la garanzia che il maintainer non diventi competitor nel territorio e/o nel settore
b. Il System integrator - ha rapporti con il Cliente finale, cui vende i servizi connessi con l’utilizzo del prodotto OS, fregiandosi del marchio del prodotto, assicurando direttamente l’assistenza di I livello ed indirettamente quella di II livello. Può rappresentare più prodotti/mantainer. Se questi sono OS, ha assicurato l’uso del marchio ed il supporto necessario per tutta la sua clientela (non ci sono in genere percentuali sulla vendita dei servizi).
c. Il Progettista OS indipendente - Un nuovo player che si sta affacciando nel mercato OS: offre al Cliente finale una soluzione architetturale “su misura” completamente Open Source, sulla base di una profonda conoscenza dei prodotti disponibili nei “giacimenti” OS (es. SourceForge). Viene remunerato per il disegno architetturale, il progetto, talvolta per consulenza e coordinamento. Affida la gestione dei servizi e delle garanzie sui singoli prodotti ai system integrator di riferimento.
Da: Eugenio Minucci
Ritengo che l’acquisizione di Open Source (OS) nella Pubblica Amministrazione (PA) sia ostacolata soprattutto da remore di tipo culturale, molto più che da azioni più o meno nascoste delle lobbyes dell’ICT. In molti paesi del mondo si sta spingendo per l’adozione di soluzioni OS (in Canada ad esempio, dove da poco sette ministeri del Québéc hanno adottato un software OS québecois al 100%, IntelliGID - per la gestione dei documenti dalla creazione all’archiviazione; ma si ritiene tuttora che il software closed dia maggiori garanzie di quello OS, e che il software OS non sia distribuito “as is”, ovvero pronto all’uso, ma necessiti ulteriori interventi da parte dell’utente finale: affermazione quanto mai fallace, in special modo per alcune categorie di prodotti (Office Automation, Web Browser, Client Email, Editing Immagini, ma anche Sistemi Operativi...) dove la qualità del software OS è allo stesso livello se non addirittura superiore (ad esempio: Mozilla Firefox, Gimp, Open Office, Evolution) di quello closed.
Considerando poi le necessità che devono essere soddisfatte dal software di una PA (sicurezza, interoperabilità, trasparenza...), il software OS rappresenta l’ottima soluzione da implementare: è infatti costantemente aggiornabile, ispezionabile, modificabile anche dalla PA stessa, che abbonda di bravi informatici spesso poco o sotto-utilizzati.
In più, predispone il territorio a virtuose dinamiche di condivisione e immagazzinamento del know-how, favorendo la formazione di network locali di sviluppatori software; ancora, è naturalmente predisposto alla creazione di Open Data, altra necessità ormai irrinunciabile per ogni PA.
E, se non bastasse, è gratuito e riutilizzabile.
L’ultimo aspetto citato, quello della gratuità, può essere il punto di forza più apprezzabile - a parità di alti standard qualitativi - affinché l’OS diventi pratica comune nelle PA: ogni anno infatti si spendono milioni di euro (a livello di PA centrale) e migliaia (a livello locale) per ottenere le licenze d’utilizzo dei vari prodotti software (ad esempio: Windows e Microsoft Office); se si considera il livello “micro” di una PA centrale - composto da scuole, ospedali, stazioni di polizia… - si può facilmente immaginare quanto possa essere immediata l’introduzione (ed il risparmio conseguente) di determinati applicativi OS (come quelli per l’Office Automation).
Ed anzi, concludendo, per soddisfare la richiesta di scalabilità che il rapporto “macro/micro” di una qualsiasi PA comporta, la soluzione potrebbe essere fornita dal Cloud Computing connotato però dagli attributi open: un Open G-Cloud, pare perciò essere la chiave di volta per una efficiente PA del futuro.
Da: Flavia Marzano
Il dibattito è stato serrato e molto interessate, le posizioni - anche quando diverse - sono state motivate e descritte con dovizia di particolari.
I punti caldi sono stati:
• L’interoperabilità tra PA (con software libero o meno)
• Total Cost of Ownership (TCO) e il Ritorno sugli investimenti (ROI)
• I dirigenti ICT non gradiscono cercarsi rogne (neppure nel caso questo significhi migliorare il sw, quindi non cercano alternative libere)
• Formazione, assistenza, manutenzione e personalizzazione del sw sono importanti
• Tempi di transizione
• La capacità della politica di capire il tema
• Ruolo della politica nella scelta della licenza
Quello che mi resta dal dibattito:
• È necessario formare la classe politica
• È necessario garantire l’interoperabilità tra software pubblici (e questo si può fare più facilmente con il software libero e con l’adozione di standard)
• Il ROI va considerato non tanto in termini economici quanto in termini socio-culturali
• La licenza (libera o meno) non è a priori garanzia di qualità (buona o cattiva)
• Si potrebbero risparmiare molti dei 30 milioni di euro che la PAL italiana spende ogni anno di licenze Office adottando soluzioni libere
• L’adozione di software libero nella PA deve essere guidata dalla politica
• La comunità del software libero offre molte soluzioni e ottime garanzie di qualità nell’assistenza e la manutenzione
• Un software (aperto o proprietario) può essere buono o cattivo a prescindere dalla licenza
• Si potrebbe fare uno studio sul TCO nell’acquisto e nella manutenzione del software nella PA, ma il costo non è la ragione per cui si deve adottare software libero nella PA. Le ragioni sono nei punti seguenti.
• La PA ha dei doveri e dei diritti deve garantirsi:
a. il miglior rapporto prezzo/prestazioni
b. la libertà di cambiare fornitore (no lock-in)
c. nessuna backdoors
d. proprietà della struttura dei dati
e. possibilità di riuso ai sensi del CAD
f. standard aperti
g. sicurezza
h. integrazione con sw esistente
i. persistenza dei dati (art. 50 bis del CAD)
j. interoperabilità
k. disponibilità del codice sorgente (per ispezione)
• La PA deve garantire:
a. Pluralismo
b. Concorrenza
c. Sicurezza
d. Sviluppo del proprio territorio
• Nel caso di adozione di Cloud Computing la PA dovrebbe preferibilmente scegliere Community (o private) Cloud
• La transizione al software libero (come a un qualunque software) richiede tempo
• Le imprese devono cambiare modello di business
• Il software libero rinforza economicamente i territori
Quanto detto è più facilmente garantito dall’adozione di software libero!
indice - elenco delle idee - le cinque idee più votate dalla rete
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Seconda classificata
L’efficienza energetica degli edifici pubblici
Idea n° 9 - proposta da: Michela
Descrizione
Ridurre i consumi energetici degli edifici pubblici - scuole, ospedali, sedi di istituzioni… - potrebbe rappresentare un’azione importante non solo a livello ambientale (si ricorda l’obiettivo europeo di ridurre del 20% le emissioni di Co2 entro il 2020), ma anche economico.
Il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici pubblici, attraverso interventi di riqualificazione e l’adozione delle tecnologie più avanzate oggi disponibili, potrebbe infatti dare la spinta alla creazione di una vera e propria filiera, basata sulle nuove tecnologie e sull’utilizzo delle fonti rinnovabili, senza contare i successivi risparmi sulla bolletta, a fronte dell’investimento iniziale.
Anche in questo caso forse il problema non è solo economico ma di mentalità: sappiamo guardare al medio/lungo periodo? E soprattutto: sappiamo capire l’importanza di investire oggi per risparmiare domani?
Categoria |
Innovazione tecnologica |
Numero commenti |
5 |
Voti positivi |
51 |
Voti negativi |
3 |
Voto complessivo |
48 |
TAG |
efficienza energetica, risparmio energetico, ambiente, tecnologie per l’ambiente, edifici pubblici |
COMMENTI
Da: Marcello Verona
Oltre all’impatto ambientale e l’eventuale risparmio, ritengo sia un segnale importante che le amministrazioni possano dare alla cittadinanza. A Cagliari se ne sta parlando da molto, era anche nel programma del sindaco Zedda.
Da: Membro della Comunità
Ho votato in favore di questa proposta, ma quello che mi lascia perplesso sono i soldi per realizzarla.
Non so di che tipo di investimento ci sarebbe bisogno, ma in Italia non si sono riusciti a trovare nemmeno i 100 milioni (in principio dovevano essere 800) già calendarizzati per la banda larga...
Da: Michela
In effetti, il problema delle risorse economiche - soprattutto in questo momento - è un problema reale, ma riguarda qualunque intervento “innovativo” (soprattutto quelli in cui ci vogliono anni per rientrare dell’investimento fatto) e, anche in questo caso, entrano in gioco altri aspetti, quali la progettualità e ancora una volta le idee!
Se mancano progetti seri non vengono sfruttate neanche le risorse esistenti. Ci sono ad esempio finanziamenti europei (il POR anni 2007/2013 – Asse 3 Intervento 3.1.3.43.01 “Promozione efficienza energetica negli Enti Pubblici territoriali” e con questi fondi la Regione Sardegna ha recentemente finanziato un bando da 14 milioni di euro), c’è il progetto europeo “Smart Cities & Communities”, che selezionerà le migliori città europee a livello di utilizzo intelligente dell’energia. Inoltre, metterei in evidenza un aspetto: bisogna prima avere le idee chiare su quali interventi attuare e su quali sono i risparmi previsti per definire gli obiettivi e poi monitorare negli anni successivi i risultati raggiunti.
Non basta progettare e realizzare interventi per l’efficienza energetica, è fondamentale anche la fase successiva della gestione, in modo da garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Da: Membro della Comunità
Pur essendo pienamente d’accordo rispetto allo sviluppo delle energie alternative, non riesco a vedere il contributo che queste possano dare alla PA.
Mi sembra che l’effetto più rilevante sia quello economico, che comunque sarebbe sempre contenuto rispetto a problemi ben più pressanti, mentre non vi è alcun ritorno in termini generali e globali sull’efficienza della PA.
Efficienza che consentirebbe di risparmiare e forse addirittura guadagnare sia economicamente che socialmente.
Ben diverso è il discorso riferito a incentivi e politiche in favore delle energie alternative, che farebbero un gran bene ai cittadini (ma comunque poco o niente alla PA).
Da: patrizia.dora
Bellissimi tutti i progetti che si possono pensare in questo ambito, ma non procura un senso perlomeno di disagio - se non anche di qualcos’altro - vedere, come succede a me tutti i giorni nel mio ufficio, i riscaldamenti (o i condizionatori) andare a palla e le finestre e le porte spalancate? Se il livello di coscienza e consapevolezza è così basso, nessuna evoluzione è possibile.
E questo vale anche per tutti gli altri ambiti della PA.
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Terza classificata
Combattere l’evasione rendendo detraibili le spese
Idea n° 4 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Se ogni famiglia potesse “scaricare” le spese per le prestazioni professionali di cui usufruisce, sicuramente tutti saremmo portati a esigere la fattura, altrimenti la solita domanda “la fattura le serve?” sarà sempre vissuta come un quesito legittimo, quando invece è esattamente il contrario.
Categoria |
Innovazione istituzionale |
Numero commenti |
15 |
Voti positivi |
49 |
Voti negativi |
5 |
Voto complessivo |
44 |
TAG |
evasione fiscale, controllo fiscale |
COMMENTI
Da: emanuele.baronericciardelli
Sono d’accordo: la perdita di gettito Irpef iniziale sarebbe ampiamente coperta dall’aumento di entrate Iva, Ires e Irpef dovute all’emersione del reddito dei lavoratori autonomi e delle imprese. Occorre rendere conveniente la richiesta della fattura, senza inutili richiami all’etica.
Da: Marcello Verona
Concordo con l’autore del post e con il primo commento: serve (evidentemente) anche un vantaggio personale dato anche da un calcolo razionale, anche perché in Italia non c’è sanzione sociale.
Da: stefania
Questa proposta sarebbe fondamentale per recuperare il sommerso che tutti noi abbiamo avuto modo di sperimentare, e inoltre porterebbe anche a una sorta di calmieramento dei prezzi, dato che certi artigiani spesso guadagnano fino a 250 euro al giorno, e senza fattura.
Da: StatiGeneralInnovazione - Flavia Marzano
E se ci aggiungessimo anche l’apertura dei dati fiscali della gente, ovvero pubblicare le dichiarazioni dei redditi di tutti?
Da: Marcello Verona
Se fossero disponibili tutti i dati fiscali delle persone, si potrebbe studiare un’applicazione di controllo fiscale distribuito.
Potrebbe funzionare così:
• sarebbero presenti in database tutti i dati tranne il nome e cognome della persona, basterebbe un codice;
• il cittadino che ne ha le competenze potrebbe fare data mining mediante un’interfaccia a più livelli (fino a scrivere SQL) alla ricerca di anomalie;
• le anomalie sarebbero salvabili ed esportabili agli uffici competenti (in modo da poter ripetere le query con un click e verificare la coerenza di metodo).
Da: coppola.paolo
Così non credo funzioni. Esistono già spese detraibili, come quelle odontoiatriche, ma nonostante questo alcuni continuano a preferire lo “sconto”. Secondo me si dovrebbe permettere la detrazione di tutte le spese effettuate con pagamenti elettronici, ma deve essere una detrazione cumulativa che aumenta in proporzione a quanti pagamenti elettronici si fanno.
Se i pagamenti elettronici sono inferiori al 20% del reddito complessivo allora la detrazione sarà del 5%, se sono tra il 20 e il 30 allora la detrazione sarà del 10%, se tra il 30 e il 40 allora del 15 e se tra il 40 e il 50 sarà del 20% (le soglie sono puramente indicative). La certificazione del totale dei pagamenti può essere messa in capo alle banche: in questo modo c’è un meccanismo che invoglia ad accumulare pagamenti tracciabili, il sistema dello “sconto” non vale più perché il singolo acquisto mi aiuta ad aumentare la detrazione anche su tutti quelli passati, e allora lo “sconto” non mi conviene più.
Non devo tenere tutti gli scontrini, ma solo chiedere un estratto alla banca. E diminuisce anche il contante circolante, ulteriore strumento di evasione.
Da: Membro della Comunità
Con la detraibilità totale delle spese sostenute si rilancerebbero i consumi (il cittadino avrebbe più soldi da spendere) facendo pagare le tasse a chi fino ad oggi di tasse ne ha pagate ben poche.
In particolare provo molto fastidio quando un prezzo per la visita medica varia a secondo se serve la fattura oppure no, sapendo che si ha la possibilità di scaricare solo il 19% tra un anno mentre non chiedendo la certificazione si risparmia subito il 30%. Semplicemente, ogni volta mi sento rapinato.
Da: Membro della Comunità
L’idea aumenterebbe il gettito fiscale, ma non capisco come questa idea possa migliorare la PA.
Da: Membro della Comunità
In base al reddito individuale possiamo detrarre sino a un certo tetto, a meno di non portarci la detrazione nelle dichiarazioni Irpef di dieci anni a venire. Oppure si andrebbe a credito presso l’Agenzia delle Entrate, però i rimborsi avvengono sulla busta paga di luglio dell’anno stesso solo se si è dipendenti di datori di lavoro sostituto d’imposta.
Sarebbe così preferibile per tutti fruire delle detrazioni in base a fattura rilasciata? Me lo chiedo perché so che negli Stati Uniti funziona.
Da: Membro della Comunità
Se le spese fossero detraibili al 100% e fosse modificato il sistema fiscale al fine di ottenere comunque lo stesso importo attuale dal contribuente, si innescherebbe il cambiamento di sopra accennato e tutti chiederebbero la fattura/scontrino da detrarre (per non pagare di più).
In questo modo si avrebbe la possibilità di ottenere una visione più ampia del gettito e delle spese reali, e si potrebbe raggiungere un livello di tassazione più equo.
Da: Moroni Giancarlo
E’ una bellissima proposta, solo di difficile attuazione in quanto per combattere l’evasione non basterebbe solo questo, ma si dovrebbe riorganizzare tutto il sistema delle entrate con controlli incrociati, con la possibilità che le banche diano informazioni sui movimenti bancari, sulla possibilità di avere banche dati informatiche integrate, ecc. Insomma, idea brillante che deve però essere accompagnata da una miriade di proposte altrettanto organizzative a livello centrale.
Da: luigi
Sono contrario. Il minor gettito dovuto alla detraibilità delle spese obbligherebbe lo Stato ad aumentare le aliquote, con grande gioia degli evasori. Se viene offerto uno sconto, come già succede ora - senza fattura 100, con fattura 120 - per l’acquirente diventa comunque più conveniente lo sconto della fattura (se il venditore ha un’aliquota marginale del 40 e l’acquirente del 20 il 30% di sconto conviene ad entrambi).
Con questa proposta si introducono obblighi amministrativi per l’acquirente (che deve conservare le fatture per poterle dedurre) ed un maggior lavoro per il fisco (controllo sulle deduzioni richieste).
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Quarta classificata
Integrazione dei data base
Idea n° 49 - proposta da: Nicoron
Descrizione
Gli archivi degli Enti Pubblici che gestiscono dati riferibili all’utenza (Agenzia delle Entrate, Regioni, Comuni, Agenzia del Territorio, Consorzi di bonifica, ecc.) dovrebbero essere integrati in un unico datawearhouse consultabile dal singolo cittadino per la propria posizione.
Questo si rivelerebbe a favore:
• del cittadino che avrà informazioni complete, aggiornate e circolari;
• della PA che renderebbe più efficienti i processi di raccolta ed elaborazione dei dati.
Questa opera di integrazione consentirebbe una rivoluzione fiscale che consiste nell’elaborazione della dichiarazione dei redditi da parte della PA e non da parte del cittadino, con risparmi assolutamente notevoli di sistema.
Al cittadino resterebbe il solo compito di integrare/modificare i dati dove necessario. Usando un semplice slogan, si potrebbe dire che così, com’è giusto, “il conto non lo fa l’ospite, ma l’oste”.
Categoria |
Innovazione tecnologica |
Numero commenti |
6 |
Voti positivi |
44 |
Voti negativi |
3 |
Voto complessivo |
41 |
TAG |
efficienza, trasparenza,banche dati, semplificazione, interoperabilità, cooperazione applicativa |
COMMENTI
Da: rino lo turco
La frammentazione dell’anagrafe dei cittadini rende di fatto impossibile l’applicazione di molte agevolazioni e semplificazioni.
Se una volta, mancando i sistemi di comunicazione, era necessario che ogni territorio disponesse della propria anagrafe, oggi con l’uso della tecnologia ciò non è più necessario. Continuare ad avere una anagrafe per ogni comune è anacronistico, e l’accorpamento in un’unica anagrafe nazionale permetterebbe l’attivazione di nuovi servizi e di rendere più disponibili quelli vecchi. Ad esempio, l’introduzione della carta di identità che al suo interno conterrebbe anche servizi utili alla persona, come la propria storia sanitaria.
La realizzazione non è complessa e già esistono anagrafi uniche nazionali. Certo, i comuni avrebbero un potere minore, ma è ora di rendersi conto che siamo una unica nazione.
Da: martire
L’Anagrafe centrale richiama un concetto chiaro ed indispensabile: l’Unicità del cittadino. Attualmente i nostri nomi, cognomi, date di nascita ed altre informazioni vengono replicate troppe volte, a volte storpiate o cambiate per errori di digitazione.
Se io nasco una sola volta, perché il mio nome deve essere digitato tante volte se potrebbe essere “estratto” dall’Anagrafe unica? Perché posso avere la residenza in due comuni e anche all’estero, se la legge non lo permette? La presenza di una anagrafe unica impedirebbe tutte queste situazioni di inefficienza: ogni settore amministrativo avrebbe i privilegi sulle informazioni di propria competenza, e le inserisce o modifica agganciandosi all’anagrafe centrale.
I Comuni, ad esempio, sono gli unici che potrebbero modificare dati anagrafici e di residenza.
Le informazioni sulla patente le possono inserire o modificare solo le motorizzazioni.
Gli uffici periferici che possono aver bisogno di accedere alle informazioni del cittadino possono farlo solo in lettura, o le possono modificare se sono dati di propria competenza.
Qualche esempio? Se qualche ufficio ha bisogno di inserire una domanda o preparare un documento, i dati vengono prelevati dall’Anagrafe centrale senza dover essere ridigitati.
Se vado a vivere all’estero l’ambasciata non mi può iscrivere all’Aire a meno che il comune non mi cancelli prima dalla Apr. Basta doppi inserimenti. Se ho bisogno della patente, la motorizzazione prende i miei dati dall’Anagrafe centrale, senza bisogno di altri certificati e documenti.
Il medico stesso potrebbe avere un sistema dove specificare che bisogna portare gli occhiali alla guida, ecc. Le ragioni di una Anagrafe centrale sono anche a livello di sicurezza.
Ad ogni cittadino, inserito finalmente una sola volta come cittadino italiano, corrispondono quei dati biometrici per il passaporto.
da: martire
Già oggi, se disponiamo di un passaporto elettronico, le nostre firme, foto e impronte digitali si trovano in un data base, e questo è di fatto una parte di quello che dovrebbe essere l’anagrafe centrale.
Tutte gli uffici amministrativi che vogliono sapere qualcosa su un cittadino possono così ottenere informazioni solo chiedendole. Un sistema di questo tipo offre anche più garanzie di controllo, poiché ogni lettura o modifica di dati viene memorizzata in un log.
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Quinta classificata
Open Data in tre mosse
Idea n° 14 - proposta da: Associazione Italiana per l’Open Government
Descrizione
Per aumentare la responsabilità del Governo, promuovere una partecipazione informata dei cittadini e creare nuove opportunità economiche, ogni amministrazione deve rendere disponibili su internet tutti i dati pubblici in suo possesso in formato aperto e con licenza idonea a garantirne il riutilizzo, anche per finalità commerciale. Si tratta di dati raccolti a spese della collettività, che riguardano attività finanziate con le tasse, ma sono stati finora inaccessibili a cittadini e imprese.
E’ possibile implementare gradualmente una strategia che preveda i seguenti tre passaggi:
• dati gov.it: lanciare subito, in versione beta, un portale che raccolga tutta l’enorme mole di dati già disponibile on line e “dispersa” per il web, popolandolo progressivamente con tutte le altre informazioni prodotte dal settore pubblico;
• task force: aprire un tavolo che elabori, in tempi brevissimi, una proposta di principi e la roadmap italiana, definendo le priorità per cittadini, imprese ed Enti;
• direttiva e contest: emanare un atto che sancisca l’uscita dalla “beta” a fronte di una piena operatività di un sistema in cui tutte le informazioni del settore pubblico (ad ogni livello) sono disponibili su “dati.gov.it”, inserendo l’Open Government all’interno del Programma Triennale per la Trasparenza.
Una volta disponibili i dati, sarà possibile organizzare i contest per premiare le migliori applicazioni realizzate utilizzando i dati pubblici.
Categoria |
Innovazione tecnologica |
Numero commenti |
6 |
Voti positivi |
36 |
Voti negativi |
4 |
Voto complessivo |
32 |
TAG |
datagov.it, opengovitalia, open data, dati pubblici, open government |
COMMENTI
da: Membro della Comunità
Il paradigma Open Data “funziona” se inserito in un contesto in cui la PA usa l’IT per gestire la conoscenza. Al momento, quali sono le esperienze che mostrano come si possa fare pianificazione sanitaria, demografica, territoriale sulla base dei dati osservati? Ad esempio, il Ministero dell’Istruzione pianifica il fabbisogno scolastico a 5 anni sulla base delle nascite?
Da: Membro della Comunità
Non mi è chiaro cosa significa “dati pubblici in suo possesso” e cosa si intende quando si afferma “Si tratta di dati raccolti a spese della collettività, che riguardano attività finanziate con le tasse, ma sono stati finora inaccessibili a cittadini e imprese”.
Potete fare degli esempi?
Da: smarras
Sarebbe importante iniziare dai dati che elaborati, presentati, utilizzati da applicazioni (su pc o smartphone) e diffusi hanno un valore elevato per i fruitori. Valore dal punto di vista della trasparenza della PA, della rilevanza per la vita del cittadino (salute, ambiente, città...), dell’impatto sui processi decisionali (partecipazione attiva...), del riuso e della correlazione con altri dati, ecc.
Da: Stefano Epifani
Ecco alcuni esempi:
• i dati di bilancio delle PA locali;
• il corso delle prestazioni sanitarie per ASL di appartenenza;
• i dati sull’inquinamento;
• i dati sulla criminalità in possesso delle questure.
Tutti dati anonimi o anonimizzati, che non ledano la privacy e che non compromettano la sicurezza, ma attraverso i quali sia possibile creare valore.
Da: Piero
Credo si sia toccato un punto importante anche perché, ad esempio, i dati dei bilanci dei Comuni ci sono, e si potrebbero creare dei widget di comparazione o di analisi.
Da: Giulio Concas
Secondo me, solo se lasciassimo disponibili i dati in possesso della PA creeremmo una grandissima occasione di valore: la pubblica amministrazione dispone di moltissimi dati che potrebbero essere utilissimi, in particolare studi approfonditi che potrebbero “produrre economia”.
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LE IDEE
SCELTE DALLA REDAZIONE
Etica e legalità
Moralità dal livello centrale
Idea n° 35 - proposta da: Associazione Italiana per l’Open Government
Descrizione
Se i parlamentari non cominciano a ridurre le loro spese - come la previdenza, le indennità e i rimborsi a vario titolo - non riusciremo a liberare risorse economiche e morali per far ripartire l’economia. Se ci confrontiamo con la Germania ci rendiamo conto che bisogna iniziare a tagliare dal centro, o dalla testa. Se si inizia così, tutto il resto diventa consequenziale.
Categoria |
Innovazione istituzionale |
TAG |
etica,costi della politica,taglio alle spese |
COMMENTI
Da: Membro della Comunità
Non sono d’accordo, poiché occorre riconoscere il giusto compenso all’impegno profuso per evitare la corruzione, che è il vero danno della nostra nazione.
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Riduzione consulenze mediante l’istituzione dell’Albo Unico Nazionale
Idea n° 190 - proposta da: Laura Strano
Descrizione
Riduzione drastica delle consulenze esterne della PA mediante l’istituzione di un albo unico dei consulenti istituito presso il Ministero. Le PA dovrebbero, nell’ipotesi in cui sia ritenuta necessaria una consulenza, rivolgersi direttamente al Ministero, che dovrebbe assumere:
• la gestione trasparente dell’albo pubblicato sul sito web;
• la competenza nella valutazione e autorizzazione della richiesta sulla base di rigidi criteri predeterminati nelle ipotesi ovviamente consentite;
• la responsabilità della selezione dei consulenti a livello nazionale che dovrebbero possedere requisiti di elevata e comprovata professionalità e competenza tra cui anche l’assoluta estraneità a rapporti pregressi con la PA richiedente in termini di amicizia, conoscenza ecc ...
Categoria |
Innovazione istituzionale |
TAG |
consulenze, trasparenza, controllo, tagli agli sprechi |
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Agevolazioni tariffarie
Idea n° 65 - proposta da: A.T.
Descrizione
Individuazione di un indicatore della reale capacità contributiva del cittadino che integri l’attuale dichiarazione ISEE.
Tale indicatore economico sintetico dovrà comprendere, in aggiunta agli elementi attualmente rilevati dall’ISEE (ad esempio reddito, immobili, patrimonio mobiliare) anche altri elementi quali il valore economico dell’auto posseduta (dato rilevabile da PRA), le rate per l’acquisto di beni di varia natura (dato rilevabile da anagrafe banche), il valore economico di altri mezzi di trasporto (furgoni, camper, moto,..), il valore economico di eventuali barche o aerei posseduti, l’analisi delle detrazioni nella dichiarazione dei redditi (può essere utile verificare ciò che è stato messo in detrazione).
Categoria |
Innovazione istituzionale |
TAG |
controllo fiscale, fisco, evasione fiscale |
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Appalti pubblici: gare e risultati
Idea n° 99 - proposta da: atromita
Descrizione
L’Abruzzo è stato colpito da un terribile evento naturale che ha colpito molte migliaia di persone alle quali deve andare tutta la considerazione e l’aiuto di tutti noi.
Ma non tutti, purtroppo, la pensano così e hanno sfruttato subdolamente l’occasione. Si sono fatti sentire “grandi esperti” che hanno discettato di sabbia marina o sabbia di fiume, di percentuali di cemento e ferro e le mille altre componenti che caratterizzano una costruzione.
A causa del terremoto sono crollate tra l’altro due importanti strutture pubbliche, e quasi sicuramente la causa è stata la cattiva realizzazione di queste opere. La magistratura farà le sue indagini ed i colpevoli saranno puniti.
Ma io penso che un po’ colpevoli di questi crolli siamo anche noi, responsabili per “concorso esterno”, come si potrebbe dire.
Vorrei far riflettere sul meccanismo delle gare pubbliche in Italia.
Una Amministrazione che deve costruire un edificio, compila un capitolato, cioè un progetto esatto di ciò che si deve costruire definendo metri, chili, qualità e costi.
Poi parte la gara e alcune società partecipano offrendo sconti sul costo definito dai tecnici nel capitolato.
Vince chi a parità di soluzioni conformi al capitolato ha offerto lo sconto più alto.
A queste regole base per le gare devono essere aggiunte alcune osservazioni tratte dalla “Relazione Annuale 2007” dell’Autorità per la Vigilanza di Lavori, Servizi e Forniture:
• il ribasso di aggiudicazione, cioè lo sconto offerto sul valore di capitolato, è pari al 18,4%;
• tutte le società che hanno concorso all’aggiudicazione hanno offerto ribassi il cui valore minimo è di circa il 10%;
• dalla fase di progettazione alla fase di aggiudicazione passano circa 900 giorni pari a circa 3 anni, il che significa che, per effetto del più favorevole andamento economico attuale, un aumento di costi di circa il 2% annuo è pari ad un totale 6%;
Queste lungaggini, quasi sempre burocratiche, fanno si che nell’85% dei casi “i lavori ultimati risultano inadeguati a causa del mutamento delle necessità del territorio”.Sulla base dei valori rilevati si evince che mediamente le Imprese offrono uno sconto complessivo che si aggira sul 25%.
A questo punto vengono ovvie alcune domande:
• I progettisti pubblici che fanno un errore di valutazione vicino al 100% sono tutti incompetenti?
• La società che vince la gara è miracolata e si fornisce direttamente da un mago che produce materiali e lavoro con la bacchetta magica?
• Esistono forme di finanziamento trasversale che fanno rientrare dei maggiori costi reali?
• Tutte le società che vincono sono benefattrici?
• Vincono soltanto quelli che hanno metodi “strani” per superare i controlli di qualità?
• Le bustarelle talvolta servono per superare ostacoli inutili: forse converrebbe eliminare quegli ostacoli per diradare la nebbia che circonda queste situazioni?
Forse è ora di innovare le regole delle gare per adattarle al mondo normale, dove esistono onesti e disonesti, e questi ultimi spesso sono molto “bravi” a trovare la soluzione più ricca, per loro naturalmente.
La proposta:
• rivedere le regole per le gare pubbliche;
• eliminare le revisioni in corso d’opera;
• indicare sempre un costo totale per “chiavi in mano”, in tempi certi;
• garantire, da parte del committente pubblico, pagamentti certi a 60 giorni;
• cancellare dall’’albo dei commissari di aggiudicazione tutti i componenti della commissione di aggiudicazione che non è stata in grado di definire il vincitore in 60 giorni dalla chiusura della gara;
• eliminare dai capitolati tutti i bizantinismi e formalismi inutili che possano “a posteriori” dar luogo a ricorsi.
Categoria |
Innovazione istituzionale |
TAG |
pagamenti pa, appalti, lavori pubblici, semplificazione,gare |
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Combattere la piccola corruzione eliminando i balzelli medioevali
Idea n° 34 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Per i commercianti sono in vigore tutta una serie di tasse abbastanza puntigliose e quindi ridicole: penso a quella sull’insegna o a quella sulle tende.
Chi ci si è trovato a combattere avrà facilmente constatato che non sono utili tanto a fare cassa per i comuni quanto a foraggiare un sottobosco di piccole corruzioni per chiudere un occhio, farsi dare un consiglio su come eludere la legge e così via.
Credo che in questo campo una semplificazione corrisponda anche ad un aumento dello sviluppo di un territorio.
Categoria |
Innovazione istituzionale |
TAG |
commercio, tasse, lotta alla corruzione, semplificazione normativa, controllo fiscale, fisco |
COMMENTI
Da: martire
Concordo che la semplificazione renderebbe il nostro sistema Paese migliore, più controllabile, con meno evasione fiscale.
Da: Laura Strano
Concordo anch’io, sono tasse ridicole.
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Premi ai dipendenti pubblici che promuovono etica e legalità
Idea n° 167 - proposta da: Laura Strano
Descrizione
Per una PA migliore ci vuole etica. Sono i dipendenti interni i più informati sugli sprechi e gli sperperi delle Amministrazioni. Conoscono i buchi neri delle PA di appartenenza, ma non si espongono personalmente perché temono ritorsioni, procedimenti disciplinari, trasferimenti, clima ritorsivo e atteggiamenti mobbizzanti.
Ritengo che sarebbe molto utile far emergere non solo le buone pratiche ma anche la corruzione e gli sperperi perché così finalmente si riuscirebbe a far comprendere a tutti qual è il vero problema di ogni singola PA.
L’idea consiste nell’introduzione all’interno del “programma triennale della trasparenza e dell’integrità” di uno strumento concreto che possa costituire un deterrente alla corruzione, e cioè un “Forum pubblico dedicato all’etica della singola PA“, una vera e propria vetrina da inserire nei siti web istituzionali delle amministrazioni. I dipendenti pubblici dovrebbero poter scrivere pubblicamente nel Forum gli sprechi di cui sono a conoscenza, senza timore di querele o di sanzioni disciplinari.
Il Forum dovrebbe essere una sorta di “zona franca” in cui dovrebbe essere incentivato chi ha il coraggio di denunciare le cattive pratiche - ovviamente con cognizione di causa - e chi proponga soluzioni per migliorare i servizi. Inoltre, dovrebbe esserci un obbligo di valutazione dei contenuti del Forum da parte dei soggetti coinvolti nelle valutazioni.
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Innovazione istituzionale |
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etica, legalità, trasparenza, dipendenti pubblici |
COMMENTI
Da: martire
Sono d’accordo sui premi ai dipendenti pubblici che promuovono etica e legalità, ma forse rivedrei un po’ il sistema che proponi del forum pubblico. Comunque, l’idea di incentivare i membri della PA per partecipare al risanamento dell’amministrazione pubblica mi sembra ottima.
Sono loro quelli che possono apportare le conoscenze pratiche e segnalare cosa c’è che non va, cosa dovrebbe o potrebbe essere cambiato.
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Banca dati dei testimoni
Idea n° 158 - proposta da: Membro della comunità
Descrizione
Una testimonianza in un processo - sia esso civile, penale o amministrativo - è un atto estremamente importante, con conseguenze che possono incidere in maniera “forte” sui singoli o sulle comunità. Indagini giornalistiche hanno messo in risalto che ci sono persone che fanno il “mestiere” di testimoni e che, per pochi soldi, sarebbero disposte a testimoniare (in modo falso, naturalmente) persino in procedimenti di omicidio.
Una banca dati informatica nella quale far confluire i dati dei testimoni e delle parti nell’ambito del procedimento rispetto al quale viene resa la testimonianza renderebbe più difficile questo tipo di truffe.
Basterebbe che il magistrato potesse visionare le risultanze di tale banca dati per i testimoni che sono citati nell’ambito del procedimento che gli è assegnato.
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Innovazione tecnologica |
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lotta alla corruzione, banche dati |
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Vigilanza peer-to-peer nel sistema degli enti locali
Idea n° 73 - proposta da: coppola.paolo
Descrizione
Per cercare di contrastare il cancro della corruzione propongo di istituire il servizio di vigilanza in tutti gli enti locali.
Ogni anno, a rotazione, ad ogni ente ne viene assegnato uno di dimensioni e complessità analoghe da vigilare. Gli ispettori devono certificare la regolarità degli atti controllati e diventano corresponsabili.
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Innovazione organizzativa |
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lotta alla corruzione, controllo |
COMMENTI
Da: fracleme
Sono anch’io convinto che uno dei problemi più urgenti e gravi che affliggono la PA sia la corruzione.
Ho qualche dubbio, però, sulla reale applicazione pratica di questa proposta, del resto più che condivisibile.
Una soluzione alternativa potrebbe essere quella di istituire, a livello regionale, un organismo di vigilanza apposito,con poteri ispettivi, composto da funzionari pubblici scelti in base al merito (coinvolgendo nella scelta gli amministrati) e diversi ogni anno.
Un organismo del genere avrebbe un costo molto ridotto in quanto i funzionari continuerebbero a prendere il loro regolare stipendio, e le spese di funzionamento sarebbero ripartite tra tutti gli enti pubblici della regione e sicuramente compensate in caso di funzionamento efficace dell’organismo stesso. Quello che è indubbio, comunque, è che la lotta alla corruzione non può che essere una priorità nel processo di rinnovamento dell’amministrazione.
Da: coppola.paolo
Purtroppo “il merito” è entità assai difficile da misurare. Chi sceglierebbe gli ispettori, e come? E poi, cambiandoli ogni anno non si svilupperebbe la professionalità. Per finire, perché dovrebbe essere difficile istituire il servizio presso tutti gli enti?
Da: fracleme
Istituire il servizio presso tutti gli enti è senza dubbio una buona idea, ma temo però che, in determinate realtà, si possa creare un meccanismo del tipo: “Oggi chiudo un occhio io, domani lo chiudi tu...”.
Per questo puntavo sulla selezione dei funzionari più meritevoli. Certo, il concetto di merito è molto indeterminato sulla carta: occorrerebbe definire parametri ben precisi.
A mio avviso a valutare i funzionari, in base a parametri precisi, dovrebbe essere una vasta platea di soggetti composta, ad esempio, dagli utenti finali del prodotto amministrativo, dai colleghi, dalle rappresentanze sindacali e dai dirigenti. Per entrare più nel concreto, la mia idea di selezione si avvicina molto a quella per individuare degli “innovatori” descritta nei commenti del post: http://forumpaideee.ideascale.com/a/dtd/Ascoltare-i-cittadini/306454-12709 .
Per quanto riguarda il ricambio annuale, penso sia una grande garanzia di imparzialità.
La professionalità dovrebbe comunque essere garantita dalla scelta di funzionari veramente competenti e meritevoli che vigilerebbero sullo svolgimento di attività delle quali hanno ben presente il funzionamento e i possibili rischi degenerativi.
Da: Laura Strano
Condivido pienamente la premessa: senza lotta alla corruzione non c’è spazio per l’innovazione.
Anch’io penso che si potrebbe creare un meccanismo negativo come quello già descritto, ma anche il controllo regionale non mi convince: la Regione chi la controlla? Quello che serve è un’azione incisiva della Corte dei Conti.
Da: fracleme
Pienamente d’accordo sul fatto che occorre potenziare l’azione della Corte dei Conti. Per quanto riguarda la mia proposta di organismo regionale, vorrei precisare che lo immagino totalmente autonomo dall’ente regione.
Da: Carlo
Rimangono difetti base del sistema Italia. Non esistono organi di controllo capaci di sanzionare inefficienze (lottare contro la corruzione senza lottare contro le inefficienze è una battaglia persa perché è molto più difficile dimostrare la prima che la seconda), anche perché non esistono norme che puniscano le inefficienze.
Addirittura, la Corte dei Conti - quando talvolta si è espressa timidamente sulle inefficienze - è stata richiamata ai suoi compiti istituzionali: vigilare sulla stretta osservanza delle leggi contabili.
Infine, non esiste l’obbligatorietà (la cui omissione dovrebbe produrre una sanzione amministrativa nei confronti del responsabile del procedimento) da parte di alcun organo di controllo di dar seguito a segnalazioni dei cittadini.
Da: Laura Strano
Nutro l’amara percezione che le segnalazioni dei cittadini alla Corte non siano tante, e una maggiore iniziativa in questo senso sarebbe salutare per porre un freno allo sperpero di denaro pubblico.
Siamo abituati a parlare e a lamentarci tutti, ma quando si tratta di prendere carta e penna per agire concretamente si rimane in pochi e, in base alla mia esperienza, la scure della Corte arriva. Lentamente, ma arriva.
Da: lezrael
Bella idea, ma poi: chi controllerebbe i controllori? Ci vorrebbero i controllori dei controllori. Questo discorso può essere ripetuto all’infinito.
Purtroppo in Italia è così. Funzionassero i controlli si starebbe molto, ma molto meglio...
Da: coppola.paolo
I controllori vengono controllati da altri controllori, in modo circolare. Tutti sono controllati da uno e tutti controllano uno. Ogni anno si cambia in modo da evitare che si possano mettere d’accordo.
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Risparmio e lotta agli sprechi
Responsabilità di spesa
Idea n° 21 - proposta da: rino lo turco
Descrizione
Motivo principale di molti sprechi è che manca la responsabilità di spesa. Ritengo sia necessario fare in modo che chi richiede soldi debba poi rispondere dei risultati anche con il proprio capitale, esattamente come accade nel settore privato.
Per ogni spesa deve esserci un’attesa di servizio misurabile e controllabile.
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Innovazione istituzionale |
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controllo, dirigenti, valutazione dirigenti, misurazione, spesa pubblica |
COMMENTI
Da: giorgio.corsini
Condivido completamente l’idea proposta. La differenza di fondo è che nel privato la proprietà è attenta alle spese perché si tratta di soldi suoi, mentre nel pubblico i soldi sono di tutti e quindi, al massimo, aumentiamo le tasse.
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Variazioni in corso d’opera
Idea n° 24 - proposta da: rino lo turco
Descrizione
Le variazioni in corso d’opera sono la maggior fonte di furto di denaro pubblico. Attraverso le variazioni i costi subiscono impennate enormi aprendo voragini senza fine.
Ogni opera necessita già oggi di uno studio spesso molto dettagliato, le variazioni devono essere permesse solo per casi estremamente eccezionali e con penali verso l’ente appaltante e il progettista tali da renderle di fatto poco appetibili.
Tutto questo, abbinato alla responsabilità di spesa, abbatterebbe di molto lo spreco quotidiano.
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Innovazione istituzionale |
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appalti, controllo, gare, lavori pubblici, tagli agli sprechi |
COMMENTI
da: Piero
Non solo: è anche opportuno che, una volta cantierata un’opera, questa venga effettivamente realizzata in tempi certi, senza se e senza ma.
Infatti, non è plausibile pensare che ad opera avviata intervengano comitati che si oppongono oppure che si rilevino vizi procedurali che bloccano tutto per anni ed anni.
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Comuni, Province, Regioni: individuare i giusti criteri per tagliare
Idea n° 7 - proposta da: StatiGeneralInnovazione - Flavia Marzano
Descrizione
Per tagliare i costi della pubblica amministrazione locale è necessario fare uno studio sulle necessità e le competenze che, quando sono nate, non prevedevano l’uso di computer, telefono cellulare e internet.
Le nuove tecnologie possono bypassare le distanze che una volta si colmavano a piedi o a cavallo: adesso è necessario ripensare a tutta la pubblica amministrazione locale in una nuova ottica di mobilità, rapporti sociali, statistiche, relazioni.
Solo così arriveremo a garantire un vero risparmio, e al contempo servizi efficienti sul territorio.
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Innovazione istituzionale |
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comuni, province, regioni, costi della politica, enti locali, taglio alle spese |
COMMENTI
Da: arm.bueno
Ormai il numero degli organismi istituzionali presenti sul territorio è diventato abnorme.
Eleggiamo i nostri rappresentanti europei, nazionali, regionali, provinciali, comunali, municipali e ognuno di questi organismi è costituito da consigli, giunte, assessorati, dipartimenti, direzioni generali, divisioni, uffici, U.O.C., U.O., ecc., e tutti svolgono attività simili, se non uguali, tra loro (gestione del personale, acquisti, appalti, concorsi…) e sono serviti da segreterie, autisti, commessi, uscieri, portieri, ecc.
Per non parlare delle cosiddette esternalizzazioni che operano autonomamente (pulizie, centralino, rifiuti solidi urbani, acqua...) con costi fuori da ogni controllo. In un mondo sempre più informatizzato e globale non sarebbe il caso di rivedere la struttura democratico-partecipativa della nostra classe politica introducendo riduzioni, accorpamenti, eliminazioni di organismi ed enti inutili e costosi e centralizzando acquisti, appalti, concorsi e servizi?
Da: Carlo
Bisognerebbe anche abbassare le tasse sulle comunicazioni (e compensarle aumentando quelle su attività inquinanti e insostenibili) per favorirne la diffusione a chi ne è ancora sprovvisto.
da: Membro della Comunità
Non credo che i trasporti, i servizi sanitari, le strade, le fognature, le reti idriche possono essere risolte via internet.
Tra Nord e Sud esiste un gap di infrastrutture pari a circa il 30%: come lo si risolve ?
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Riorganizzazione degli enti locali
Idea n° 61 - proposta da: fracleme
Descrizione
Al fine di conciliare il necessario rispetto del principio di sussidiarietà con l’urgenza di tagliare i costi degli enti locali, potrebbero essere ipotizzabili i seguenti interventi:
• favorire l’accorpamento di comuni, province e regioni;
• favorire la nascita delle città metropolitane;
• riorganizzare le province con consiglio provinciale formato dai sindaci della provincia o da loro delegati (non retribuito), presidente eletto dal consiglio, giunta nominata dal presidente con necessario voto di fiducia da parte del consiglio.
In questo modo si otterrebbe il risultato di mantenere in vita le province ottenendo, al contempo, un considerevole risparmio economico.
La provincia, inoltre, opererebbe in stretta sinergia con i comuni del proprio territorio,migliorando, senza dubbio, i servizi offerti ai cittadini.
Categoria |
Innovazione istituzionale |
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province, comuni, enti locali, regioni, governance, taglio alle spese, sussidiarietà |
COMMENTI
Da: Piero
Nel caso delle province il vero problema è che fanno poco o nulla, e il costo del personale non è certo indifferente.
Da: martire
Organizzare, semplificare, rendere i meccanismi più efficienti e più semplici: questo è uno dei modi migliori di innovare.
Sicuramente accorpamento e riorganizzazione possono rivelarsi una strategia vincente nella ricerca di una PA migliore.
Da: Piero
Semplificare significa meno burocrazia, quindi è meglio abolire le province. E già che ci siamo aboliamo anche le comunità montane, visto che solo una su dieci lavora.
Da: Carlo
Ritengo l’idea eccessivamente centralista e egualitaria, come se tutti gli enti avessero le stesse risorse economiche e rappresentassero un egual numero di cittadini.
Ci vogliono soluzioni e ordinamenti originali pensati in funzione della singola situazione locale.
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Definire e pubblicare i costi standard
Idea n° 51 - proposta da: Piero
Descrizione
Imporre a tutte le amministrazione di rendere pubblici i costi dei servizi che erogano, e contestualmente rendere pubblica la comparazione per ogni servizio con i costi medi a livello nazionale, regionale e provinciale con enti simili per dimensione.
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Innovazione istituzionale |
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performance, costi standard, servizi al cittadino, spesa pubblica |
COMMENTI
Da: Tommaso Del Lungo
In effetti, è quello che da anni si sta tentando di fare per la sanità, ma forse pensare di farlo per tutti i servizi pubblici risulterebbe un po’ complicato.
Come valutare - ad esempio - i costi di un servizio per l’impiego o per i servizi interni? Forse lo si potrebbe limitare ai servizi alla persona...
Da: Piero
Io stavo pensando oltre che per la sanità anche per i comuni. Recentemente ho tenuto una conferenza in provincia a Bergamo ed è emerso un aspetto a dir poco eclatante: il relatore che mi ha preceduto ha illustrato i costi di alcuni servizi e c’era da inorridire.
Due esempi su tutto: il costo di una protocollatura che varia da 3,69 euro a 9,61 euro, con tanto di nome dei due comuni in questione; il costo per realizzare un cedolino (busta paga), che variava da 106,56 euro a 166,09 euro.
Teniamo conto che un consulente del lavoro un cedolino lo fa pagare circa 30 euro, e la cifra comprende anche il suo compenso.
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Codice bianco: obbligatorietà di corresponsione delle prestazioni mediche
Idea n° 184 - proposta da: francescavenanzetti
Descrizione
L’assegnazione del codice bianco attraverso il sistema di triage nei Pronto Soccorso, alla conclusione dell’intero percorso di cura, dovrebbe corrispondere automaticamente ad una quota in denaro che attualmente è a discrezione del medico di turno “scegliere” di far pagare o meno all’utenza.
Sottolineo le caratteristiche del codice bianco, prestazione che dovrebbe essere ”gestita” dal medico di medicina generale.
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Innovazione istituzionale |
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spese mediche, sanità, taglio alle spese |
COMMENTI
Da: martire
In effetti, si potrebbe anche rifiutare “concettualmente” il codice bianco. In una situazione del genere si va dal medico di famiglia, ma se non ci vuoi andare allora devi pagare.
Mi sembra giusto, visto che il Pronto Soccorso dovrebbe servire solo - appunto - per questioni di vera emergenza.
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Stop alle Opere Pubbliche insostenibili
Idea n° 74 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Tra i grandi sprechi della spesa pubblica fuori controllo svettano le Opere Pubbliche incompiute e quelle compiute mai messe in esercizio.
La normativa in materia prevede che nella proposta progettuale di un intervento pubblico sia ricompresa l’elaborazione di un importantissimo atto tecnico-amministrativo obbligatorio: il piano di manutenzione, che deve essere redatto tenendo conto dell’opera effettivamente realizzata allo scopo di garantire nel tempo il mantenimento delle caratteristiche di qualità e di efficienza affinché tali caratteristiche possano essere stimate e garantite. La normativa medesima richiede che vengano individuati i requisiti e le prestazioni del manufatto in corso di progettazione.
Tale documento complementare prevede, pianifica e programma, quindi, l’attività di manutenzione dell’intervento da realizzare, al fine di mantenerne nel tempo la funzionalità, le caratteristiche di qualità, l’efficienza ed il valore economico.
Esso va corredato, del manuale d’uso, del manuale di manutenzione e del programma di manutenzione.
Il fine fondamentale della progettazione dovrebbe essere la realizzazione di un intervento di qualità tecnicamente valido, nel rispetto del miglior rapporto fra i benefici, i costi globali di costruzione, di manutenzione e di gestione. In particolare, questi ultimi dovrebbero poter essere realmente assicurati nel tempo dalle effettive capacità di spesa dell’ente attuatore.
Fino ad oggi ciò non è stato mai seriamente realizzato. La proposta è quindi che l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici proceda, a tappeto, con ispezioni, sui programmi OO.PP. varati dalle Amministrazioni Pubbliche (tutte) per verificare se i nuovi interventi ipotizzati vengano supportati da una seria analisi di spesa, sia per la realizzazione che per la fase successiva di gestione.
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Innovazione istituzionale |
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efficienza, lavori pubblici, corruzione, incompetenza, tagli agli sprechi, patrimoni pubblici |
COMMENTI
Da: edi.54@libero.it
Bisognerebbe soprattutto verificare che le opere, qualora approvate, abbiano termine e non vengano proposte le solite varianti in corso d’opera per aumentare i costi.
Poi occorre prevedere il pagamento di penali in caso di ritardo e punire il costruttore e chi ha dato l’approvazione se le opere realizzate risultano difformi o non rispondenti al capitolato o comunque se insorgono problemi che andavano esaminati prima in fase di progettazione e studio di fattibilità.
Infine, occorre verificare che chi si aggiudica l’appalto abbia effettivamente i mezzi per realizzarlo senza poi dover coinvolgere altri con i soliti subappalti. La responsabilità deve essere una ed univoca fin dal primo momento.
Da: Membro della Comunità
L’idea è da lanciare al tavolo d’intesa che Patrimoni Pa Net ha raggiunto con l’AVCP il 28 settembre ultimo scorso.
Da: Membro della Comunità
Occorrerebbe realizzare un censimento delle opere incompiute, anche per comprendere quali siano le aree maggiormente interessate a casi del genere. Una mappatura simile permetterebbe di capire dove c’è maggiore concentrazione di incompetenza, incapacità e corruzione.
Dopodiché, siccome la normativa in materia prevede che le priorità di programmazione per i lavori pubblici sono i progetti di manutenzione ordinaria e straordinaria e i completamenti di opere già realizzate, a quegli Enti che detengono opere incompiute dovrebbe essere negata qualsiasi ulteriore fonte di finanziamento pubblico per nuove opere fintanto che quelle incompiute siano messe in funzione.
E’ indispensabile farlo per impedire che si continuino a sperperare fiumi di danaro pubblico.
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Risparmiare acquistando beni e servizi on line
Idea n° 5 - proposta da: Michela
Descrizione
Gli enti che adottano strumenti di e-procurement sottolineano come fattori positivi non solo il risparmio sul prezzo d’acquisto, ma anche i benefici in termini di razionalizzazione del processo e snellimento delle procedure.
Se l’e-procurement comporta davvero questi benefici, cosa ne impedisce un’adozione diffusa? Ecco alcuni dati contenuti nell’ultimo Rapporto dell’Osservatorio eProcurement nella Pubblica Amministrazione della School of Management del Politecnico di Milano (presentato a novembre 2010): su 11mila Enti Pubblici Italiani il 50% non usa alcuno strumento di e-procurement; il volume di transato gestito attraverso l’e-procurement nella PA italiana nel 2009 si è attestato a 5096 milioni di euro, equivalente al 4% della spesa pubblica in beni e servizi.
I curatori della ricerca stimano che con un’adozione pervasiva dell’e-procurement si potrebbe ottenere un risparmio di circa 3,6 miliardi di euro l’anno per l’intero Sistema Paese.
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Innovazione tecnologica |
TAG |
e-procurement, acquisti pubblici, spesa pubblica |
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Abbattere le spese relative alla telefonia
Idea n° 11 - proposta da: Romina Lobina
Descrizione
Introdurre l’uso di un software VoiP in sostituzione ai telefoni fra le varie PA. Per i piccoli comuni (e per il personale che non dispone di pc nelle varie strutture complesse) basterebbe una postazione dedicata con i vari account; per strutture più complesse, invece, ogni dipendente può vedere installato sul proprio pc un software VoiP e utilizzarlo.
Le uniche difficoltà complesse sono: scegliere il VoiP (che deve necessariamente comportare una scelta tecnica, fatta da tecnici) e creare un account per ciascun dipendente, rendendolo disponibile e fruibile a tutti i colleghi di tutte le PA.
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Innovazione tecnologica |
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voip, piccoli comuni |

Da: p.papadia
Il telefono rimane comunque uno strumento non appropriato per l’agire della pubblica amministrazione, che opera (o dovrebbe operare) secondo le regole del diritto amministrativo (tutto scritto).
Fortunatamente sono utilizzabili le e-mail e finalmente le PEC. Io vieterei l’uso del telefono.
Da: dolph
Sono d’accordo, credo che ormai le persone più abituate alla collaborazione ed ai rapporti interpersonali collaborativi in ambito professionale adottino già metodi alternativi al telefono.
Io lo uso raramente, e quasi esclusivamente attraverso la linea interna, se non in caso di necessità (ad esempio, se il mio interlocutore non mi fornisce un’alternativa).
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Sponsorizzazioni per reperire finanziamenti
Idea n° 92 - proposta da: fracleme
Descrizione
Credo che le amministrazioni, vista la situazione economica attuale, debbano sempre più ricorrere all’utilizzo di finanziamenti privati per poter offrire ai cittadini servizi che, quantomeno, rispettino parametri minimi di qualità ed efficienza.
Uno degli strumenti attraverso i quali perseguire questo obiettivo è l’utilizzo di sponsorizzazioni. I bandi di contratti pubblici potrebbero prevedere che una parte del costo del servizio appaltato o del prodotto acquistato sia pagato dall’ente attraverso una sponsorizzazione privata.
Ad esempio, una ditta fornitrice di pc potrebbe poi essere in parte pagata attraverso un link pubblicitario nel sito istituzionale dell’ente.
Ovviamente tutto ciò dovrebbe essere regolato con norme finalizzate a garantire la massima trasparenza e chiarezza nei confronti dell’utente, prevenendo e censurando ogni forma di pubblicità ingannevole o subliminale.
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Innovazione tecnologica |
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finanziamenti privati, sponsorizzazioni, contratti pubblici |
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Riduzione delle spese postali con la notifica degli atti via PEC
Idea n° 195 - proposta da: urp
Descrizione
Le spese postali gravano ancora in maniera rilevante in tutte le PA per quanto riguarda la notifica degli atti (i verbali di Polizia Municipale, in particolare): tra spedizione, notifica stessa e restituzione, un verbale costa almeno 20 euro.
Occorre inserire l’obbligo di consultazione della banca dati Siatel-Punto Fisco per reperire le informazioni anagrafiche visto che le altre banche dati non sono aggiornate e un verbale deve fare troppo spesso “un giro” di invio e restituzione prima di essere notificato.
Il risparmio sarebbe notevole e si potrebbe stampare il verbale per la notifica finale solo quando si ha certezza dell’indirizzo del destinatario, visto che ancora siamo “lontani” da una PEC per cittadino.
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Innovazione tecnologica |
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pec, dematerializzazione, spese postali riduzione, poste, banche dati |
COMMENTI
Da: martire
In fondo, la PEC dovrebbe essere come il codice fiscale, cioè obbligatoria e diversa per tutti .
Da: renato.lacroce
L’obbligo della PEC per le piccole aziende non comporta altro che un peso economico e burocratico.
Ufficializziamo la mail normale con firma digitale ed eliminiamo la PEC, che ci è già costata anche troppo a livello di PA.
Da: Membro della Comunità
Per esperienza personale e professionale ritengo la PEC un errore. Comporta enormi perdite di tempo per gli addetti dell’amministrazione e per il cittadino ed enormi sprechi di carta.
Esige strumenti (pc, scanner e stampanti che non tutti hanno) e per di più in moltissimi uffici pubblici (come quelli scolastici) ancora di fatto non funziona.
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Riforma sanitaria in due punti
Idea n° 36 - proposta da: pietrocontaldi
Descrizione
I medici di base e i medici ambulatoriali sono convenzionati. Quindi, per ottenere un risparmio immediato si potrebbe ridurre di 1 euro la quota-assistito, ricavandone in cambio un risparmio mensile di 60 milioni di euro.
Inoltre, si potrebbe cambiare il rapporto di lavoro per i medici ambulatoriali da convenzionato a dipendente: in questo modo si avrebbe una maggiore disponibilità di ore lavorative per abbattere le liste di attesa e risparmiare sulle convenzioni.
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Innovazione organizzativa |
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spesa sanitaria, sanità |
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La giusta quantità di medicine
Idea n° 171 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Scena abituale: il medico prescrive una cura a base di compresse, magari 3 al giorno per 5 giorni. Tu vai in farmacia e ti viene consegnata una confezione di 30 compresse. Risultato? Uno spreco e, a casa, gli armadietti pieni di medicine inutili, residuo di cure precedenti. Basterebbe che il farmacista, al momento dell’acquisto, ci consegnasse solo il giusto quantitativo di compresse (quello prescritto dal medico in ricetta). In Francia mi è capitato di vedere che funziona così, più di dieci anni fa.
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Innovazione organizzativa |
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spesa sanitaria, efficienza |
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Utilizzare gli edifici demaniali per risparmiare sugli affitti
Idea n° 57 - proposta da: antonio.viscardi
Descrizione
Un notevole risparmio per la PA - a medio/lungo termine sugli affitti corrisposti ai privati per edifici adibiti al servizio pubblico - potrebbe venire dall’utilizzo di edifici demaniali non più utilizzati (soprattutto caserme).
Evidentemente, è però necessario un investimento iniziale per mettere a norma eventuali edifici del genere da adibire poi allo scopo.
Categoria |
Innovazione organizzativa |
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razionalizzazione, patrimoni pubblici |
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Acquisto oculato di beni e servizi della PA
Idea n° 157 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Per intercettare gli sprechi occorre far compilare alle PA schede annuali che riportino i costi unitari riguardanti gli acquisti di beni e servizi riguardanti la gestione ordinaria (ad esempio i consumi di cancelleria, i servizi di pulizia, i consumi di energia elettrica, di gas, di telefono, manutenzione immobili, acquisti arredi, ecc.) rapportati al numero di dipendenti presenti nell’organizzazione.
Categoria |
Innovazione organizzativa |
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anticorruzione, trasparenza |
COMMENTI
da: Piero
Condivido pienamente, anzi: vorrei anche sapere cosa ne pensa la gente dei soldi spesi malamente.
Da: Carlo
Mi sembra che così si creerebbe più burocrazia, che in fondo è proprio ciò che la burocrazia vuole. E poi chi controllerebbe, ad esempio, il numero di matite acquistate? E questi controllori dovrebbero passare i loro risultati a consulenti che dovrebbero stimare il consumo medio di matite per impiegato. E se dopo qualche anno si scoprisse che si consumano troppe matite, chi prenderebbe provvedimenti? La gente è già molto arrabbiata per come si spendono i soldi, e in fondo sembra la descrizione del sistema attuale: ce l’abbiamo già, quindi siamo a posto così.
Da: Membro della Comunità
Non credo si tratti di lavoro in più: dal costo unitario della carta igienica o della matita si potrebbe addirittura capire la percentuale di corruzione presente nei vari enti.
Gli acquisti sono effettuati sistematicamente senza una programmazione preventiva in relazione ad esigenze contingenti.
La norma invece prevede che entro fine anno ogni ufficio segnali la necessità per l’anno successivo, al fine di programmare gli acquisti complessivi. Quanti Enti lo fanno? Ad esempio, sarei curioso di conoscere il costo unitario di siringhe, ovatta, pannoloni, medicinali base usati nelle aziende sanitarie: ne vedremmo delle belle!
Da: Piero
Io vorrei anche sapere da chi si fanno gli acquisti, in modo da capire chi sono i furbi.
Queste informazioni potrebbero essere pubblicate sul sito del singolo ente. In quanto al problema di creare più burocrazia, se questa viene impiegata per maggiore trasparenza mi sta senz’altro bene.
Da: Membro della Comunità
Aggiungerei il costo a giornata dei diversi tipi di prestazioni professionali esterne.
Da: Membro della Comunità
Condivido in pieno la proposta anche perché fare questo non è nient’altro che quello che noi tutti facciamo normalmente nella gestione familiare, cioè andare ad acquistare la carta igienica, gli alimentari (e via di questo passo… ) nei supermercati che offrono i prezzi più competitivi.
Oppure stiamo attenti a non lasciare le luci accese quando usciamo o evitiamo di accenderle contemporaneamente in varie zone. Insomma, normali operazioni votate al risparmio e all’economia di scala…
Da: martire
La pubblicazione mensile o trimestrale delle varie spese comporterebbe sicuramente una bella pulita al nostro sistema malato.
Ovviamente, se esiste un organo di controllo potrebbe verificare perché tra due uffici identici uno spende il doppio dell’altro. E funzionerebbe ovviamente se si potesse agire di conseguenza, in tempo reale…
Da: Membro della Comunità
L’organo di controllo esiste: la Corte dei Conti regionale, che potrebbe acquisire i dati in base ai quali è possibile delineare un quadro chiaro della spesa territoriale effettuata dai vari enti, distinti per categoria istituzionale.
Da: Carlo
Quello che si propone venga pubblicato per legge già dovrebbe esserlo, quindi non è un’innovazione.
In Italia non esistono norme che puniscano questi tipo di inadempienze della PA, e questa sarebbe già una prima innovazione.
La seconda, indispensabile, sarebbe la creazione di un organismo con relative norme per punire le inefficienze. La Corte dei Conti controlla la legalità della spesa, non l’efficienza/efficacia.
Da: Membro della Comunità
La L.n.20/1994 prevede che : ....” La Corte dei conti svolge, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione.
Accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa.
La Corte definisce annualmente i programmi e i criteri di riferimento del controllo sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari a norma dei rispettivi regolamenti, anche tenendo conto, ai fini di referto per il coordinamento del sistema di finanza pubblica, delle relazioni redatte dagli organi, collegiali o monocratici, che esercitano funzioni di controllo o vigilanza su amministrazioni, enti pubblici, autorità amministrative indipendenti o società a prevalente capitale pubblico.”
Da: Piero
Credo che l’operazione pensata come “Idea” avrebbe una valenza legata alla trasparenza, mentre la Corte dei Conti “dovrebbe” controllare l’operato delle amministrazioni, ma di fatto svolge un lavoro puramente formale.
Non si è mai sentito di qualcuno che venga punito perché non fa bene il proprio dovere. Quindi, io ritengo che se il cittadino ha la possibilità di verificare come vanno spesi i soldi pubblici, può agire di conseguenza.
La Corte dei Conti riceve decine di migliaia di report di bilancio, ma agisce solo su una istanza specifica di denuncia, perciò se il cittadino dispone di dati oggettivi e si arrabbia (e quindi procede con una denuncia) si verificherà realmente la possibilità di dare una svolta a questa cattiva logica nell’operare.
Da: rino lo turco
Ogni ente pubblico è tenuto a rendere disponibili i bilanci, e ogni cittadino può andare a leggerseli. Avete mai provato a farlo? Io l’ho fatto, e alla fine ho cambiato Paese.
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Umanità nella detenzione
Idea n° 211 - proposta da: giuseppe.tonutti
Descrizione
Inserire il braccialetto elettronico per coloro che devono scontare pene minori e convenzionarsi con gli alberghi o gli agriturismo dei territori nazionali più svantaggiati o in via di spopolamento per accogliere i detenuti, che ovviamente non devono essere pericolosi.
Da una centrale si può tenere sotto controllo la loro posizione. I vantaggi: riduzione della popolazione carceraria con conseguente miglioramento delle condizioni dei detenuti in generale, venir meno dell’esigenza di aumentare il numero di carceri e di operatori addetti, indotto per le realtà che ospitano i detenuti.
L’idea è certamente migliorativa della situazione generale attuale e facilmente perseguibile: una sorta di livello intermedio di detenzione fra casa circondariale e domicilio.
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Innovazione organizzativa |
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costi della giustizia |
COMMENTI
Da: Membro della Comunità
Non mi piace molto l’idea dell’albergo e dell’agriturismo, vedrei più un impiego dei detenuti in questione nelle fattorie e nelle aziende agricole. Invece, sono d’accordo per l’uso del braccialetto elettronico.
Da: Membro della Comunità
Personalmente utilizzerei questi detenuti per eseguire lavori di pubblica utilità come, pulire piazze e vie pubbliche, ripristinare sentieri pedestri e così via, pulire i parchi, ecc. Tutto questo evitando ogni forma possibile di concorrenza sleale con le imprese private.
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Semplificazione e razionalizzazione
Standardizzazione degli applicativi
Idea n° 55 - proposta da: Nicoron
Descrizione
Nella PA ogni ente adotta le proprie piattaforme applicative, generando elevati costi di sistema in termini di tempo dedicato alla progettazione ed al collaudo, ingenti impegni finanziari, mancanza di standardizzazione delle procedure operative, distorsioni nell’elaborazione dei dati in fase di aggregazione.
Si propone la progettazione di una piattaforma ERP per un software gestionale standardizzato per ogni singola tipologia di ente, ed il suo rilascio gratuito a tutte le PA del Paese.
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Innovazione tecnologica |
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efficienza, standard applicativi, cooperazione applicativa |
COMMENTI
Da: Tommaso Del Lungo
Forse più che a sistemi ERP si potrebbe pensare a sistemi on the cluod, come suggerito in questa idea: http://forumpaideee.ideascale.com/a/dtd/Obiettivi-e-Gestione-Centralizzata-Cloud/306529-12709
Da: martire
In realtà mi sembra che dobbiamo diffondere la standardizzazzione di molte cose, ed anche e soprattutto degli applicativi.
Non è possibile che oggi due uffici che fanno la stessa cosa lavorino con procedimenti diversi, con tecnologie differenti e con risultati molto diversi tra loro. La PA è unica, e quindi dovrebbe fare attenzione a non motivare il concetto delle “due Italie”.
Da: npoi
Il fatto che si possano usare tecnologie (e, quindi, applicativi) differenti, non implica affatto che i risultati debbano essere diversi: vogliamo prendere il banale esempio degli innumerevoli software gestionali (tralascio gli ERP) utilizzati da centinaia di migliaia di PMI, realizzati con almeno un paio di decine di tecnologie diverse, ma che garantiscono un regolare e funzionale assolvimento degli obblighi contabili?
Io credo che la standardizzazione debba avvenire sul formato dei dati (standard ed aperti) e sulle regole di cooperazione applicativa.
L’idea di un solo ERP, affascinante sotto il profilo delle economie di scala raggiungibili, appare fortemente discutibile dal punto di vista del pericolo monopolistico nonché rispetto a quello della cloroformizzazione dell’innovazione.
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Resoconto delle spese mediche per detrazione fiscale
Idea n° 47 - proposta da: Marco Pedemonte
Descrizione
Tutti gli anni ci troviamo a dover raccogliere con estrema cura gli scontrini che ci rilasciano le farmacie per poterli detrarre come spese mediche nella dichiarazione dei redditi dell’anno successivo, sperando di non perderli e che non scoloriscano nei successivi sei anni.
Sarebbe più semplice poter chiedere in farmacia o sul sito del ministero un resoconto unico delle spese sostenute nell’anno inserendo il proprio codice fiscale. In questo modo si semplificherebbe anche il lavoro di controllo dei CAF.
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Innovazione tecnologica |
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sanità, spese mediche, integrazione, banche dati |
COMMENTI
Da: Michela
E allora perché non un archivio che raccolga, oltre ai dati degli acquisti di farmaci, anche quelli delle spese per visite e analisi?
In tutti questi casi deve essere fornito il codice fiscale (anche in farmacia per ottenere lo scontrino “scaricabile”), quindi penso che i dati potrebbero essere aggregati, facilitando di molto la vita dei contribuenti e il lavoro dei CAF che non sarebbero più costretti a fare “collage” di scontrini e ricevute di ogni tipo...(e chi non fotocopia lo scontrino in tempi brevi è perduto!).
Da: Membro della Comunità
Approvo l’idea e aggiungo che la tecnologia attuale offre le possibilità di gestire la registrazione di tutte le spese effettuate dal cittadino in un unico database centrale dove convogliare tutti i dati appartenenti agli stessi, incluse le verifiche fiscali e gli alert eventuali.
Con opportuni accorgimenti atti a stimolare la richiesta della registrazione della spesa da parte del cittadino si ridurrebbe la spesa per l’emissione dello scontrino, si potrebbe registrare la vendita in maniera immediata, controllare la propria spesa in maniera efficiente, avere un quadro dettagliato dei volumi di spesa dei cittadini, effettuare un rapido controllo della situazione patrimoniale ed altro ancora.
Chiaramente, il tutto con un’attenzione particolare rivolta alla sicurezza e alla salvaguardia dei dati.
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Contabilità on line
Idea n° 95 - proposta da: fabri.david
Descrizione
Per ogni possessore di partita IVA l’Agenzia delle Entrate dovrebbe fornire un’applicazione web che consenta di gestire la propria contabilità.
Così facendo, addirittura le stesse fatture di acquisto potrebbero anche non essere inserite perché incrociate con chi le emette. Modelli di pagamento, dichiarazioni IVA, elenco clienti e fornitori: tutto fatto.
E quanto risparmio, per i più piccoli: addio commercialisti, addio costi inutili. Per chi non vorrà usufruire direttamente del servizio verranno messi a disposizione dei web service per la sincronizzazione dei dati.
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Innovazione tecnologica |
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fisco, agenzia delle entrate, servizi on line, standardizzazione, banche dati |
COMMENTI
Da: Tommaso Del Lungo
L’idea sa un po’ di fantascienza, ma qualche volta sognare non costa nulla!
Da: fabri.david
Fantascienza davvero, per questa Italia immobile…
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Abolire i certificati usando la Posta Elettronica Certificata
Idea n° 146 - proposta da: francesco.mosiello
Descrizione
Se un’amministrazione, per emettere un certificato, ha bisogno di altri certificati a corredo li può richiedere direttamente, via Posta Elettronica Certificata, agli enti coinvolti senza aspettarsi che lo faccia il cittadino/azienda.
Se i certificati richiesti, quando arrivano, non saranno stampati ma solo consultati, si realizzerà anche la loro dematerializzazione.
Ad esempio: un cittadino vuole richiedere la patente di guida, e per ottenerla deve presentarsi alla Motorizzazione Civile (amministrazione procedente) provvisto dei seguenti certificati:
• certificato medico;
• fotografia recente;
• certificato di residenza rilasciato dal comune di residenza;
• estratto del casellario giudiziario.
Ora, se il certificato di residenza e l’estratto del casellario giudiziario fossero richiesti direttamente dalla Motorizzazione Civile via PEC, rispettivamente al comune e al tribunale competente (amministrazioni certificanti), avremmo decertificato la patente di guida.
L’amministrazione procedente, per poter inviare le PEC alle amministrazioni certificanti competenti, dovrebbe solo:
• reperire le informazioni necessarie a identificare le amministrazioni procedenti competenti;
• incassare e poi riversare alle amministrazioni certificanti gli eventuali loro costi di servizio.
Ma per questi compiti è ipotizzabile la realizzazione di un software centralizzato che, per ogni coppia richiedente/certificato, sia in grado di ritrovare le amministrazioni certificanti competenti e di inoltrare loro le opportune PEC.
Quanto queste attività siano automatizzabili, se in parte o in toto, sarà un’analisi successiva a stabilirlo con precisione ma, nel peggiore dei casi, le informazioni possono sempre essere fornite direttamente dal richiedente all’amministrazione procedente e le PEC possono sempre essere spedite in modalità ordinaria.
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Innovazione tecnologica |
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certificazione, pec, dematerializzazione, semplificazione |
COMMENTI
Da: Laura Strano
In fondo, si tratterebbe solo di applicare l’art. 43 del T.U. 445/2000, che recita così:
1. Le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi non possono richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti che risultino elencati all’art. 46, che siano attestati in documenti già in loro possesso o che comunque esse stesse siano tenute a certificare. In luogo di tali atti o certificati i soggetti indicati nel presente comma sono tenuti ad acquisire d’ufficio le relative informazioni, previa indicazione, da parte dell’interessato, dell’amministrazione competente e degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall’interessato.
2. Fermo restando il divieto di accesso a dati diversi da quelli di cui è necessario acquisire la certezza o verificare l’esattezza, si considera operata per finalità di rilevante interesse pubblico, ai fini di quanto previsto dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135, la consultazione diretta, da parte di una pubblica amministrazione o di un gestore di pubblico servizio, degli archivi dell’amministrazione certificante, finalizzata all’accertamento d’ufficio di stati, qualità e fatti ovvero al controllo sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini. Per l’accesso diretto ai propri archivi l’amministrazione certificante rilascia all’amministrazione procedente apposita autorizzazione in cui vengono indicati i limiti e le condizioni di accesso volti ad assicurare la riservatezza dei dati personali ai sensi della normativa vigente.
3. Quando l’amministrazione procedente opera l’acquisizione d’ufficio ai sensi del precedente comma, può procedere anche per fax e via telematica.
Da: francesco.mosiello
La norma citata è perfetta ed è confortante perché dimostra che anche dal punto di vista giuridico non ci sono ostacoli alla realizzazione della de-certificazione, cioè l’eliminazione dei certificati nella PA per tentare di fare un passettino ulteriore, e mi sono chiesto: come facciamo a realizzarla? E l’idea presentata mira appunto a questo: è una proposta tecnica/organizzativa, che sfrutta la PEC, per realizzare un sistema che abolisce i certificati (in realtà solo una grossa parte).
Forse è utile fare un po’ di storia e ricordare che la cosiddetta de-certificazione era indicata come il più importante e suggestivo obiettivo del progetto e-government, perché sembrava già evidente nel 2000, all’atto cioè della prima formulazione dell’e-government che, con la diffusione delle reti telematiche di comunicazioni, le informazioni necessarie ad autorizzare l’erogazione di un servizio già in possesso di una qualsiasi amministrazione dello Stato non dovessero più essere ulteriormente richieste al cittadino. Il fatto è che quest’obiettivo, ad oggi, resta irrealizzato.
Ma quali sono le difficoltà che hanno impedito, ed ancora impediscono, di conseguire questo importante risultato? A distanza di anni e di numerosi e costosissimi progetti dedicati, finanziati e realizzati, non si può più parlare, a mio giudizio, di difficoltà ma di impossibilità, almeno permanendo le impostazioni, teoriche e pratiche, fin qui date al problema.
L’ostacolo insormontabile è stato riuscire a coinvolgere la PA, e in pratica tutti gli enti della PA, in un progetto sistemico, qual è per l’appunto l’e-government, che imponeva comportamenti organizzativi, scelte tecnologiche, adozione di standard e assunzioni di responsabilità da portare avanti da parte di tutti gli attori, anche con elevata contemporaneità. La PEC ha cambiato un po’ questa prospettiva tagliando un nodo gordiano dei servizi informatizzati della PA perché ha consentito, a cittadini ed imprese, di richiedere ed ottenere, on line, i certificati della Pubblica Amministrazione, al di là dell’e-government.
Questo è tanto, anche se naturalmente è solo un pallido risultato confrontato con le roboanti aspettative dell’e-government che mirava all’integrazione sistemica di tutti i sistemi informativi della PA e che avrebbe consentito di raggiungere logicamente (e non solo fisicamente attraverso la rete), un qualsiasi punto da un qualsiasi altro, una qualsiasi funzione erogata in rete da un qualsiasi ente.
Per questo motivo, la soluzione generale che propongo, a differenza di quelle finora tentate, è euristica, tecnologicamente sporca, un uovo di Colombo, ma che ha dalla sua un pregio non secondario: potrebbe funzionare.
Colgo l’occasione per aggiungere qualche ulteriore considerazione.
Anzitutto, l’idea di abolire i certificati usando la Posta Elettronica Certificata, limitatamente al rilascio dei certificati, si correla alle altre due idee di Gestione Centralizzata delle Anagrafi e di Integrazione delle banche dati della PA anch’esse presentate tra le proposte di “La tua idea per una PA migliore”. Dalla sua, però, presenta certamente un vantaggio importante che ne può accrescere la fattibilità e la concretezza: si configura solo come una diversa modalità tecnica di rilascio dei certificati che in nulla cambia la tradizionale e corrispondente titolarità giuridica dell’Ente per la sua funzione certificante. Poi, il software previsto dovrà gestire, per ogni ente procedente che decida di farne uso, la possibilità di definire per ogni suo particolare certificato, i diversi certificati a corredo e la corrispondente tipologia dell’ente certificante.
Così la Motorizzazione Civile di Perugia definisce, a fronte del Rilascio Patente di Guida, il Certificato di residenza/Comune di residenza e il Certificato Estratto Casellario Giudiziario/Tribunale Provinciale.
Di quale Comune si tratterà e di quale Tribunale sarà determinato a run-time, quando si presenterà il particolare cittadino richiedente (e forse basterà solo il Codice Fiscale, ma questo resta da analizzare).
Per cui, una volta individuati gli enti, ad essi si potrà inviare, via PEC, la richiesta dei certificati di corredo. 3. Infine, ci si potrebbe spingere anche a ipotizzare un progetto più vasto che memorizzi i certificati emessi, firmati digitalmente, (la patente, nel nostro caso) su un server a cui accedere quando necessario da parte di chi ne sia autorizzato.
Gli stessi certificati poi, se si aggiungesse tra i dati la loro data di scadenza, potrebbero essere aggiornati d’ufficio in maniera automatica o semiautomatica alla scadenza e continuare a risiedere sempre sul server dove, a richiesta, il cittadino titolare potrebbe scaricarli su una pen card, una smart card e portarseli appresso sempre aggiornati.
Da: rino lo turco
Ho più di 50 anni e ancora non ho capito a cosa serve il certificato, visto che in realtà la sua abolizione è prevista da anni con l’autocertificazione.
Le leggi ci sono, gli strumenti pure, manca solo la volontà.
Non capisco invece la PEC, che non è uno strumento per i certificati ma solo un mezzo per comunicare via posta elettronica, per inviare messaggi e controllarne il movimento.
Se non ci fosse la PEC il problema non cambierebbe.
La PEC e la firma digitale sono solo strumenti di certezza rispetto al contenuto di un messaggio: il primo riguarda il trasporto, il secondo la paternità.
E’ bene comprendere che un messaggio inviato via PEC non è detto sia di paternità certa, paradossalmente (ma nemmeno tanto) rispetto alla paternità è di maggiore peso un messaggio firmato e invitato via email normale che un messaggio non firmato e inviato via PEC. Per me il vero tema è: sostituire i certificati con l’autocertificazione. Cioè, applicare la legge già esistente!
Da: francesco.mosiello
Comprendo le obiezioni. Ma mi permetto qualche osservazione. Le innovazioni culturali e organizzative sono molto più complesse delle innovazioni tecnologiche e il caso dell’autocertificazione è esemplare a questo riguardo.
Se l’autocertificazione non funziona, e sappiamo che non ha funzionato, che facciamo? Certo, continuiamo a tentare di far passare il concetto, non con la legge che già c’è, ma con la persuasione, il convincimento: con la cultura, insomma.
Solo che ci vorrà tempo, tanto tempo. Aspettando che la gente e i funzionari pubblici si convincano della validità dell’autocertificazione, i certificati comunque continueranno a essere richiesti e rilasciati agli sportelli e i cittadini, con le carte in mano che per giunta continuano a pagare, continueranno a fare i postini della PA e a portarli in giro a destra e a manca.
Se la mia proposta fosse in uso ostacolerebbe il processo culturale della diffusione dell’utilizzo dell’autocertificazione che si individua come norma e prassi esemplare per l’abolizione dei certificati? Evidentemente no.
Se si autocertifica semplicemente non ci sarà necessità di utilizzare nessuna PEC per richiedere certificati, e tanto meglio.
Ma per una persona che autocertifica quante continueranno comunque a fare le carte? E per quanto tempo? Sono proprio questi “tanti” che riceverebbero un immediato vantaggio dalla mia proposta, che non ostacola il rinnovamento, ma piuttosto vi si mette di lato. Una sorta di proposta “bricolage”, mettiamola così: fa quello che può con quanto abbiamo a disposizione.
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Un altro utente ha proposto un’idea simile
Sportello unico “vero”
Idea n° 105 - proposta da: alfbreg
Descrizione
Invece di chiedere al cittadino di compilare più pratiche per arrivare a un risultato (una delle più frequenti lagnanze) costringendolo magari a ricorrere a professionisti e/o agenzie, perché non fare in modo che il primo ufficio pubblico interpellato chieda al cittadino tutti i dati necessari e si preoccupi - l’ufficio stesso - di interfacciarsi con gli eventuali altri uffici coinvolti?
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Innovazione organizzativa |
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semplificazione, interoperabilità, sportello unico, cooperazione applicativa |
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Semplificazione organizzativa e burocratica
Idea n° 8 - proposta da: StatiGeneralInnovazione - Flavia Marzano
Descrizione
Sono ancora tantissimi, troppi, gli adempimenti burocratici, e troppo spesso non tengono conto delle nuove tecnologie che potrebbero rivelarsi un supporto di maggiore efficienza e minori costi. Serve uno studio serio sul tema che produca proposte operative.
Categoria |
Innovazione organizzativa |
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semplificazione, burocrazia |
COMMENTI
Da: martire
Già, ma chi lo fa lo studio? Dovremmo essere noi stessi, impiegati o cittadini che fanno le proposte e che hanno dei canali dove indirizzare le nuove idee per semplificare e deburocratizzare nel rispetto delle norme. Ci vuole una nuova struttura organizzativa che permetta a chiunque abbia una idea - indipendentemente dal fatto che sia un impiegato o un utente, ed indipendentemente dal titolo di studio o dal ruolo nell’organizzazione - di farla arrivare a chi possa analizzare ed eventualmente sviluppare il concetto.
Da: Rodolfo Bisonni
A mio parere, il problema della PA non è solo dovuto alla mancanza di organizzazione e pianificazione nei singoli uffici o enti, ma nella disorganizzazione a livello globale. L’innovazione - intesa come erogazione in tempi rapidi di servizi, abbattimento della burocrazia, ecc. - passa necessariamente attraverso l’innovazione tecnologica e a processi sempre più capillari di e-government. Analizzando la situazione attuale possiamo constatare che l’Italia ha come punto di forza una legislazione moderna e pienamente funzionale allo scopo, ma con la criticità della mancanza di linee guida di applicazione coerenti con il progetto finale.
Il risultato di questa mancanza di regia a livello nazionale fa si che si assista a una serie di soluzioni spot che non solo non semplificano ma addirittura in alcuni casi complicano, e non poco, la situazione.
Per finire, mi sembra importante ricordare che la figura descritta nel commento precedente già esiste, ed è il protocollo informatico come struttura, e il dirigente responsabile come persona.
Da: npoi
Ritengo che laddove si innestasse una rivoluzione culturale in ogni amministrazione si creerebbe un fisiologico e positivo effetto di traino.
Certo, se si mettesse mano con maggior vigore agli obblighi di interoperabilità e di cooperazione applicativa, il traino in questione acquisterebbe tantissimo in potenza e velocità...
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Un’idea simile è stata proposta anche da un altro utente
Semplificare le leggi
Idea n° 94 - proposta da: martire
Descrizione
L’efficienza della PA e di tutta l’Italia ha un macigno sulla testa: le numerose leggi, circolari, regolamenti che si sovrappongono spesso si contraddicono, e devono essere oggetto di interpretazione.
Nel particolare le leggi preparate male, e che complicano ciò che dovrebbe - o potrebbe - essere più semplice.
Bisognerebbe avere il coraggio di capire che “semplice” non significa per forza di cose “inadeguato” o “incompleto”. Alcune situazioni sono veramente assurde; pensiamo alle leggi sulla cittadinanza o sul voto degli italiani all’estero. Si deve avere il coraggio di cambiare, semplificare, migliorare.
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Innovazione istituzionale |
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semplificazione, burocrazia |
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Una sola anagrafica, un solo documento
Idea n° 203 - proposta da: renato.lacroce
Descrizione
Penso che i tempi siano maturi per mettere in competizione le grandi aziende IT nel progetto di realizzare un unico database anagrafico nazionale con accessi controllati da parte di tutta la PA e di tutte le aziende che necessitano.
Perchè?
1) Tutti i miei “titoli” (cittadinanza, patente, permesso di pesca...) sono in un’unica struttura;
2) se cambio qualcosa (l’indirizzo ad esempio) tutti i sistemi si auto-aggiornano;
3) posso avere un unica “tessera” che funziona da documento, patente, bancomat, codice fiscale;
4) posso certificare qualunque mio “titolo” semplicemente “strisciando” la tessera in un terminale abilitato a leggere solo i “titoli” di suo interesse.
Forse il processo è complesso, ma per nulla irrealizzabile...
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Innovazione tecnologica |
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semplificazione, anagrafe, interoperabilità, cooperazione applicativa, banche dati |
COMMENTI
Da: martire
In poche parole, l’anagrafe unica! Quando ci arriveremo?
Da: emanuele.buchicchio
Creare una sola anagrafica “istituzionale” per la PA è una buona idea, almeno in linea di principio, anche se forse sarebbe meglio pensare a un sistema di interfaccia-integrazione tra i diversi sistemi esistenti.
Ogni volta che si pensa di inserire informazioni personali in un database è opportuno pensare anche che molte persone, per necessità tecniche, avranno accesso a queste informazioni teoricamente riservate con poche o nessuna restrizione.
Per quanto riguarda le modalità di accesso e l’integrazione con altri sistemi informativi (ad esempio l’anagrafica clienti della aziende) sarei però ancora più prudente nel considerare gli effetti collaterali legati alla sicurezza e alla riservatezza.
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Altri tre utenti hanno proposto idee in materia di centralizzazione delle banche dati e, in particolare, dell’ufficio anagrafe:
Centralizzare il servizio anagrafe dai comuni al Ministero delle Finanze
Idea n° 101 - proposta da: antonio.adorno
Descrizione
Centralizzando il servizio anagrafe dei comuni al Ministero delle Finanze si avrebbero queste migliorie:
• risparmio per i Comuni (oltre al personale, anche i costi informatici);
• miglioramento servizio anagrafe (si possono ritirare certificati ovunque in Italia, senza doversi recare al comune di nascita o residenza);
• aumento della lotta all’evasione (con una semplice verifica delle dichiarazioni).
L’idea è realizzabile praticamente a costo zero. Il personale cambia solo l’amministrazione, ma resta nei siti attuali e i Comuni risparmiano somme cospicue per la gestione dell’anagrafe (server, data base, applicativi da gestire, comprare, manutenere, backuppare, ecc.).
I cittadini possono rivolgersi a qualunque sportello in Italia – anche via Internet - per qualsiasi certificato anagrafico.
Il personale, con un carico di lavoro certamente ridotto, può così fare da front-end anche per il Ministero delle Finanze per verificare le dichiarazioni dei redditi e svolgere attività ispettiva.
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Innovazione tecnologica |
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efficienza, efficacia, lotta antievasione, banche dati, anagrafe |
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Collegamenti tra gli uffici della Pubblica Amministrazione e quelli del settore pubblico
Idea n° 136 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Ho assistito a lungo mia madre malata - che non poteva rimanere sola a casa - e mi sono trovato nella condizione di dover fare la fila al Municipio per richiedere il certificato di residenza e poi la fila per consegnarlo all’Azienda Sanitaria Locale per avere la tessera sanitaria.
La mia idea è semplice: collegare telematicamente gli uffici e dare la possibilità di ottenere documenti e certificati da pc o da servizio telefonico.
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Innovazione tecnologica |
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interoperabilità, cooperazione applicativa, banche dati |
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Rendere impossibile la spesa sanitaria per le persone decedute
Idea n° 136 - proposta da: massimo.ordine
Descrizione
Si sente parlare spesso di truffe o errori posti in essere mediante il pagamento dei compensi ai medici di famiglia per l’assistenza a persone che, in realtà, sono decedute. Questo avviene perché gli elenchi degli assistiti vengono aggiornati di rado.
Esiste una soluzione molto semplice e a costo zero per rendere impossibili queste truffe (anche con riguardo alla prescrizione dei farmaci): ad ogni codice fiscale presente nella banca dati dell’anagrafe tributaria basta associare il codice fiscale del suo medico di famiglia.
Così, ad ogni codice fiscale di un medico convenzionato con il SSN corrisponderebbe una lista di persone assistite, e poiché all’atto del decesso di una persona i Comuni devono effettuare la comunicazione telematica al data base per il suo aggiornamento, conseguentemente la lista citata risulterebbe automaticamente aggiornata.
Un ulteriore vantaggio sarebbe costituito dal risparmio di risorse umane e finanziarie che, adesso, sono dedicate all’aggiornamento delle liste e che, con questo sistema, potrebbero essere impiegate per altri scopi.
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Innovazione tecnologica |
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spesa sanitaria ,sanità, anagrafe, banche dati, interoperabilità, efficienza |
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ICI via RID
Idea n° 104 - proposta da: alfbreg
Descrizione
Invece di chiedere al cittadino di preoccuparsi dell’Ici aprendo potenziali contenziosi con i Comuni che poi si trascinano nel tempo, perché non far fare tutto al catasto, direttamente tramite RID? Se imposta deve essere, che viaggi in automatico.
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Innovazione tecnologica |
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tasse, servizi on line, pagamenti elettronici |
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Bar-code bidimensionali sul bollo auto
Idea n° 156 - proposta da: franco.carcillo
Descrizione
In alcuni Paesi esteri la vettura porta sul parabrezza un contrassegno analogo al nostro bollo auto che riporta anche i dati identificativi dell’autoveicolo su codice a barre bidimensionale (codifica open PDF-417) ben visibile.
Eventuali agenti di controllo possono trasferire i dati dell’autovettura in tempo reale direttamente su smartphone/tablet, senza dover digitare nulla. Semplice, immediato ed esente da errori.
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Innovazione tecnologica |
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barcode, multe, bollo, banche dati |
COMMENTI
Da: martire
E’ un idea bellissima! Sarebbe da realizzare il più in fretta possibile, vista la situazione.
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Un solo Sito Web
Idea n° 156 - proposta da: renato.lacroce
Descrizione
Ecco l’idea:
1) CMS Open;
2) massimo 10 template studiati per gli oltre 8000 comuni;
3) una unica server farm (privata) che fa hosting per tutti (con i dovuti requisiti tecnici e costi di mercato);
4) ogni comune sceglie il suo template e carica i contenuti minimi obbligatori più quelli volontari tramite un back-end semplice e adeguatamente documentato;
5) ogni comune contribuisce in maniera proporzionale a mantenere e sviluppare il sistema.
I vantaggi per la PA sono:
1) sistema unico e ben documentato;
2) costi trasparenti, costanti e decisamente competitivi;
3) certezza di adempiere alla richiesta di contenuti minimi che devono essere garantiti;
4) ci si occupa solo dei contenuti senza porsi problemi tecnici.
I vantaggi per i cittadini sono:
1) tutti i siti sono completi;
2) tutte le informazioni e i servizi sono organizzati nello stesso modo;
3) gli aggiornamenti “tecnici” si ripercuotono automaticamente su tutta l’infrastruttura;
4) minor spesa.
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Innovazione tecnologica |
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sito web, comuni, open source, semplificazione, standard applicativi, comunicazione |
COMMENTI
Da: Membro della Comunità
Direi che l’unicità di un sito web per un comune che si vuol differenziare puntando molto sulla valorizzazione dell’aspetto turistico piuttosto che l’aspetto enogastronomico o culturale e che voglia investire sulla propria immagine web in maniera originale e innovativa, a mio parere penso che siano soldi spesi bene.
Da: martire
In effetti punterei alla standardizzazione dei siti web dei comuni, e le questioni turistiche le lascerei ad altri siti web.
Magari il sito del comune può comunque avere dei link che portino a quei siti. Vedete i siti delle prefetture, o della polizia? Sono tutti uguali, ma con contenuti personalizzati.
Questa è la cosa che mi sembra più intelligente quando parliamo di uffici statali o di servizio pubblico.
Non mi sembra “smart” e all’altezza di un Paese come il nostro lasciare lo sviluppo del sito del comune a qualcuno che conosciamo, come spesso succede.
Da: renato.lacroce
Dove esistono eccellenze turistiche o enogastronomiche di solito esistono fior fior di enti e associazioni in grado di rendere onore come si deve a questi aspetti. Sarebbe sufficiente un link in una sezione dedicata.
Inoltre, nulla vieta di prevedere a priori il modulo “valorizzazione”, così da creare un modo unico (e ben fatto) di presentare i nostri 8000 comuni anche all’estero. Domanda provocatoria: sapreste portarmi un esempio di valorizzazione turistica o enogastronomica presente su un sito web di un comune italiano, magari anche in lingua inglese?
Da: cesare.brizio
L’idea di base è ottima, e qualcosa di simile sta già avvenendo anche in ambito PloneGov sia all’estero, sia in Italia. PloneGov è sede di diverse esperienze di interscambio di software e competenza, relativamente alla tecnologia CMS libera Plone. Per un inquadramento generale, si veda anche il sito http://www.slideshare.net/cebrizi/plone-gov-wpd2011rer.
In ambito PloneGov Italia, la Regione Emilia Romagna (oltre a diverse complesse esperienze di collaborazione, quali la Community network) ha calato nel pratico il concetto di “un sito per tutti i Comuni” con il progetto “Informagiovani” (http://www.informagiovanionline.it/emiliaromagn), al quale ogni comune aderisce gratuitamente con semplice convenzione.
In questo caso, viene gratuitamente posto a disposizione un sito informagiovani “privato” del comune, collocato in una struttura gerarchica che consente anche (senza duplicazioni) la fruizione di contenuti aggregati a livello provinciale, regionale e (nell’ambito di una convenzione con ANCI) nazionale.
In ambito PloneGov mondo, CommunesPlone (unione data da oltre la metà dei comuni della regione Vallonia) ha recentemente creato una “public company” per gestire il supporto tecnico e i futuri sviluppi del portale CommunesPlone. Questa esperienza, chiamata IMIO, è in corso di lancio e tende appunto alla uniformazione tecnologico-operativa dei siti web dei comuni, che comunque rimangono caratterizzabili e personalizzabili nelle funzioni.
A tal proposito, si veda la pagina: http://www.uvcw.be/recherche/resultats.cfm?cx=016296943435821462092%3Aobxyxshw6jk&cof=FORID%3A11&q=IMIO#889 Quindi, laddove la volontà politica si manifesta in questa direzione, la cosa è certamente fattibile.
Da: ufficiotecnicodigitale
Grazie per le precise e preziose informazioni: siamo sulla stessa lunghezza d’onda, l’autonomia (organizzativa) non è più una virtù.
Da: emanuele.buchicchio
L’idea di base mi piace: utilizzare template standard semplificherebbe la vita degli utenti che oggi devono cercare di capire in quale sottomenu un comune ha deciso di inserire un dato servizio.
Per quanto riguarda i problemi legati al marketing del territorio, forse è il caso di distinguere la sezione “istituzionale” da quella “turismo e promozione”, imponendo dei formati standard solo per l’accesso a un determinato insieme di servizi.
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Gestire l’Ente come un gruppo di lavoro
Idea n° 26 - proposta da: paolodallavaster
Descrizione
Si potrebbe utilizzare uno strumento che unifichi ogni postazione di lavoro, l’utente dispone di una scrivania nella quale poter gestire dati che servono all’Ente e proprie informazioni, e inoltre ha la possibilità di seguire un’organizzazione del lavoro (workflow).
I dati, siano essi prodotti con strumenti tipo Office o acquisiti da scanner, mail, ecc., saranno sempre accessibili a tutta l’organizzazione in quanto memorizzati su un server centralizzato e dotati di una indicizzazione per la ricerca (tipo Google). Vantaggi: il proprio lavoro diventa indipendente dalla postazione di lavoro, si unificano gli strumenti di produttività individuale (non più sovrabbondanza di licenze a casaccio), non ci si preoccupa più di possibile perdita di dati dovuta al malfunzionamento della propria postazione di lavoro.
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Innovazione tecnologica |
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scrivania virtuale, gestione documentale, condivisione |
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L’ “ATI”/”RTI” di Enti Pubblici: la strada per il resource pooling
Idea n° 41 - proposta da: cesare.brizio
Descrizione
E’ mai possibile che imprese, anche eterogenee, possano aggregarsi in “associazioni temporanee di Imprese” verticali (a competenze separate) o orizzontali (a pari competenze) per partecipare a gare pubbliche, mentre gli Enti Pubblici non si possono aggregare analogamente per emettere bandi co-finanziati, trasversali, di interesse comune? Non sarebbe questa la strada maestra per mettere a fattor comune le risorse che scarseggiano? Si tratta di una strategia indispensabile per co-finanziare il riuso di software libero, ma non solo.
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Innovazione tecnologica |
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resource pooling, riuso, collaborazione, stanziamenti, bandi, appalti |
COMMENTI
Da: Tommaso Del Lungo
Bella idea!
Da: cesare.brizio
Ci siamo, la Stazione Unica Appaltante è realtà, ora si tratta di crearle e di convenzionarsi. Potrà volerci un po’ di tempo, ma ci arriviamo.
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I morti non pagano
Idea n° 103 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Il comune di appartenenza deve effettuare la comunicazione della morte contestualmente al rilascio del certificato di morte presso INPS-INPDAP se percettore di pensione di qualsiasi tipo, presso medico curante (che non deve continuare a percepire e o fare ricette a morti) presso l’eventuale ente ove usufruisca di alloggio pubblico (si eviterebbero tante occupazioni)
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Innovazione organizzativa |
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banche dati, incrocio dati, anagrafe |
COMMENTI
Da: martire
E ancora: si deve inserire l’avvenimento della morte in un database unico in modo tale che qualunque autorità, ente o organizzazione che richiama il nominativo sappia che è passato a miglior vita.
Da: rino lo turco
In verità, si tratta di una legge già esistente. Il medico legale (o di base) rilascia il certificato di morte e lo comunica a medicina legale; il cittadino lo presenta al comune per la cancellazione dall’anagrafe, e questo di norma avviene per il tramite dell’impresa funebre. Nessuno però deve comunicarlo al medico di base, né tanto meno alla scelta e revoca dell’ASL.
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Ridurre le forze di Polizia
Idea n° 23 - proposta da: rino lo turco
Descrizione
L’Europa lo chiede da tempo (e difatti paghiamo multe salatissime), molti altri Stati si sono già adeguati, noi invece continuiamo ad avere oltre dieci forze di Polizia, quando invece ne bastano due: una nazionale e una locale (livello regionale o provinciale ) per gli aspetti amministrativi al servizio dei comuni.
La forza nazionale deve portare al suo interno le specializzazioni oggi esistenti e frammentate, e spesso in concorrenza delle attuali forze presenti. Questo permetterebbe una distribuzione duttile degli uomini secondo necessità anche territoriali, un abbattimento del fattore concorrenziale che di fatto porta solo a sprechi di risorse e forte confusione. Gli arruolamenti ne risulterebbero avvantaggiati, fornendo un enorme indice di efficienza allo Stato.
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Innovazione organizzativa |
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polizia, sicurezza, efficienza |
COMMENTI
Da: Membro della Comunità
Indipendentemente dalle differenze delle forze di Polizia, esistono scogli molto difficili da affrontare, primo fra tutti il problema normativo Italiano, oltre a quelli di casta o di appartenenza.
Unificare, significa razionalizzare, diminuire i centri di comando, diminuire gli alti ufficiali, il tutto nell’ottica del recupero delle risorse economiche in un rapporto da 1 a 10. Le resistenze in tal senso sono fortissime: troppe poltrone, troppi alti ufficiali, salari e pensioni d’oro.
Sono anni che si discute in Parlamento di questo tema, ma inspiegabilmente c’è chi impedisce questa trasformazione, non solo necessaria ma obbligata. E’ certamente un grande sogno, ma in questa Italia purtroppo rimarrà tale ancora per molti anni.
Da: rino lo turco
L’aspetto normativo è modificabile, e una fortissima spinta viene proprio dall’Europa. Il problema di casta è anch’esso superabile, attraverso la politica, quella corretta.
Comunque, se i Carabinieri sono diventati corpo da costola dell’esercito signifca che le cose si possono fare. Il cittadino sa bene quali grandi migliorie questa modifica comporterebbe.
Da: martire
Unificare si, perchè significa semplificare. Le cose semplici sono più facili da gestire e spesso funzionano meglio.
Alla fine migliorerebbero anche i loro (magri) stipendi. Sono gli stessi tutori dell’ordine che dovrebbero essere i primi a voler vedere realizzato l’accorpamento.
Da: Carlo
Come ex ufficiale superiore di una delle tante FFP sono pienamente d’accordo con l’idea in questione.
Sarebbero inoltre necessarie riforme capaci di sottrarre i poliziotti ai compiti burocratici, con relativa riduzione di personale (abbiamo la più alta densità di poliziotti del mondo!) e ricaduta postiva sui servizi al cittadino.
Da: mguerra
A livello teorico non si può che essere d’accordo con l’idea di una razionalizzazione e unificazione delle forze dell’ordine.
È incredibile ma vero: lo spettro delle “tentazioni forti” ha perpetuato fino a oggi l’esistenza di polizie diverse, quasi un equilibrio tra poteri con la pistola.
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Redigere le procedure
Idea n° 215 - proposta da: claudia.arcese
Descrizione
Al fine di migliorare il livello di efficienza della PA, si dovrebbero stilare le procedure relative a tutti i procedimenti che rientrano nella competenza di ciascun ufficio.
In particolare, dovrebbero essere scritte e costantemente aggiornate, nel dettaglio, le specifiche di ogni atto, documento o azione da porre in essere per giungere al provvedimento finale.
Non dovrebbero poi essere tralasciate le procedure per gli atti minori e i procedimenti interni, che non vengono esternalizzati in un vero e proprio provvedimento, ma che concorrono all’efficienza generale della PA.
Ci sono amministrazioni che, per caratteristiche intrinseche o realtà di fatto, hanno al loro interno un intenso turn over del personale.
Questo si ripercuote sul lavoro, in quanto quasi mai si crea un periodo di compresenza fra chi arriva e chi parte, quindi la formazione professionale è spesso carente e il nuovo arrivato viene mandato allo sbaraglio, mostrando inevitabilmente all’esterno inefficienza e approssimazione.
Da qui derivano qualunquismo e atteggiamenti denigratori verso la PA da parte dell’opinione pubblica.
Ogni atto, ogni tipologia di pratica dovrebbero essere portati avanti da un qualsiasi impiegato/funzionario semplicemente seguendo il dettato della specifica procedura, preventivamente fissata.
Tali procedure sarebbero poi utilissime anche nei casi di lunghe e improvvise assenze da parte del personale, per i più svariati motivi. E sarebbero vantaggiose per i dirigenti, al fine di conoscere in modo approfondito il lavoro svolto da ogni dipendente e poterne valutare l’operato e la professionalità con maggiore cognizione di causa.
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Innovazione organizzativa |
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efficienza, procedure, turn over, assenze, manuali operativi |
COMMENTI
Da: martire
Ovvio! Conoscenza, scienza, informazioni scritte e catalogate, manuali operativi: tutte cose che dovremmo avere da tempo.
Da: Antonella Misasi
Non posso far altro che approvare.
Da: Laura Strano
Sono d’accordissimo! Predisporre vademecum con procedure codificate che peraltro dovrebbero essere anche pubblicate sui siti web degli enti, per legge, aiuterebbe molto non solo i dipendenti ma anche i cittadini che comprenderebbero l’iter di erogazione dei servizi e gli eventuali ritardi non sempre addebitabili ai dipendenti.
Da: Membro della Comunità
L’Idea corrisponde a una informatizzazione di base dell’ufficio; una volta attuata questa aggiungo che si può e si deve procedere alla creazione di un applicativo software che automatizzi il tutto.
L’applicativo è utile per diversi motivi: evita all’impiegato diversi errori formali con i controlli che possono essere automatizzati riguardo i dati inseriti, consente una grande speditezza nella produzione dell’atto e quasi annulla i tempi di collazione.
Per non parlare dei ridotti tempi di ricerca dell’atto. Le procedure e le norme che danno corpo agli atti si deteriorano nel tempo a causa delle variazioni - normative, procedimentali, dirigenziali - pertanto è richiesto un manutentore dell’intero procedimento che non può che essere l’analista dell’applicativo software. L’analista è necessario perché molti modelli con cui produrre gli atti contano numerosi scenari, o casi d’uso.
Pensare di creare una modellistica di base da cui attingere per produrre l’atto (si pensi al classico modello word) è senz’altro utile, ma non può tenere conto dei relativi scenari (ci sarebbe una proliferazione di modelli) e del fatto che ciascun dipendente potrebbe crearsene una copia personalizzata sul proprio computer, cosa che alla lunga porterebbe al deterioramento del procedimento. Inoltre, si pensi a chi tra gli impiegati si possa imbarcare nella rivisitazione di tutti i modelli a seguito di una variazione legislativa.
Nessuno nell’ufficio di interesse, e questo perché sono tutti impegnati nel consueto lavoro d’ufficio! Nella realtà degli uffici le persone prendono un modello più o meno corretto, più o meno aggiornato e su quello adattano il caso reale, con possibilità elevata di errori formali e comunque con la necessità di richiedere all’esperto dell’ufficio come procedere per i casi non banali o nel caso in cui il dipendente sia un novizio.
Io ho provato ad automatizzare un ufficio presso l’amministrazione presso cui lavoro e sono riuscito a raggiungere l’obiettivo. Tuttavia i problemi sono diversi, e provo a elencarli:
• le competenze e voglia necessarie per attuare qualcosa del genere: un analista progettista informatico programmatore in grado da solo di portare avanti un progetto del genere, pagato come un F1, ex C1, che voglia fare ciò non lo trovi dietro l’angolo. Il lavoro di un interno è necessario (in realtà servirebbe un team), perché i costi necessari per automatizzare un ufficio, mettendo in gioco esterni, possono essere esorbitanti; nel mio caso ho stimato, considerando costi/benefici, che sarebbero stati improponibili da parte dell’amministrazione;
• il tempo necessario: nel caso in questione è stato necessario impiegare quattro anni, laddove stime ingegneristiche ne indicavano otto (tecnica dei punti funzione) e tutto ciò è stato realizzato oltre al normale carico di lavoro; la vera automazione richiede tempo anche se ovviamente dipende dalle dimensioni del problema;
• con un lavoro del genere diminuisci la figura dell’esperto dell’ufficio, pertanto si creano antipatie perché si toglie potere: sembra una battuta ma non lo è, soprattutto se dimostri con il lavoro di analisi che l’ufficio in alcuni casi stava lavorando male;
• l’indifferenza della dirigenza: ho chiesto un segnale da parte della dirigenza per il lavoro svolto, ma mi è stato detto che faccio solamente il mio lavoro; se fosse così avremmo gli uffici di tutta Italia straripanti di applicativi software;
• l’indifferenza dell’amministrazione: nessuno, a livello centrale dell’amministrazione, si è interessato al lavoro svolto, a vedere come come funziona, se può essere utilizzato presso altri analoghi uffici della pubblica amministrazione.
Non dico che debba essere necessariamente utilizzato, ma almeno interessarsi, capire cosa è stato realizzato ecc… Invece niente, il vuoto assoluto.
Eppure l’amministrazione centrale ne dovrebbe essere a conoscenza, se non altro perché il lavoro svolto è stato coinvolto in un concorso del Formez e anche premiato.
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PA senza carta
Fascicoli personali dal cartaceo all’elettronico
Idea n° 176 - proposta da: salvatore.abbomerato
Descrizione
Si potrebbero trasformare tutti i fascicoli personali del personale amministrativo e dei magistrati da cartacei ad elettronici, facendo confluire tutti i dati in unico server in modo che il dipendente possa accedere esclusivamente al proprio.
Inoltre, l’ufficio superiore può immettere i dati da consultare di tutti i fascicoli del proprio distretto ed aggiornarli in tempo reale.
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Innovazione istituzionale |
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dipendenti pubblici, egovernment |
COMMENTI
Da: martire
E’ incredibile che qualcosa di simile non esista già.
Da: salvatore.abbomerato
Purtroppo questa è la realtà. Io personalmente gestisco centinaia di fascicoli, tutti esclusivamente cartacei.
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Fatturazione elettronica obbligatoria nei rapporti con la Pubblica Ammministrazione
Idea n° 12 - proposta da: Michela
Descrizione
L’obbligatorietà della fatturazione elettronica nei rapporti con la PA (Finanziaria 2008) non viene applicata perché non sono ancora state emanate le regole tecniche (che devono essere adottate con decreto del Ministro dell’Economia).
La riforma, quindi, è bloccata da tre anni. Secondo le stime dell’Abi, con la piena diffusione della fatturazione elettronica solo la Pubblica Amministrazione risparmierebbe circa 3 miliardi di euro l’anno.
Categoria |
Innovazione tecnologica |
TAG |
dematerializzazione, fatturazione elettronica, pagamenti della pa |
COMMENTI
Da: Membro della Comunità
Concordo, ma se la politica ha come obiettivo quello di proteggere le proprie conquiste e i propri amici difficilmente vedremo mai l’attuazione del decreto necessario per la partenza della fatturazione elettronica.
Inoltre, da qualche anno alcune amministrazioni stanno tirando l’acqua al proprio mulino: non capendo che è fondamentale partire, fanno di tutto per ritardare l’attuazione del CAD se non è predisposto come dicono loro.
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PEC obbligatoria per tutti
Idea n° 79 - proposta da: martire
Descrizione
Rendiamo la PEC obbligatoria per tutti: dai cittadini agli uffici pubblici e privati d ogni tipo, esattamente come lo è il codice fiscale.
Le ragioni sono molteplici:
• per dematerializzare ed evitare di stampare ed inviare lettere, certificati e documenti che altrimenti potrebbero essere mandati via mail;
• per migliorare l’efficacia della PA, visto che con la PEC nessuno può sostenere di “non aver mai ricevuto” il documento;
• per semplificare, visto che inviare una mail è azione molto più veloce di qualsiasi altra forma di comunicazione scritta;
• per migliorare e semplificare la comunicazione con il cittadino.
Categoria |
Innovazione tecnologica |
TAG |
pec |
COMMENTI
Da: npoi
Sono senz’altro d’accordo: dovrebbe essere il corrispondente del concetto di residenza. Anzi, lo legherei obbligatoriamente alla comunicazione di residenza.
Da: mguerra
Questi sono risparmi di milioni di euro realizzati con un click. Ma siamo sicuri che chi molto in alto conosce la Pec, la marca temporale, la firma digitale, ecc.? Io qualche dubbio ce l’ho.
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Busta paga on line per tutti i dipendenti pubblici
Idea n° 97 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Ogni 27 del mese si ritira la busta paga, o personalmente o attraverso il delegato del servizio. Sarebbe più economico, pratico e veloce spedirla direttamente (come file pdf) nella posta elettronica, come già avviene per alcune categorie di dipendenti pubblici. Oppure si potrebbe abilitare un’area dell’intranet da dove poterla scaricare.
Ne conseguirebbe: meno tempo sprecato e meno carta (il doc. può essere conservato direttamente in formato elettronico).
Categoria |
Innovazione tecnologica |
TAG |
dematerializzazione, cedolini on line |
COMMENTI
Da: martire
Ovviamente non si può che concordare. Ecco un altro valido esempio di non standardizzazione. Molti ministeri ricevono la busta paga nella posta elettronica, perché non potrebbe essere così anche per i comuni?
Da: Membro della Comunità
Vorrei segnalare che il Comune di Roma già opera così.
Da: Membro della Comunità
Anche il Comune di Bologna la fa già da anni: le buste paga sono sulla intranet.
Da: martire
Questa è la prova che bisogna standardizzare: perché un comune lo fa e un altro no? Perché un funzionario accetta un documento in un modo e un altro non lo accetta nello stesso modo? Perché un certificato si paga in un comune mentre non si paga in un altro?
Da: ufficiotecnicodigitale
Ci vorrebbe una sorta di direzione unica per i comuni sui temi dell’informatica. Questi enti hanno preso per buona solo l’autonomia “organizzativa”, creando la babele burocratica. Ora si rischia la babele informatica.
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Obbligatorietà delle notifiche a mezzo posta certificata
Idea n° 102 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
In ogni procedimento penale, civile, amministrativo gli avvocati nominati sia di ufficio che di fiducia devono ricevere le notifiche soltanto a mezzo di posta certificata, iniziativa che ridurrebbe almeno della metà gli attuali tempi di giustizia.
Inoltre, sarebbe da prendere in considerazione una norma presente nell’ordinamento statunitense per la quale tutti i rinvii decisi in aula si considerano conosciuti da tutte le parti, siano esse presenti o assenti, purché la notifica della prima udienza sia da ritenersi corretta: questo ridurrebbe notevolmente tempi e costi della Giustizia.
Categoria |
Innovazione tecnologica |
TAG |
tempi della giustizia, costi della giustizia, pec, giustizia digitale, efficienza della giustizia |
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Ricette mediche on line
Idea n° 149 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Il medico scrive le prescrizioni di farmaci su un sito anziché su una ricetta cartacea; il paziente si reca in farmacia e il farmacista, usando la tessera sanitaria del paziente, trova le prescrizioni che lo riguardano, gli consegna i farmaci e registra l’avvenuta consegna.
Categoria |
Innovazione tecnologica |
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sanità elettronica,dematerializzazione |
COMMENTI
Da: martire
Questo tipo di informatizzazione è fondamentale. Meno carta, meno code dal dottore, immediato controllo da parte delle autorità, ecc. Vedo solo vantaggi rispetto ad una innovazione del genere.
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Vigili digitali per obbligare la PA ad applicare il CAD
Idea n° 84 - proposta da: Laura Strano
Descrizione
Il codice digitale funzionerebbe se ci fossero vigili digitali? Il codice della strada funziona, è applicato, perché i vigili si occupano di controllare l’osservanza delle norme.
E i cittadini osservano le norme oltre che per preservare l’incolumità anche per evitare le multe. Immaginiamo che non esistano i vigili.
Come funzionerebbe? È vero che non bastano le norme e le sanzioni per innescare un cambiamento, ma forse dovremmo riflettere un po di più sulla natura umana.
Ma se anche la trasparenza è una questione di sopravvivenza, per la PA come per la strada, proporrei forse più che un difensore più soggetti addetti al rispetto delle norme del CAD, insomma: tanti “vigili digitali”.
Ci sono le norme, tante, ma non le sanzioni, e non possiamo rischiare che passi un secolo perché avvenga il miracolo.
Inoltre, per la patente si devono studiare i quiz, e per il CAD? I dipendenti ed i dirigenti che dovrebbero innescare circoli virtuosi sanno tutti cos’è? Consentiamo e incentiviamo la formazione dei dipendenti con i proventi delle multe alle infrazioni digitali, proventi che potrebbero confluire in un Fondo perché la PA ha pochi soldi e scarse idee per la formazione, visto che in questo nessuno investe più, soprattutto i comuni piccoli. I vigili digitali dovrebbero avere gli stessi concreti poteri che hanno i vigili stradali. Ai vigili digitali deve potersi rivolgere qualsiasi cittadino o impresa che accerti un’infrazione al CAD, esattamente come avviene per strada.
Vigili digitali in alcune regioni del sud potrebbero anche diventare i numerosi precari delle PA, convertendone i profili dopo la formazione su queste tematiche indispensabili, o potrebbero assumere il potere di irrogare le sanzioni gli ispettori del lavoro, obbligati ad intervenire su semplice segnalazione del cittadino.
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Innovazione tecnologica |
TAG |
sanzioni, codice della pa digitale |
COMMENTI
Da: p.papadia
Mi sembra un’idea fantastica. Effettivamente, il mancato rispetto della normativa in materia di modalità di svolgimento del lavoro pubblico può essere addirittura ricondotto ad infrazioni sanzionabili con procedimento disciplinare. Complimenti!
Da: martire
Allora il concetto si potrebbe estendere. Se è vero che i dirigenti e i capi ufficio sono di fatto incapaci di sanzionare ed iniziare provvedimenti disciplinari verso chi non fa il proprio dovere, allora si potrebbero creare i “vigili della PA” che in qualche modo avrebbero il compito di sanzionare.
Da: Laura Strano
Mi rendo conto che dal punto di vista giuridico e contrattuale sembra una cosa impossibile, eppure - dati i tempi di reazione alle innovazioni da parte della PA - solo un coinvolgimento diffuso potrebbe dare una spinta propulsiva, perché delle sanzioni del tipo mancata erogazione indennità di risultato ai dirigenti (vedi norma Brunetta sulla trasparenza), che poi nessuno fa applicare, non ce ne facciamo niente. A mio modesto avviso, mi augurerei il contrario.
Da: martire
Potremmo creare un gruppo autonomo di “Vigili della PA” che ha come obiettivo scovare gli inadempienti, antieconomici, antiefficienti, antiefficaci.
E visto che non potremmo dare multe, diamo una bella nota di demerito pubblico, in un sito web pubblico a tutti quelli che se lo meritano. Avvisando anche tutto il personale di quella organizzazione della nota di demerito.
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Un altro utente ha proposto un’idea simile
Esperti e.e.e.
Idea n° 192 - proposta da: martire
Descrizione
In molti crediamo che le leggi che permetterebbero alla PA di funzionare meglio ci sono, ma siamo anche d’accordo che non vengono applicate come dovrebbero, o che magari andrebbero migliorate.
Alcune di esse invece sono rimaste allo stato teorico e non sono state accompagnate da istruzioni chiare ed univoche per la loro applicazione immediata, senza lasciare spazio a interpretazioni varie che poi di fatto rendono difforme l’operato della PA da un ufficio all’altro.
In altri casi, invece, il cittadino che si scontra contro il muro della PA trova difficoltà ad agire in maniera semplice ed immediata nel suo legittimo interesse in quanto i meccanismi attuali tendono a “corazzare” la PA per difenderla da attacchi esterni. In fondo cosa cerchiamo?
Economicità: vale a dire assenza di sprechi.
Efficienza, efficacia: fare di più con meno, fare meglio nei tempi previsti.
Equità: il servizio è lo stesso per categorie simili di cittadini.
Ma chi controlla queste cose nella PA? C’è veramente qualcuno che in maniera continuativa raccoglie dati, analizza situazioni e proposte, indica strade alternative, o addirittura impone cambi di procedure o nuove metodologie di lavoro senza che passino mesi? Forse servirebbe una entità dinamica, “viva”, elastica, che si sappia adattare ai nuovi sistemi di comunicazione, che possa agire in maniera autonoma contattando i singoli responsabili per interpellarli, per chiedere chiarimenti su procedure, per allertarli su eventuali errori procedurali commessi.
Che sappia interagire con i cittadini e che sia in grado di dare una risposta senza che passino periodi lunghi di attesa.
Una entità che sia anche al servizio del cittadino per le sue lamentele e segnalazioni, che cerchi di rendere la PA coerente con i suoi principi.
Un vero e proprio “polipo” che con i suoi tentacoli riesca ad entrare in ogni ufficio alla ricerca del conseguimento di quei principi che troppo spesso sono solo un miraggio. Questa entità potrebbe essere formata da un gruppo di persone che sotto l’etichetta di “Esperti e.e.e.” (o qualcosa di simile) siano portatori locali, ognuno nella propria organizzazione, della bandiera di controllo, analisi, raccolta dati e trasmissione delle idee e comunicazioni dei “pensatori” che a livello centrale hanno analizzato e deciso sui diversi problemi segnalati dai “tentacoli”.
Non so se questa idea sembra fattibile, ma credo che senza un canale attivo di comunicazione semplice ed immediato tra cittadini e responsabili, e senza la possibilità di agire immediatamente senza passare attraverso livelli procedurali interminabili, allora non ci sarà mai un vero controllo del sistema.
Del resto, senza controllo come potremmo migliorare le procedure?
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Innovazione istituzionale |
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efficienza, efficacia, economicità, controllo |
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Servizi di qualità
Una PA che faciliti occupazione e sviluppo
Idea n° 50 - proposta da: indipertutti
Descrizione
Presso ogni comune dovrebbe essere approntata almeno una postazione con operatore disponibile a fornire aiuto tecnico ai disoccupati che non sono dotati di connessione internet o di sufficienti competenze per usufruirne appieno e cercano opportunità lavorative.
La registrazione per l’accesso alle informazioni dovrebbe essere acquisita dall’Inps per monitorare le azioni di ricerca attiva da parte dei disoccupati e a fronte di queste erogare automaticamente un reddito minimo vitale di contrasto alla povertà e al lavoro in nero. L’operatore dovrà inoltre essere sistematicamente aggiornato a cura della propria amministrazione per indirizzare gli utenti a strutture orientative di livello superiore per i bisogni formativi e sostegno all’autoimpiego.
La prossimità e frequentazione di queste postazioni, situate in uffici raggiungibili con mezzi pubblici per una piena fruizione da parte di tutti i cittadini, faciliterebbe anche l’incontro domanda offerta nel territorio comunale tramite opportuni interventi di politiche attive da parte degli assessorati competenti per il lavoro e sviluppo del territorio comunale, favorite dalla sistematica osservazione dei flussi occupazionali in entrata e uscita.
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Innovazione istituzionale |
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disoccupazione, autoimpiego, centri impiego, orientamento, incontro domanda offerta, lavoro in nero, politiche attive lavoro, formazione |
COMMENTI
Da: luigi
Non conosco bene questo tipo di problemi, ma credo sia già attivo un servizio di aiuto e di orientamento per chi cerca lavoro ed in particolare per i disoccupati, gestito dal Ministero del Lavoro.
Se così fosse, sarebbe forse meglio potenziare questo servizio piuttosto che fare un duplicato da parte del comune, anche in considerazione del fatto che alcuni comuni sono abbastanza grandi, ma altri mi sembrano troppo piccoli per un servizio di questo tipo.
Credo che i centri per l’impiego del ministero del lavoro siano provinciali: forse potrebbe essere utile metterne di più in una stessa provincia almeno quando la distanza fra un comune periferico ed il capoluogo è troppo grande.
In ogni caso, aiutare le persone che possono incontrare difficoltà di tipo informatico mi sembra sempre positivo.
Da: indipertutti
Cerco di spiegare in modo molto semplice perché tutti capiscano. Si dovrebbe entrare nel merito regione per regione, ma prendo ad esempio la Regione Lazio: legge regionale COL (ex CILO) Centri Orientamento al Lavoro gestiti da Comuni, Centri impiego gestiti da Provincia. Abito a Fiano Romano (13.000 abitanti). A Fiano c’era il COL (nella zona industriale, non servita da mezzi pubblici) unito a distaccamento Centro Impiego (sede principale a Morlupo). Al momento non c’è nulla; si deve andare a Morlupo. Ho chiesto e pare che a Fiano non riaprano.
Se hai un pc, internet, e sai usarlo, puoi fare a meno di andare lì. Se no, la mia proposta mette tutti in condizione di collegarsi. A che scopo? Ogni mattina si va a vedere cosa c’è da fare in bacheca e ci si rende disponibili nel proprio territorio. Porti le medicine agli anziani, controlli che non caschino gli alberi, porti la colazione in classe al bambino che l’ha dimenticata, ritiri i panni sporchi e li riporti puliti a chi è ricoverato e non ha parenti .... Le cose che si possono fare per rendersi utile sono tantissime! A fronte di questo si riceve un reddito minimo garantito, erogato dall’INPS. E questo può continuare fino a quando non arriva da cliclavoro un messaggio di chiamata sul cellulare perché un’azienda vuole conoscerti per andare a lavorare in regola e adeguatamente pagato.
Oppure, il messaggio può arrivare per frequentare un corso che avevi indicato come preferito. L’orientamento, se necessario, svolto da chi lo sa fare sul serio con strumenti appositi (con assistenza ISFOL). Tutti collegati: cliclavoro, INPS, disoccupati.
Il reddito minimo così distribuito l’INPS dovrebbe erogarlo puntualmente il mese dopo, togliendo quel vincolo dei cinque giorni che procura molto fastidio a chi vorrebbe accettare un lavoro breve e non può per non perdere il beneficio dovendo ricominciare tutta la pratica daccapo (o peggio, non potendo più se si tratta di lavoro co.co. o autonomo). Ovviamente questo sistema deve essere lanciato nel territorio di riferimento con grande pubblicità perché tutti aderiscano facendo la loro parte, gli assessorati competenti per primi.
Da: luigi
Tutto quello che può essere fatto per agevolare il rientro nel mondo del lavoro di disoccupati è sempre buono, anche solo da un punto di vista psicologico: le persone disoccupate che non riescono a trovare lavoro hanno spesso problemi di tipo depressivo.
Per tutta la comunità è comunque meglio se una persona lavora piuttosto che rimanere inattiva. Se si riesce a garantire una retribuzione, anche piccola, a persone che svolgono lavori anche di modesto livello ma in qualche modo utili, è sempre una cosa buona.
Per me il precariato è uno dei più grossi problemi del momento perché non dà sicurezza ai lavoratori e rende più difficile il potersi fare una famiglia in autonomia.
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Per una giustizia più efficiente
Idea n° 111 - proposta da: fracleme
Descrizione
Alcune idee per un miglior funzionamento del sistema giustizia, una branca dell’amministrazione le cui disfunzioni, spesso, si ripercuotono su tutto l’ordinamento amministrativo.
• Digitalizzare tutti gli atti processuali. In campo civile dei passi avanti (troppo pochi) sono stati fatti; nel settore penale siamo alla preistoria informatica.
• Dotare ogni ufficio giudiziario di un manager responsabile della gestione finanziaria ed organizzativa dell’ufficio stesso. Per fare questo occorre che nelle facoltà di giurisprudenza si dia più spazio alle materie economiche, la cui conoscenza, al giorno d’oggi, è indispensabile per ogni operatore del diritto.
• Per quanto riguarda le cause civili, abolire il ricorso automatico in Cassazione. Rendere possibile tale ricorso solo qualora sussistano motivi di interesse pubblico generale individuati dalla Corte di Cassazione stessa.
• In campo civile, predisporre una normativa che renda veramente e concretamente svantaggioso dal punto di vista economico citare in giudizio la controparte sulla base di una lite temeraria (passi avanti sono stati fatti, in questo campo, ma non bastano: occorre far sì che la sanzione per chi intasa i tribunali con questo tipo di controversie sia talmente alta da far sì che “il gioco non valga mai la candela”).
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Innovazione istituzionale |
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giustizia, egovernment, riorganizzazione, efficienza |
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Infopoint turistici negli Uffici Postali
Idea n° 201 - proposta da: pistilloa
Descrizione
Avendo a disposizione una rete di circa 14mila uffici postali informatizzati che coprono tutta la nazione italiana, si potrebbero creare infopoint dedicati ad erogare servizi orientati al turismo, che sarebbero facilmente individuabili e fornirebbero un servizio utilissimo ed innovativo a disposizione del “Cittadino Turista”.
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Innovazione tecnologica |
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turismo, servizi al cittadino, poste |
COMMENTI
Da: demarvit
Progetto molto interessante e secondo me sarebbe molto utile per i cittadini e per Poste Italiane.
Da: Membro della Comunità
Sarebbe interessante sfruttare questa idea specialmente per promuovere il turismo locale, dotando gli info point con tecnologia NFC per permettere alla gente di ricevere preziose informazioni locali, notizie su punti di interesse e sui prodotti tipici, ecc.
Da: ezio.berenci
Così si rischia, però, di affollare ulteriormente gli uffici postali già oberati da molteplici attività: dai bollettini alla vendita di cancelleria fino alle informazioni sui mutui...
Da: pistilloa
E’ naturale che se si scelgono uffici postali intasati e magari non realizzati secondo i nuovi lay-out, il problema dell’affollamento è reale.
Se invece si individuano utili per l’operazione quelli realizzati secondo i nuovi standard ed in località ben definite questo potrebbe generare un nuovo impulso all’economia locale sia nel campo turistico che in quello commerciale.
Da: Dreams & Holidays TO
Si tratta di un progetto innovativo che potrebbe aiutare in maniera capillare la promozione turistica sul territorio e potrà rivelarsi molto utile sia ai cittadini che a Poste Italiane. Sicuramente un’ottima idea.
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Bancomat per ritirare e spedire pacchi postali
Idea n° 150 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
L’idea non è mia, ma delle Reali Poste della Danimarca, e funziona alla grande. Si chiama Døgnposten. Il servizio funziona 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e permette di ricevere e spedire pacchi in chioschi telematici installati in ogni quartiere e in ogni città danese.
Ecco il link: http://www.pinobruno.it/2011/10/lincubo-del-pacco-postale-non-recapitato/
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Innovazione tecnologica |
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pacchi postali, poste, egovernment, pagamenti elettronici |
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Usare il bancomat per i pagamenti al Comune
Idea n° 115 - proposta da: Tommaso
Descrizione
E’ incredibile che l’unico luogo rimasto in cui non sia consentito pagare con il bancomat sia lo sportello del comune (parlo per il municipio di Roma).
L’idea è che in ogni ufficio in cui sono previsti pagamenti da parte dell’utenza sia reso disponibile un POS per i pagamenti elettronici.
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Innovazione tecnologica |
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uffici comunali, pagamenti elettronici, servizi al cittadino |
COMMENTI
Da: martire
Ovvio! E’ il futuro che è già troppo attuale, quindi è… quasi passato. Ma anche qui le regole lasciano la libertà di scelta se adottare o no questo sistema di pagamento.
Chi fa le regole, deve pensare anche a questo, ossia deve dare ai destinatari nuove regole, gli strumenti e le conoscenze necessarie affinché non temano il cambio, anzi: lo vogliano loro in prima persona.
Da: Giovanni_Coletta
Non ci avevo mai pensato, e sono assolutamente d’accordo.
Da: ufficiotecnicodigitale
Effettivamente, il bancomat è poco “lean”, ed è una sovrastruttura in più (servono gli aggeggi che leggono le carte, i collegamenti vari).
A questo punto conviene sfruttare meglio la rete internet e puntare sull’home banking, ma poi c’è sempre il problema del bollo: sul bancomat, sulla carta di credito la marca da bollo fa ancora troppa fatica a diventare virtuale!
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Sportelli virtuali
Idea n° 67 - proposta da: martire
Descrizione
Come diminuire l’afflusso della gente nei comuni e nelle istituzioni? Un modo è quello di dargli la possibilità di ottenere ciò che vogliono senza andare nell’ufficio preposto, ma collegandosi via internet a uno sportello virtuale.
I siti web ci sono, e le misure di sicurezza pure. Anzi, in alcuni comuni gli sportelli virtuali sono già una realtà, almeno in parte, ma è una pratica che va diffusa a macchia d’olio, io direi in maniera virale.
Ci vuole un progetto per “obbligare” i comuni e tutte le istituzioni che abbiano sportelli per il pubblico a organizzare uno sportello virtuale dove ricevere le richieste dei cittadini e accettare i pagamenti on line per le marche da bollo.
I documenti poi saranno inviati via posta elettronica certificata a garanzia di avvenuta consegna. Se ci fosse la volontà di agire in tal senso, in meno di sei mesi tutti i comuni d’Italia potrebbero offrire un servizio del genere. Le conseguenza sarebbero: uffici meno intasati, meno traffico in città, meno stress per tutti, il cittadino sarebbe più contento, gli impiegati pure, e la nostra PA avrebbe fatto un passo in più verso l’eccellenza.
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Innovazione tecnologica |
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servizio pubblico, certificati, servizi on line |
COMMENTI
Da: Nicoron
I progetti di informatizzazione delle pratiche (e della PA nel suo complesso) sarebbero da sostenere in ogni caso ed in ogni processo, tuttavia ritengo che l’idea in questione non sia un’attività così immediata come pare, in quanto ogni procedura informatica è frutto di un enorme studio di tutte le problematiche e le casistiche che si possono manifestare.
Da: martire
Forse “l’enorme studio” si potrebbe risolvere in qualche minuto di ragionamento e qualche ora di programmazione per fare le cose fatte bene.
Penso soprattutto ai certificati rilasciati dai comuni: già concentrandosi su quel settore si potrebbe fare molto, perdendo pochissimo tempo.
E’ poi ovvio che in altri settori lo studio deve essere maggiore, ma i risultati sarebbero immediati, ed interessano direttamente la cittadinanza e la gestione del proprio tempo con un sacco di vantaggi conseguenti, come anzitutto la diminuzione del flusso di persone negli uffici comunali.
Da: Piero
Per moltissimi servizi sarebbe la soluzione migliore, anzi: certi servizi andrebbero concepiti solo via web, e facilmente centralizzati.
Che senso ha far spostare la gente?
Da: rino lo turco
Non so chi possa essere in disaccordo, ma soprattutto per quali motivi possa esserlo.
Personalmente ritengo che l’idea, della quale si discute da oltre dieci anni, sia condizione essenziale di disponibilità.
In realtà la comunità europea già da tempo ci richiede un simile atto e paghiamo sanzioni perché non ci siamo ancora adeguati.
Il processo ovviamente richiede alcune particolari attenzioni quali l’uso concreto della firma digitale e una informatizzazione di base basata su prodotti idonei.
La tecnologia esiste da anni, i sistemi di sicurezza pure, anche se la firma digitale ha potuto contare su grandi avversari.
Da: martire
La PEC può contare su un vantaggio enorme nella lotta all’inefficienza burocratica: ora gli uffici non possono più dire “non abbiamo ricevuto il documento”, perché si può dimostrare facilmente il contrario.
Mi sembra invece che la firma digitale possa essere evitata, o comunque debba avere solo la funzione di sostituire timbri e firme autografe.
Le PEC, attraverso i loro gestori del mittente/destinatario, hanno già la certezza di chi la detiene, quindi: che senso ha firmare gli allegati se non per evitare firme e timbri? Se poi si ha il timore che qualcuno si possa impadronire della casella PEC, allora perché questo non dovrebbe avvenire con il kit della firma digitale? Una PEC fatta bene, in modo da identificare in maniera certa al 100% il suo possessore, era più che sufficiente per fornire garanzie sul documento allegato.
Da: rino lo turco
La firma digitale serve a dare autenticità al documento, gli conferisce paternità e inalterabilità. Il nostro primo modello di firma digitale, si pensi, è copiato nel mondo. Per documento si intende qualunque oggetto informatico.
La PEC è un mezzo di trasporto di un documento che permette di avere prova del fatto (invio e ricezione, ma non lettura) e inalterabilità del messaggio durante il trasporto.
Sono attività diverse con garanzie diverse per scopi diversi, anche se spesso complementari.
Da: Tommaso Del Lungo
Utilizzare le nuove tecnologie per offrire servizi on line dovrebbe essere lo standard minimo per l’amministrazione pubblica.
Purtroppo, però, per la situazione del nostro Paese, più che puntare sul front end - come è stato fatto in passato - forse sarebbe più utile concentrasi sul back office, sull’integrazione tra le anagrafi, sull’interoperabiltà tra sistemi e servizi differenti, sugli archivi digitali condivisi, e così via.
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Cambiare il procurement attraverso la reputazione
Idea n° 39 - proposta da: david.osimo
Descrizione
Il procurement pubblico non funziona, e lo si potrebbe migliorare introducendo meccanismi reputazionali, in cui i fornitori sono “votati” dai funzionari responsabili degli acquisti e le performance precedenti sono considerate criterio di valutazione.
E’ già realizzato negli USA ed esaminato da CONSIP.
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Innovazione tecnologica |
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procurement, acquisti pubblici |
COMMENTI
Da: Tommaso Del Lungo
Se non ho capito male, si tratterebbe di rating pubblico dato alle aziende private, giusto?
Da: david.osimo
Esatto. Il rating rimane interno. Si tratta di codificare una pratica assolutamente comune - chiedere ad altri opinioni sui fornitori - e di introdurre meccanismi di valutazione ex post delle performance che cambiano gli incentivi.
Da: Danilo Cocco (Dan Sbarba)
Quindi una idea da applicare al MEPA? Ho capito bene?
Da: david.osimo
Potrebbe essere un servizio aggiuntivo del MEPA, così è negli USA per il procurement della sanità.
Ma il tema è più vasto: introdurre meccanismi reputazionali per gestire la spesa pubblica.
Si potrebbe estendere anche ai finanziamenti pubblici alla ricerca: ottieni i finanziamenti anche sulla base dei risultati conseguiti in precedenza.
Da: Membro della Comunità
Posto che ci si deve conformare alle direttive CE sul public procurement, un meccanismo del genere in Italia, allo stato attuale, procurerebbe ingenti danni.
Il procurement pubblico (per quel che conosco del settore ICT) è spesso ostacolato dalla mancanza di formazione e dalla difficoltà nella direzione dei progetti, che richiede adeguata preparazione amministrativa e tecnica (più in generale, del dominio).
Da: david.osimo
Non ho capito la relazione tra la reputazione e le competenze. Le normative europee sul procurement (e WTO) non impediscono l’uso della reputazione.
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Connettività come bene comune
Idea n° 19 - proposta da: v-contact
Descrizione
Oggi internet rappresenta uno strumento imprescindibile per l’economia e lo sviluppo di un paese, ed è l’unico media attraverso cui è ancora possibile fare e avere informazione libera.
Rispetto al resto d’Italia Milano è all’avanguardia, ma risente comunque di una visione miope e clientelare della propria amministrazione: i soldi pubblici vengono destinati alla spesa corrente (canoni per l’acquisto di servizi dagli operatori, i soliti operatori) invece che al conto capitale.
Costruendo un’infrastruttura questa garantirebbe, nel medio-lungo periodo, l’abbattimento del costo dell’acquisto di servizi in outsourcing e la possibilità di erogare servizi di connettività al cittadino. La proposta prevede di realizzare un’infrastruttura di rete di proprietà del comune, finanziandola con i risparmi dai canoni e altre diseconomie nella gestione delle TLC, nonché con geomarketing con gli operatori locali.
Questi gli obiettivi:
• connettività ai siti comunali: la nuova infrastruttura di rete, di proprietà del Comune, collega i siti (uffici, sedi, biblioteche, parchi, sedi dell’AMSA, dell’ATM, …) presenti sul territorio comunale garantendo, a costo pari a zero, i servizi di connettività (voce, dati, videoconferenza, videosorveglianza, …) tra i siti stessi (intranet) e verso la big internet (collezionando le esigenze in un unico punto di interscambio verso Internet si ottimizza l’investimento);
• connettività ai cittadini: la nuova infrastruttura di rete può garantire grazie al wi-fi, a costo pari a zero, ai propri cittadini residenti, i servizi digitali del comune (sempre) e la connettività verso la big internet e ai cittadini non residenti, i servizi digitali del comune (sempre) e la connettività verso la big internet (a tempo);
• rete aperta (d)ai cittadini: la nuova infrastruttura di rete viene aperta ai cittadini e “diffusa” dagli stessi, nell’ottica di condividere le risorse grazie a tecnologie quali “mesh network”, dove l’infrastruttura di rete sostiene una diffusione capillare sul territorio per favorire comunicazioni peer-to-peer.
Categoria |
Innovazione tecnologica |
TAG |
rete, infrastrutture di rete, wireless, beni comuni, fibra ottica |
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Gentilezza
Idea n° 96 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
La gentilezza è uno strumento molto potente, che può cambiare in positivo qualunque situazione laddove sia necessario un cambiamento.
Come utilizzarla? Strutturandola e standardizzandola. Quando è presente non si vede - quindi non disturba - ma si sente a livello di pelle, ed é sempre gradita.
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Innovazione organizzativa |
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benessere organizzativo, rapporto col cittadino, dipendenti pubblici |
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Certificare con ISO 9000 la PA
Idea n° 194 - proposta da: ravas
Descrizione
Introdurre il più diffusamente possibile la certificazione ISO 9000. Fra l’altro, la PA chiede sempre più spesso questo tipo di certificazione ai propri fornitori, e ne premia il possesso con un punteggio di favore.
Una PA certificata, con la preliminare mappatura di tutti i processi, servirebbe in primo luogo ad evidenziare i processi inutili e poi ad evitare procedimenti inventati dallo sportellista di turno. In pratica: meno falò di leggi inutili, e più BPR (Business Process Reengeneering).
Categoria |
Innovazione organizzativa |
TAG |
certificazione, certificazione iso,iso9000, riorganizzazione, qualità |
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Accertamenti sanitari nelle strutture pubbliche h 24
Idea n° 159 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Fare un esame sanitario, una TAC, una mammografia, ecc... può comportare attese anche superiori all’anno.
Eppure, negli ospedali, questi macchinari ci sono, ma per i non ricoverati vengono messi a disposizione per poche ore, spesso solo la mattina. Laddove esiste un Pronto Soccorso (con la conseguenza che ci sono operatori in ore del giorno e della notte), si potrebbero accettare prenotazioni anche in orari “desueti”, naturalmente solo su base volontaria e per chi desideri tagliare i tempi di attesa.
Si ridurrebbero, così, i costi per strutture esterne convenzionate e si razionalizzerebbero le performances dei macchinari acquistati.
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Innovazione organizzativa |
TAG |
sanità, efficienza, apertura al pubblico |
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“Mettiamoci la faccia”: emoticon obbligatorie!
Idea n° 82 - proposta da: martire
Descrizione
Ma di cosa dovrebbe avere paura la PA quando è valutata dal cittadino? Ovviamente di essere valutata negativamente. Rendendo obbligatorie le emoticon del progetto “Mettiamoci la faccia” del Ministero dell’Innovazione, i nostri dirigenti e capufficio si dovranno dar da fare per fare sì che il cittadino valuti positivamente il servizio ricevuto. Dovremmo avere il coraggio di organizzare qualcosa di simile, così alla fine saremmo obbligati a lavorare meglio pensando alla qualità del servizio che offriamo.
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Innovazione organizzativa |
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emoticon, valutazione pa, customer satisfaction |
COMMENTI
Da: Piero
Secondo me, “Mettiamoci la Faccia” si è rivelata un’operazione di basso profilo ed alto costo.
Da: martire
Sono d’accordo sull’alto costo, e sulla questione del profilo le emoticon sono certamente un sistema non ortodosso, ma alla fine semplice ed immediato di registrazione della soddisfazione/insoddisfazione dell’utente.
In ogni caso non è meglio che il cittadino possa (anzi: debba) avere la possibilità di valutare in maniera immediata il servizio offerto?
Cosa possiamo proporre in alternativa alle emoticon? Parliamone, innoviamo anche in questo ambito con nuove idee! Io sono comunque convinto del fatto che il cittadino deve poter valutare in forma immediata quello che facciamo, senza troppe complicazioni.
Da: Piero
Non mi sembra corretto il metodo usato in “Mettiamoci la Faccia”, un like stile facebook, è troppo superficiale.
Come si pensa – ad esempio - che si possa valutare un vigile dopo aver ricevuto una multa da 200 euro, indipendentemente da come si è comportato il vigile? Se vogliamo fare un sistema di customer satisfaction, questo deve rispettare certe regole.
Da: martire
Se è vero che possono esistere altri metodi, voglio vedere con che altro metodo un vigile che fa la multa da 200 euro riceverebbe un feedback positivo.
La verità è che non tutti gli uffici possono essere sottoposti a customer satisfaction, e i vigili soprattutto. Ma tutti gli altri? Se non sono le emoticon, deve pur esserci qualcos’altro.
Da: g.dominici
“Mettiamoci la Faccia” non intende sostituirsi agli strumenti di Customer Satisfaction ma affiancarli e contribuire a creare una nuova cultura di servizio.
Se andate sul sito dedicato, diventano più chiari gli obiettivi: http://www.qualitapa.gov.it/customer-satisfaction/
Da: martire
In effetti, pur riconoscendo le limitazioni di un sistema del genere, io penso che il progetto in questione rappresenti un primo, importante feedback applicabile soprattutto in alcuni contesti.
Ovvio che ci devono essere anche altri metodi, che vadano più a fondo.
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Standardizzare le procedure
Idea n° 80 - proposta da: martire
Descrizione
Si dice spesso che in Italia esiste disparità di trattamento da parte della PA verso i cittadini a seconda del territorio, e si sente spesso dire che “meno male che vivo al nord” parlando di comuni ed uffici “che funzionano” comparandoli con quelli che invece “non funzionano”.
Un esempio semplice: perché in qualche comune italiano per avere un certificato bisogna per forza andarci di persona? Mentre in altri si può anche chiedere via posta? E in altri anche via email? E altri ancora danno invece anche la possibilità di chiederli online? C’è una giungla al riguardo, ma la PA dovrebbe essere uguale per tutti.
Standardizzare le procedure rappresenta un buon punto di partenza per garantire l’imparzialità della PA nei rapporti con il cittadino e per diminuire le diverse “Italiette” che in fondo fanno molto male al nostro Paese.
Categoria |
Innovazione organizzativa |
TAG |
semplificazione, standardizzazione, governance, livelli essenziali di servizio |
COMMENTI
Da: Laura Strano
Sono d’accordissimo: ogni comune si dota di un proprio regolamento, ogni comune fa quello che vuole.
Chi copia da altri, chi inserisce norme illegittime: di regolamenti ne leggo tantissimi perché sono rappresentante sindacale e nella mia provincia ci sono ben 109 comuni.
Non ha senso questa autonomia: la gestione e l’organizzazione dei servizi essenziali dovrebbe essere uguale per tutti. Dietro l’autonomia regolamentare si celano spesso troppe e ingiustificate disparità di trattamento, per i cittadini e i dipendenti.
.
Da: martire
Quando si parla di innovazione dobbiamo sapere che si tratta di una delle cose più semplici da attuare.
Ad esempio, basterebbe che norme, circolari o disposizioni fossero assolutamente non interpretabili, e che nelle stesse fossero anche incluse le procedure, del tipo “come fare” e “come e a chi chiedere informazioni in caso di minimo dubbio”.
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Autonomia dei Tribunali
Idea n° 69 - proposta da: fontedelpoggio_
Descrizione
Stabiliamo che una quota parte del contributo unificato che si paga per l’iscrizione a ruolo delle cause civili sia accantonato in un fondo gestito in ogni tribunale dal presidente o da un dirigente da lui delegato.
Con questo fondo sarà possibile comprare carta per fotocopie, toner e inchiostri, cancelleria varia e assumere nuovi collaboratori come co.co.co. o co.co.pro. al fine di aumentare la produttività degli uffici e, se possibile, tenere le udienze anche di pomeriggio. Se vogliamo che gli uffici funzionino meglio dobbiamo dire basta al centralismo ministeriale romano e dare spazio all’autonomia e alla meritocrazia.
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Innovazione organizzativa |
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autonomia, apertura al pubblico |
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Sanzioni per chi non compie il proprio dovere
Idea n° 64 - proposta da: Carlo
Descrizione
L’azione più semplice e più immediata da realizzare per migliorare la PA è rendere il pubblico dipendente punibile per non aver compiuto il proprio dovere (offrire un servizio di qualità). Stranamente una norma simile in Italia non esiste.
Allo stato attuale come cittadino posso in teoria ottenere che il dipendente sia punito solo se dimostro di aver ricevuto un danno dal suo comportamento omissivo; cosa difficilmente dimostrabile e comunque complessa, anche perché nella maggior parte delle volte il danno è molto inferiore ai costi dell’azione.
Al contrario, il dipendente è in ogni momento passibile di sanzioni disciplinari da parte dei suoi superiori per non aver rispettato procedure, circolari o ordini di servizio (spesso neanche scritti), il che spesso lo mette nella condizione di non poter offrire un servizio che risponda pienamente alle aspettative del cittadino.
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Innovazione organizzativa |
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dipendenti pubblici |
COMMENTI
Da: martire
Mi sembra che che la legge preveda sanzioni in caso di inadempienza, e anche richiami disciplinari.
Sono d’accordo che chi non fa il proprio dovere debba essere sottoposto a sanzione, ma il problema è come “innovare” e far si che esistano sistemi e meccanismi che funzionino.
Se le regole attuali non bastano, vuol dire che sono fatte male. Cancelliamole e rifacciamole. Un meccanismo che funziona è quello che riesce a far sì che i dipendenti pubblici per evitare la sanzione, facciano il proprio dovere. Vale a dire, regole semplici e mai interpretabili (ora siamo nell’esatto opposto), meccanismi trasparenti e riconoscimenti e incentivi di natura economica e di carriera a chi fa il proprio dovere.
Chi non lo fa invece, non solo non riceve gli incentivi, ma deve essere soggetto a provvedimenti disciplinari.
Da: Carlo
Quale sarebbe la norma che dà al cittadino la possibilità di intervenire contro il pubblico dipendente che non esegue il proprio dovere?
Che questi sia soggetto in tali casi a sanzioni disciplinari invece è certo, ma questo gioca esattamente in senso contrario, perché lo mette nella quasi totalità dei casi nelle mani dell’unità operativa presso la quale lavora, impedendogli quindi di fatto di servire il cittadino a norma di legge.
Ho fatto per trent’anni il poliziotto e i problemi maggiori non li ho avuti per strada ma in ufficio, quando i capi ti riprendono per aver preso iniziative invece di stare in ufficio a svolgere attività fantozziane. Il problema dei regolamenti eccessivamente complessi (davanti alla farmacia vicino casa mia il comune ha messo un segnale che recita così: “Sosta consentita max 15 minuti per l’acquisto di medicinali urgenti”, e mi sono chiesto cosa un controllore dovrebbe fare per far rispettare tale disposizione) è un problema serio, ma indipendente dal fatto di avere le mani legate nell’affrontarlo e di non soffrire conseguenze nel non affrontarlo.
Norme non chiare servono per permettere a chi sia in grado di pagare avvocati (o a chi ha conoscenze negli organi di controllo) di sfuggire ai limiti imposti da norme del genere.
Da: Laura Strano
Che le richieste dei cittadini vengono nella maggior parte rigettate in base a circolari e ordini di servizio (spesso neanche scritti), e non in base a regolamenti di legge è verissimo.
Ma allora è il dirigente che va punito, dato che solo lui può adottare regolamenti e ..
Ne conosco alcuni che andrebbero licenziati, ma una sospensione o sanzione disciplinare non l’hanno mai ricevuta. Se le sanzioni di cui si parla nell’Idea riguardano anche i dirigenti la voto, perché sono anch’essi dipendenti e hanno il potere discrezionale dalla loro che gli altri dipendenti non hanno.
Se viceversa intende i dipendenti funzionari non dirigenti, non sono d’accordo.
Da: Carlo
Il rifiuto o l’omissione di atti d’ufficio sono reati penali. Affinché il pubblico dipendente possa essere punito attraverso questa norma, va dimostrato (attraverso un processo penale) il suo disegno criminoso.
Non mi pare che l’inefficienza della PA sia dovuta a tali criminali. Se il dipendente non mi fa il certificato perché è scemo, svogliato o obbedisce al capo, non può essere punito.
Anche nel caso che agisse criminosamente, come posso io cittadino dimostrarlo? E se poi viene assolto e mi denuncia per calunnia? Si tratta di una norma utile solo nei casi di gravi e criminose omissioni che provocano un’indagine d’ufficio, non certo d’iniziativa individuale.
Basterebbe invece un semplice reato amministrativo, punibile per colpa, magari con sanzioni graduate alla gravità dell’omissione.
Da: Carlo
I dirigenti sono molto più responsabili ovviamente, ma non vorrei disquisire troppo sullo specifico.
Le qualifiche funzionali dei dipendenti statali, per quanto varie, attribuiscono in genere ai livelli dal 5º in su (l’attribuzione del titolo “funzionario” non è ben regolamentata) capacità di discernimento sull’applicazione delle leggi e l’organizzazione del lavoro.
Normalmente il rapporto con il pubblico avviene a partire da tale livello, quindi la punibilità deve esistere in maniera crescente dal 5º livello (funzionari semplici) a salire, figure professionali che non possono nascondersi dietro la giustificazione “Ho obbedito agli ordini”, in quanto per poter svolgere le loro funzioni devono necessariamente conoscere la legge.
E chi contravviene alla legge per obbedire a un’ordine superiore, è punibile anche con le leggi attuali. Del resto, la punibilità dei soli dirigenti è il giochetto dello scaricabarile che avviene ogni giorno negli uffici italiani.
Il cittadino si trova di fronte al funzionario il quale dice che il documento va firmato dal dirigente (dal quale ha ricevuto l’ordine) che se poi viene accusato di ritardi ha mille scuse per giustificarsi o confondere le acque attribuendo la responsabilità ai suoi collaboratori.
Il cittadino deve parlare a quattr’occhi con il responsabile del procedimento, come avviene normalmente nel resto del mondo.
Da: martire
Ritengo che tutti i dipendenti, senza differenza di grado, debbano essere punibili. Cosa significa limitare la cosa solo ai capi? Spesso loro neanche sanno che il dipendente sta rifiutando di emettere un atto.
E badate bene che chi scrive è un semplice assistente amministrativo. Se è vero che la punibilità del pubblico dipendente in questo momento è limitata, allora si deve agire al riguardo.
Si tratta di un deterrente importante che alla fine renderà tutti i dipendenti responsabili delle proprie azioni e delle proprie decisioni.
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Valorizzazione delle risorse umane e benessere organizzativo
Scuola di PA Certificata per la classe politica
Idea n° 56 - proposta da: Angelo Lorusso
Descrizione
Una scuola di base di pubblica amministrazione per la classe politica, magari differenziata in base ai ruoli (ad ampio spettro per i consiglieri e il sindaco/presidente, più specifica per gli assessori), se dotasse il partecipante di una certificazione con voto, permetterebbe i seguenti miglioramenti:
• miglioramento della coscienza elettorale nell’ambito delle capacità di governance (certificazione con voto);
• apertura del mondo della politica al cittadino, che si trova escluso già a livello formativo se non appartenente ad associazioni forti che lo supportino;
• miglioramento del dinamismo e della creatività della classe politica;
• miglioramento delle sinergie di governance fra classi politica e burocratica.
In ultima analisi, si potrebbero istituire corsi di aggiornamento per chi è già dotato di certificazione.
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Innovazione istituzionale |
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formazione, politica, governance, certificazione, inclusione, partecipazione, voto |
COMMENTI
Da: Piero
Vorrei inoltre ribadire un particolare concetto: se un cittadino vuole fare un lavoro (anche semplice, come l’elettricista) deve essere abilitato; quindi, allo stesso modo, un politico prima di candidarsi dovrebbe dimostrare oggettivamente che dispone delle competenze che gli impongono il ruolo che dovrà assumere.
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LOG del dipendente
Idea n° 15 - proposta da: Carlo.dottone
Descrizione
Ogni dipendente, dal dirigente a scendere, dovrà aggiornare il proprio LOG (diario di bordo) descrivendo, più o meno analiticamente, la propria attività giornaliera.
Questo garantirebbe da un lato la salvaguardia della propria dignità di dipendente della Pubblica Amministrazione, dall’altro una migliore possibilità di valutare ed eventualmente riorganizzare le risorse disponibili in funzione delle necessità.
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Innovazione tecnologica |
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produttività, dipendenti pubblici |
COMMENTI
Da: Marcello Verona
E se fosse pubblicato on line? Se si potesse leggere cosa hanno fatto i dipendenti del comune, di una regione, di un ministero questo mese?
Così si potrebbe rispondere alla domanda “come si guadagna lo stipendio un dipendente pubblico”?
Da: Piero
Mi sembra una buona idea: in molti casi basterebbe organizzare i software utilizzati per tracciare il LOG.
Da: martire
Il diario di bordo, o LOG, dovrebbe essere automatico e non dovrebbe dipendere dall’iniziativa del dipendente.
Se io lavoro produco, se produco ci devono essere metodi di quantificazione del lavoro svolto, e questo dev’essere indipendente dal fatto che io scriva quello che ho fatto.
Ora, per alcune cose è più facile, per altre più difficile trovare un sistema di conteggio, ma se questa cosa è lasciata alla volontà di ognuno, è destinata a fallire. Avremmo da una parte chi si inventerebbe che ha fatto un sacco di cose, e dall’altra chi snobberebbe la questione.
Nel caso non si possa quantificare il lavoro prodotto bisognerebbe pensare a una forma di valutazione tra colleghi che premi chi se lo merita, e che penalizzi chi invece non lo fa.
Da: Danilo Cocco (Dan Sbarba)
Se il lavoro viene organizzato attraverso strumenti che si appoggiano a workflow engine, tracciare le attività diventerebbe una banalità.
A questo punto, potendo disporre di dati open, sarebbe possibile eseguire delle analisi sulle performance e delle comparazioni che vadano ben oltre le valutazioni soggettive (o, peggio ancora, simpatia o antipatia).
Non concordo su una cosa: la valutazione tra colleghi. Prescindendo da indicatori oggettivi, sarebbe troppo legata al rapporto tra le persone. Oltretutto, credo potrebbe esserci qualche problema a causa della probabile incompatibilità di un sistema del genere con i dettami dello Statuto dei Lavoratori.
Da: martire
In realtà il rischio esiste, ma spesso ci sono lavori che difficilmente possono essere quantificati come “prodotto finito”.
Basti pensare, ad esempio, ad un esperto legale che in ufficio legge circolari, norme, le interpreta, trova soluzioni ma alla fine passa ore e ore leggendo, e pensando: in fin dei conti, lavorando. In questo caso, come si fa a quantificare il suo lavoro? In altre situazioni il concetto è senz’altro meglio applicabile.
Da: anna_gi
Il lavoro nella pubblica amministrazione è visibile sull’esterno nel rispetto dei tempi e nell’efficenza del servizio (ti dico esattamente cosa tu privato devi fare per ottenere quello che vuoi e, se è previsto dalla norma, io fornisco il servizio in tempi celeri).
Le persone andrebbero motivate e responsabilizzate rispetto al disegno generale di fornire servizi di qualità al cittadino. Siamo stipendiati per fare bene ma non per fare tanto, nel senso che ancora una volta verrebbe favorito il proliferarsi di procedure (numericamente conteggiabili) piuttosto che la qualità e la diminuzione delle stesse.
Sono scettica rispetto a meccanismi automatici di verifica della qualità. Piuttosto, porrei attenzione al grado di soddisfacimento dell’utente.
Da: martire
In realtà io credo in una cosa mista. Sebbene non tutto sia valutabile quantitativamente, non lo è neanche qualitativamente.
I lavori sono diversi ed il prodotto finale anche, sia esso un servizio o un pezzo di carta. Non credo poi che ci paghino per fare bene e non fare tanto: semmai, ci pagano per fare bene e per fare il giusto.
Sono assolutamente d’accordo con il grado di misurazione della soddisfazione dell’utente, dove possa essere misurato. In quel caso deve essere il metro principale di valutazione.
Da: Piero
Non sono d’accordo quando si dice “ci pagano per fare bene ma non per fare tanto”. A fine mese siamo pagati, per cui è anche importante sapere se il carico di lavoro è congruo oppure sottodimensionato.
L’idea del post è la razionalizzazione dei servizi: se poi questo fa emergere qualche furbetto che non si guadagna come dovrebbe lo stipendio, allo stesso modo emergeranno i dipendenti che effettivamente sgobbano più del dovuto (e ce ne sono).
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Colloquio/test psicologico preliminare all’assunzione di dirigenti
Idea n° 209 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Vorrei suggerire un’idea che contempli una forma di valutazione per i dirigenti, preliminare all’assunzione per valutarne l’idoneità dal punto di vista psicologico, caratteriale e comportamentale.
Se uno strumento del genere sembrasse troppo “forte”, suggerisco almeno di far fare ai futuri dirigenti un corso di psicologia del lavoro, con relativo esame finale.
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Innovazione tecnologica |
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dirigenti, valutazione dirigenti |
COMMENTI
Da: indipertutti
Più che un corso di psicologia del lavoro generico, suggerirei alcune letture approfondite di questo tipo, applicate a situazioni concrete (http://www.innovazionepa.gov.it/media/275287/valut.pdf):
“Gli esempi riguardano sia la valutazione della dirigenza che quella dei quadri e dei non dirigenti.
Le esperienze sono inerenti non solo alla valutazione dei risultati, ma anche a quella delle competenze e prendono in considerazione tutte le possibili applicazioni e finalità della valutazione delle posizioni, delle prestazioni e del potenziale individuale.
Non tutte le esperienze hanno finalità solo di tipo retributivo o di carriera, molte illustrano come
la valutazione si estenda ad utilizzi plurimi, quali ad esempio l’individuazione di fabbisogni di uno o più programmi di formazione, la progettazione e messa a punto di un insieme interconnesso di profili professionali, l’individuazione di criteri di selezione del personale in entrata o in mobilità attraverso la costituzione di un "Modello delle competenze quale
strumento onnicomprensivo per la gestione del personale”.
Da: Laura Strano
Sono d’accordissimo, e aggiungo che in una mia iniziativa avevo addirittura proposto la previsione di uno psicologo nell’organico delle amministrazioni, perché l’esigenza di verificare l’idoneità si pone prima, ma anche dopo l’assunzione quando diventa più difficile richiedere la valutazione dell’idoneità dal punto di vista psicologico, e i danni li pagano i dipendenti.
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Acquisti di beni e servizi
Idea n° 32 - proposta da: mangelaccio
Descrizione
Utilizzare al meglio il personale e le risorse della PA direttamente o indirettamente coinvolte nella presentazione e nel coordinamento delle proposte di progetto europee e fondi strutturali per l’ottimizzazione del tasso di successo che attualmente è a livello minimo, causa una notevole perdita economica in vari settori strategici quali ICT e ambiente rispetto ad altre nazioni europee.
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Innovazione tecnologica |
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project financing, produttività, e-procurement |
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Piattaforma e-learning per dipendenti pubblici
Idea n° 62 - proposta da: martire
Descrizione
La formazione è di fondamentale importanza e si dovrebbe prevedere un modo facile ed economico di permettere ai pubblici dipendenti di seguire dei corsi di questo tipo. Le tecnologie attuali permettono di impostare facilmente corsi virtuali di varia natura. Esattamente come accade per i corsi on line attuali, il dipendente sceglierebbe un corso di approfondimento per materia di competenza per poi dare un esame al computer, da casa sua; a risultato ottenuto, il dipendente potrebbe ottenere un certificato che poi può essere utilizzato per ottenere progressioni economiche e di carriera.
I corsi e gli esami possono essere preparati da esperti nel settore, mentre la piattaforma degli esami può utilizzare i server delle stesse pubbliche amministrazioni che normalmente hanno un buon livello di protezione.
Un esempio di organizzazione? Si crea un gruppo di rappresentanti dei vari ministeri, enti locali, organizzazioni, ecc. Questo gruppo si potrebbe chiamare “Rappresentanti della formazione continua nella PA” e identifica tutti i settori, le leggi e tutto quello che è di competenza dei propri impiegati.
Ad esempio, il Ministero dell’Interno emette annualmente un documento che si chiama “Massimario dello Stato Civile” che contiene molte cose fondamentali sull’argomento. In questo caso, il gruppo ventilato potrebbe creare un test a risposta multipla che fisicamente risieda sullo stesso server della intranet del ministero, oppure su uno dei server della PA ed al quale solo gli impiegati dei comuni, o comunque del settore Stato Civile possano accedervi.
Chi supera il test, ottiene il certificato. Credo si tratti di un sistema semplice, economico ed efficiente di formazione continua.
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Innovazione tecnologica |
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formazione, dipendenti pubblici, e-learning |
COMMENTI
Da: Tommaso Del Lungo
Concordo: una possibile applicazione pratica di questo modo di fare formazione è rappresentata dai webinar, seminari on line che permettono ai dipendenti pubblici di azzerare i costi di trasferte utilizzando il computer dell’ufficio per una o due ore al massimo.
Da: martire
Esatto, e l’e-learning può anche essere fatto da ogni ufficio, da casa, nelle ore di lavoro o nelle ore libere. Se parliamo di formazione, se parliamo di economicità e se vogliamo diventare una PA agile ed al passo con i tempi dobbiamo per forza pensare all’e-learning.
Da: Laura Strano
I webinar sono iniziative interessantissime, ma per seguirne qualcuno ho dovuto chiedere le ferie. Quindi, o si rendono obbligatorie queste situazioni, oppure rischiano di rimanere patrimonio di pochi.
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Cambiare dirigenti
Idea n° 25 - proposta da: edi.54@libero.it
Descrizione
Un cambiamento della PA dovrebbe iniziare dal cambiamento dei dirigenti con la possibilità di espulsione a non conseguimento degli obiettivi e soprattutto non legati alla politica.
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Innovazione organizzativa |
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dirigenza, autonomia, competenza |
COMMENTI
Da: n.andrenacci
Questa proposta dovrebbe essere il punto di partenza di qualsiasi organizzazione vincente e ben strutturata. In Italia, al massimo, possiamo sperare che sia il punto di arrivo.
“Spoliticizzare” la Pubblica Amministrazione, liberarla da comandi incompetenti e interessati sarebbe la via di salvezza.
Tutto il resto sarebbe naturale conseguenza delle leggi esistenti e della volontà di farle rispettare, e non di aggirarle per proprio tornaconto personale.
Da: martire
Più che cambiarli di sana pianta, i dirigenti dovrebbero essere sottoposti a seria valutazione da parte degli stessi impiegati e, se in contatto con il pubblico, dagli stessi cittadini. Se non funzionano, dovrebbero essere rimossi ed assegnati altrove.
Da: Tommaso Del Lungo
L’unico modo per stabilire se un dirigente è competente o no è capire se è riuscito a fare quello che si era ripromesso di fare e se i cittadini sono soddisfatti. Insomma, parte tutto dalla gestione per obiettivi e dalla valutazione.
Da: p.papadia
La formazione dei dirigenti pubblici è spesso solo accademica. Inoltre, la loro carriera spesso matura nell’ente pubblico stesso, dopo lunga preparazione accademica, senza avere alcun contatto con il mondo produttivo e le esperienze di aziendali o commerciali. Quindi, vi è una non consapevolezza delle esigenze dell’utente e delle sue competenze.
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Lavorare per obiettivi
Idea n° 133 - proposta da: salcrino
Descrizione
Il contratto della PA comporta una messa a disposizione del proprio tempo a favore dell’ente di cui si fa parte.
Tale circostanza trascura il fatto che il tempo messo a disposizione potrebbe essere impiegato male o addirittura non impiegato.
Se invece si favorisse un inserimento nei contratti collettivi di forme di lavoro per obiettivi svincolando in parte la prestazione lavorativa dal tempo, si potrebbero incentivare i dipendenti che lavorano in maniera più efficiente (che potrebbero recuperare tempo di vita personale in quanto liberi di andare via una volta fatta la loro quota di lavoro per obiettivi) e disincentivare quelli che non lavorano o lavorano male, in quanto non basterebbe timbrare l’ingresso e l’uscita per ricevere lo stipendio.
Per fare questo è necessario però elaborare strumenti in grado di misurare il carico di lavoro individuale e il raggiungimento degli obiettivi.
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Innovazione organizzativa |
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efficienza, merito, valutazione, performance, dipendenti pubblici |
COMMENTI
Da: luigi
Sono sostanzialmente d’accordo. Come recita l’Idea, “Per fare questo è necessario però elaborare degli strumenti in grado di misurare il carico di lavoro individuale e il raggiungimento degli obiettivi”. Il problema vero è proprio questo: definire gli obiettivi e come. Infatti, se gli obiettivi vengono imposti dall’alto e non sono condivisi diventa difficile gestirli.
Se tu vedi che al tuo collega accanto sono stati assegnati obiettivi più facilmente raggiungibili dei tuoi come reagisci? Se sono concordati, c’è una fase di contrattazione che può dipendere dalla capacità della persona: se tu sei meno bravo del tuo collega accanto nella contrattazione degli obiettivi con il tuo capo rischi di riceverne di più impegnativi dei suoi.
E come misuri il raggiungimento degli obiettivi? In particolare, visto che si suppone di essere in qualche modo in grado di misurarli, come si giustificano eventuali non raggiungimenti degli obiettivi? Sono sempre da considerare una colpa o possono dipendere da altre cause non imputabili alla persona? Possono essere stati stabiliti in maniera non corretta al momento della definizione, oppure possono essere sopraggiunte cause non previste che li hanno resi più difficili? Il problema è che si può anche tentare di stabilire dei criteri di misura, ma rimane sempre una forte componente soggettiva sia nel definirli sia nel valutare le cause di possibili scostamenti.
Quindi, chi valuta deve essere al di sopra di ogni sospetto: io devo essere sicuro che chi decide i miei obiettivi e decide se li ho raggiunti sia una persona seria e corretta.
Può anche sbagliare, ma gli errori sono pochi e statisticamente, nel tempo, tendono ad annullarsi.
I nostri dirigenti danno affidamento su questo? Io purtroppo credo di no. Comunque, concordo completamente sul fatto che questa è la direzione giusta verso la quale tendere.
Da: salcrino
Intanto ringrazio per il commento, che trovo molto utile e circostanziato. Effettivamente, le obiezioni sollevate sono tutte valide.
Credo però che si possano affrontare le difficoltà in diversi modi. In primo luogo, oltre ad assegnare gli obiettivi si può fare una “pesatura” delle attività che questi comportano. In questo modo si può cercare, almeno in linea tendenziale, di attribuire un carico simile a dipendenti con lo stesso livello, cosa che consentirebbe di far emergere l’efficienza.
Ossia, partendo dal fatto che io ed un collega abbiamo un carico di lavoro simile, io potrei utilizzare le mie competenze e la mia motivazione per fare il lavoro in un tempo inferiore, e quindi “guadagnare” il tempo rimanente.
La cosa può essere vista anche da un altro punto di vista. Si possono cioè, invece che livellare, differenziare gli obiettivi di lavoro assegnati e quindi i carichi relativi.
Ci sono infatti persone che sono disposte ad investire di più nel lavoro rispetto ad altre che, altrettanto legittimamente, considerano invece il lavoro come una incombenza da espletare per poi tornare alle altre attività che più appassionano.
In questo caso, ad obiettivi differenziati, andrebbero attribuite anche quote differenziali di retribuzione accessoria in partenza, ferma restando una quota di accessorio da attribuire in base al risultato raggiunto.
È quello che avviene, se ci pensiamo, con gli incarichi dirigenziali, o con le posizioni organizzative previste dai CCNL.
Poi, qualcosa di soggettivo c’è e ci sarà sempre: è difficile dare un valore e un peso completamente oggettivo a obiettivi e alle attività connesse. La soggettività e l’arbitrarietà può essere però ridotta se queste valutazioni vengono effettuate in maniera condivisa e collegiale.
Da: luigi
Non credo che “La soggettività e l’arbitrarietà può essere però ridotta se queste valutazioni vengono effettuate in maniera condivisa e collegiale”. Se si fanno queste valutazioni in maniera condivisa e collegiale, diventa una trattativa fra tanti e prevale la forza contrattuale delle diverse parti in gioco.
A mio giudizio ci deve essere una persona sola che decide e deve essere della direzione del personale, che deve valutare i risultati delle persone.
Gli obiettivi debbono essere concordati perché, se imposti, c’è un minore coinvolgimento, del tipo “Io lo avevo detto che questo obiettivo non era raggiungibile”, e la persona non si impegna a raggiungerli come dovrebbe, perché non li sente suoi.
Però, obiettivi condivisi comportano il rischio che chi è più bravo a contrattare abbia obiettivi più facili da raggiungere rispetto a chi è meno bravo: questo è un rischio che va evitato o ridotto il più possibile.
La valutazione sui risultati deve essere fatta da un esperto del personale che ha opportunamente ascoltato il capo dell’interessato e l’interessato stesso, ed ha sempre seguito la storia professionale dell’interessato e quindi ha elementi sufficienti per giudicare. La componente soggettiva è forte e difficile da eliminare o ridurre.
Per questo è indispensabile che il valutatore sia assolutamente corretto, ed è questo il problema maggiore.
Rispetto all’inciso “In questo caso, ad obiettivi differenziati, andrebbero attribuite anche quote differenziali di retribuzione accessoria in partenza, ferma restando una quota di accessorio da attribuire in base al risultato raggiunto.
È quello che avviene, se ci pensiamo, con gli incarichi dirigenziali, o con le posizioni organizzative previste dai CCNL”, penso che sulla valutazione dei risultati debba dipendere l’avanzamento di carriera e la retribuzione delle persone. Attualmente la valutazione dei dirigenti e dei quadri intermedi prevista per legge è formale e non sostanziale.
Non ho visto nessuno perdere un incarico in seguito ad una valutazione negativa; il problema è che contro una valutazione negativa (e conseguente perdita di incarico) si può fare ricorso sia interno che al giudice, ed è facile perderlo, per cui si preferisce non correre il rischio.
Ma così non si risolve il problema. E’ indispensabile togliere la possibilità di ricorrere al giudice e lasciare solo la possibilità di ricorso interno, ma per fare questo è indispensabile aver fiducia nel valutatore, altrimenti si ha un aumento di arbitrio nel mettere o togliere persone con criteri clientelari e non meritocratici.
In ogni caso, come ho già detto, è la direzione giusta in cui andare, cercando di eliminare o ridurre i possibili inconvenienti.
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Alfabetizzazione informatica certificata per i dipendenti della PA
Idea n° 145 - proposta da: Moroni Giancarlo
Descrizione
Il tempo improduttivo perso per scarsa conoscenza degli strumenti informatici nella sola Pubblica Amministrazione Centrale costa al Paese 280 milioni di euro all’anno. Per riuscire a ridimensionare l’esborso, sarebbe opportuno nell’immediato stanziare investimenti formativi (di minima spesa), come ad esempio il conseguimento della patente informatica ECDL, che porterebbe il dipendente ad accrescere le conoscenze Informatiche (pertanto ridimensionando i costi nella PAC), fornendo così un documento certificato utile per eventuali crediti universitari, richiesto ormai in quasi tutti i concorsi pubblici e privati.
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Innovazione organizzativa |
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ecdl, formazione, alfabetizzazione informatica, dipendenti pubblici |
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[Comunicazione] Riforma urgente della Legge 150/2000
Idea n° 172- proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Con il processo di e-gov e con l’avvento dell’open data, oltre a tutte le altre normative e direttive sulla digitalizzazione della PA è diventata imprescindibile una riforma (ma urgente) della L. 150/2000 e sopratutto del DPR 422/2001 che stabilisce competenze e percorsi formativi per accedere al ruolo di comunicatore, giornalista e portavoce della PA.
È oggi impensabile che una URP venga gestita da personale che non sia preparato con il web, dunque abbia almeno il titolo di web content editor, come il giornalista dell’ufficio stampa non sia un data-journalist, così come il portavoce.
Questo per evitare che i due settori, non “servizi essenziali” ma molto importanti per il cittadino e per una corretta gestione dei principi della trasparenza siano lasciati nell’oblio, dimenticati e forse addirittura tolti dal piano degli obiettivi perché coi tagli fatti dalla L.78/2010 ormai non hanno praticamente nemmeno più soldi da spendere. Rinnovarsi con urgenza, mi chiedo come mai finora nessuna associazione di categoria o ordine abbia chiesto la riforma di questa legge, che va a favore anche della reputazione dei servizi stessi.
I comunicatori non sono tecnici programmatori che controllano il corretto funzionamento di CMS, nemmeno pubblicitari che creano un logo carino per un evento, sono molto di più. E questo deve essere garantito da una legge al passo con i tempi altrimenti, finirà nell’oblio seppure sempre vigente (nessuno l’ha di fatto abrogata).
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comunicazione, urp, rapporto col cittadino, competenza |
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Psicologo per combattere il mobbing motivando i dipendenti
Idea n° 110- proposta da: Laura Strano
Descrizione
Una delle piaghe che impediscono spesso alle PA di rinnovarsi e innovare è la diffusione del mobbing che probabilmente è sottovalutato, ma colpisce spesso innovatori o tutori del rispetto della legalità e crea conflittualità enormi all’interno degli enti.
Non sarebbe bene se in ogni amministrazione venisse assunto uno psicologo specializzato, con il compito di dirimere conflitti interni e raccogliere le denunce di comportamenti o atteggiamenti mobbizzanti per contribuire a risolvere i conflitti interni, eliminando discriminazioni e creando benessere organizzativo? Ovviamente, i rapporti dovrebbero essere pubblici e trasparenti.
Una figura del genere per un compito così importante darebbe un buon contributo. La demotivazione dei dipendenti pubblici provocata da atteggiamenti mobbizzanti contribuisce al declino della produttività.
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Innovazione organizzativa |
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mobbing, benessere organizzativo, psicologo, orgoglio, dipendenti pubblici |
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Censimento delle risorse umane
Idea n° 126- proposta da: angelo lisi
Descrizione
L’idea è quella di un censimento, obbligatorio, svolto attraverso un servizio web esposto dal Ministero della funzione pubblica che consenta di conoscere il grande patrimonio umano disponibile per allocare meglio (senza necessariamente trasferire fisicamente) il personale in relazione ai servizi/prodotti da offrire.
La scheda on line individuale consisterebbe in una parte compilata dal datore di lavoro (ente) e un’altra dal dipendente, da predisporre tenendo conto delle norme sulla privacy. In breve: un funzionario del Comune di Canicattì può lavorare per l’Ente Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi e viceversa, se questo risulta più compatibile con le diverse competenze del singolo.
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Innovazione organizzativa |
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capitale umano, curricula, mobilità, telelavoro, competenza, dipendenti pubblici |
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Migliorare la comunicazione interna ed esterna della Pa
Idea n° 132- proposta da: salcrino
Descrizione
Un problema da affrontare riguarda la responsabilità di ogni pubblico dipendente verso la collettività. In molti hanno completamente perso la consapevolezza di svolgere un lavoro utile alla collettività.
Questo dipende spesso anche dalla storia di ogni singolo dipendente con l’organizzazione di cui fa parte e dal modo in cui è stato trattato.
Credo, tuttavia, che si possa rilanciare e recuperare almeno in parte tale senso di responsabilità migliorando sia la comunicazione interna che quella esterna.
Se si svolgessero riunioni periodiche con tutto il personale volte ad informare sulle cose che si stanno facendo e poi riunioni tematiche anche più ristrette per acquisire il punto di vista del personale su determinati argomenti, forse si riuscirebbe a risvegliare il senso del far parte di un’organizzazione e il relativo coinvolgimento negli obiettivi della stessa.
D’altra parte, se si facessero solo riunioni interne, si potrebbe divenire autoreferenziali, mentre stabilire un contatto anche con l’esterno, ossia con gli stakeholder, aiuterebbe ad avere il loro punto di vista su determinati argomenti e ad essere messi a parte della loro conoscenza prima di vedersi calare addosso delle regole.
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orgoglio, comunicazione, ascolto, dipendenti pubblici |
COMMENTI
Da: Laura Strano
Acquisire il punto di vista del personale, a mio avviso, è un’innovazione organizzativa. Sono d’accordissimo: le riunioni periodiche dovrebbero essere istituzionalizzate, così come è stato fatto con la Conferenza dei Servizi.
La conferenza dei dipendenti dovrebbe essere il passaggio obbligato di una riorganizzazione dei servizi.
Da: indipertutti
Sono testimone di una realtà comunale (Milano) in cui questa esperienza venne fatta (direzione Giupponi alle politiche del lavoro) e lavorammo molto intensamente, sia con interventi formativi di ottimo livello che incontrando stakeholder.
Ma la politica ci fu nemica e fu persino chiuso l’assessorato.
Si trattò, nella fattispecie, di un braccio di ferro fra assessorati; tentammo una conciliazione che mettesse a frutto integrandola l’attività dei due sportelli, ma perse il più debole e non riuscimmo nemmeno ad ottenere un passaggio di documenti e consegne.
Eravamo un gruppo straordinario (anche se in maggior parte precari). I dipendenti sono finiti in altri settori, i precari a casa.
Le relazioni sono servite per giustificare fondi europei ottenuti e sfido il nuovo assessorato ricostituito sotto la Giunta Pisapia a ritrovarne traccia.
Con questo non voglio demoralizzare nessuno, ma evidenziare che bisogna trovare anche meccanismi di difesa del lavoro eseguito e tanto appassionatamente discusso a tavolino da dipendenti onesti e consapevoli dell’utilità del loro lavoro a livello sociale. Quello che successe dopo ha dimostrato che le convenienze politiche passano sopra molti cadaveri.
Da: giorgio.corsini
Sono completante d’accordo anch’io.
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Il dipendente giusto al posto giusto
Idea n° 83- proposta da: Laura Strano
Descrizione
Introdurre l’obbligo della motivazione nelle scelte di assegnazione dei dipendenti ai vari uffici da parte della dirigenza attraverso la valutazione obbligatoria dei curricula dei dipendenti ed anche delle eventuali preferenze.
Nella prassi la motivazione, che dovrebbe essere obbligatoria, è stringata o addirittura inesistente negli ordini di servizio e di certo non si riferisce mai alle competenze possedute.
La valorizzazione delle conoscenze e competenze degli operatori della PA accrescerebbe la motivazione dei dipendenti la cui valutazione dovrebbe avvenire sin dall’assegnazione al servizio.
Anche i curricula dei dipendenti dovrebbero essere pubblicati sul sito web della PA nella massima trasparenza.
Rotazione e flessibilità sono importantissime perché nessuno è indispensabile, e tutti devono all’occorrenza saper fare altro per venire incontro alle esigenze dell’utenza.
E nessuno dovrebbe permanere per anni sempre nello stesso ufficio, ma in un momento in cui le risorse dedicate alla formazione sono pressoché nulle, sprecare le risorse umane non è ammissibile.
Spesso accade poi che questi concetti - rotazione, flessibilità nelle mansioni - vengano utilizzati solo per giustificare pretestuosamente provvedimenti di trasferimento in altri settori o uffici, adottati nei confronti di dipendenti “fastidiosi” o “scomodi” che operano in settori delicati e nevralgici per il buon funzionamento della PA, richiamandosi ai principi dell’etica e della legalità.
Rendere obbligatoria la comparazione dei curricula delle risorse umane da parte del dirigente renderebbe più difficile l’adozione di questi provvedimenti punitivi e mobbizzanti.
Inoltre, avviene spesso che il trasferimento in uffici dove si lavora di più e meglio venga pilotato a favore di coloro che devono essere premiati, e operatori preparati e competenti ma sgraditi vengano spostati in servizi dove si lavora poco per giustificare e precostituire valutazioni negative.
La comparazione dei curricula per l’assegnazione agli uffici, peraltro facilmente attuabile, realizzerebbe a mio avviso in parte il concetto di meritocrazia.
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Innovazione organizzativa |
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formazione, trasparenza, curricula, motivazione, valutazione, capitale umano, dipendenti pubblici |
COMMENTI
Da: indipertutti
Bilancio di competenze, quindi, obbligatorio nella PA come - se non ricordo male - avviene in Francia in virtù di una legge che favorisce il miglioramento continuo. Si può fare un mini-bilancio in dieci ore.
A quel punto vengono fuori interessi, aspirazioni, da mettere in comune. Se vi sono buone potenzialità si avvia a formazione, ma in modo condiviso fra colleghi, altrimenti subentrano le gelosie che la fanno da padrone.
Da: Laura Strano
Se il dirigente valorizzasse il dipendente e lo accontentasse questo sarebbe più motivato e potrebbe esprimere un giudizio positivo su uno dei vari aspetti che dovrebbe riguardare la valutazione del dirigente.
Penso che il sistema di valutazione della dirigenza debba essere cambiato, ma la valutazione non può essere lasciata solo a dipendenti e cittadini. L’idea di un nucleo indipendente di valutazione poteva essere giusta, ma nella realtà non funziona perché senza controlli l’indipendenza non è garantita.
Esempio concreto e reale: nucleo non conforme ai dettami previsti per gli OIV. Il cittadino o dipendente che ne è a conoscenza o anche il sindacato che strumenti ha? A chi lo segnala? Le modalità per le segnalazioni devono essere semplici e a portata di tutti, e in seguito a breve istruttoria l’organo deputato irroga una bella sanzione amministrativa con diffida a revocare.
Da: p.papadia
Bisogna ricordare che il personale è inquadrato in una categoria giuridica correlata alla quale vi sono delle mansioni tipo da svolgere.
Peraltro, vi sono anche i profili professionali che descrivono le competenze specifiche che deve avere il lavoratore.
La valutazione attiene alla verifica dell’avvenuta esecuzione del programma/progetto/compiti assegnati/ performance adottati annualmente dall’amministrazione.
Il concetto generico di valutazione non rapportato alle norme contrattuali e di legge dettate per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni porta fuori pista.
Da: Membro della Comunità
Nella nostra amministrazione vengono pubblicati solo i curricula di chi ricopre specifiche funzioni, e non so nemmeno se questi siano mai stati valutati in termini di competenze.
Pubblicando il curriculum di tutti forse si evidenzierebbe anche che spesso le competenze di chi è responsabile di servizi non sono adeguate e che forse le scelte organizzative non sono dettate (almeno esclusivamente) da criteri di efficienza ed efficacia.
Alla pubblicazione dovrebbe naturalmente seguire una seria valutazione, ed un confronto tra le competenze richieste e quelle evidenziate.
Da: Maria Paola Vannucchi
Ottimo, le persone giuste al posto giusto, anche se ho l’impressione, almeno sulla base della mia esperienza, che si sia ancora molto lontani da un’impostazione di questo genere.
Purtroppo le amministrazioni non fanno scegliere il personale ai dirigenti, specialmente quando il dirigente del personale fa ciò che gli dice l’amministrazione e la direzione senza tener conto delle richieste dei colleghi.
Addirittura, non si tiene conto nemmeno delle categorie. E dove c’era una C ti danno una B o anche una D.
Spero ovviamente che ci siano anche amministrazioni che si comportano diversamente.
Da: asasas
Sarebbe indispensabile effettuare sempre prima delle ricognizioni interne (valutando eventuali dipendenti interni interessati ad una posizione) per la copertura di posizioni che vengono messe a bando esterno, come ad esempio i contratti di alta specializzazione.
Da: Membro della Comunità
Chi ha la fortuna di occupare un lavoro pubblico sicuro ha il dovere di porsi sempre propositivo ed aperto ad ogni adattamento organizzativo, per cui deve cessare la consuetudine che si possa scegliere il lavoro che più gli piace con l’accondiscendenza del dirigente.
Oggi che la situazione è drammatica questo non può essere in alcun modo neanche immaginabile: ogni impiegato pubblico deve contribuire al massimo del proprio impegno a dover affrontare ogni emergenza nell’interesse delle istituzioni, anche con sacrifici personali perché un domani potrà dire di aver contribuito al bene della collettività.
Da: Laura Strano
Io penso che bisogna valorizzare al massimo le competenze. Faccio un esempio: se io ho studiato contabilità pubblica e sono in possesso di specializzazioni attinenti alla materia del bilancio, e un altro è laureato in architettura, chi dei due è più funzionale a predisporre un bilancio: io o tu? Nell’Amministrazione in cui presto servizio a dirigere il settore contabile è un architetto. O vogliamo affermare che tutti possono fare tutto?
Perché se è così, io che ho studiato diritto amministrativo adesso vorrei poter andare a progettare un edificio.
Scegliere il lavoro che piace poi, se è possibile ovviamente, non è un favore che ti fanno, ma spesso può essere funzionale all’efficienza del servizio, perché se voglio punire un dipendente lo trasferisco in un servizio che non gli piace e si può stare sicuri che il suo rendimento nel servizio diminuisce.
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Scambi o prestiti di funzionari tra le PA
Idea n° 109- proposta da: Laura Strano
Descrizione
Istituzionalizzare gli scambi tra funzionari di amministrazioni. Lo scambio di esperienze tra amministrazioni diverse può essere molto utile e contribuire alla diffusione di buone pratiche. Nell’ambito della stessa città il costo sarebbe zero.
Le amministrazioni potrebbero, nei settori/servizi più carenti, divulgare avvisi pubblici per chiedere, anche per brevi periodi, collaborazioni gratuite di altri funzionari da valutare con curriculum.
In cambio o in prestito per altri settori/servizi offrirebbero propri funzionari volontari, sempre da valutare con curriculum.
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Innovazione organizzativa |
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flessibilità, scambi, formazione, comunicazione, capitale umano, curricula, competenza, mobilità, dipendenti pubblici |
COMMENTI
Da: martire
L’idea mi trova d’accordissimo. Vedere come lavorano gli altri è sicuramente qualcosa che può migliorare la propria competenza professionale e far nascere nuove idee.
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Premialità legata all’efficienza
Idea n° 112- proposta da: Piero
Descrizione
I criteri che vorrei fossero applicati per migliorare l’efficienza della PA sono:
1. Per i dirigenti delle pubbliche amministrazioni, la componente della retribuzione legata al risultato deve essere fissata in una misura non inferiore al 30% della retribuzione complessiva.
2. In mancanza di una valutazione corrispondente agli indirizzi, ai requisiti e ai criteri di credibilità definiti dall’autorità, è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di corrispondere ai propri dirigenti la componente della retribuzione legata al risultato; il dirigente che contravvenga al divieto per dolo o colpa grave risponde per il maggior onere conseguente.
3. È fatto divieto di corrispondere al dirigente il trattamento economico accessorio nel caso in cui risulti che egli, senza adeguata giustificazione, non abbia avviato il procedimento disciplinare nei confronti di dipendenti inefficienti.
4. È fatto divieto di attribuire aumenti retributivi di qualsiasi genere ai dipendenti di uffici o strutture che siano stati individuati: in esubero di personale, per grave inefficienza, improduttività, o sovradimensionamento dell’organico.
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Innovazione organizzativa |
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efficienza, premialità, dirigenza |
COMMENTI
Da: Giovanni_Coletta
Già, ma come si raggiungono i risultati? Chi lo decide, e in base a quali parametri?
Da: Piero
Direi che ogni dirigente ha delle funzioni, sulla base di ogni attività che coordina ci saranno dei dati storici, in termini di costi o di risultati. A questo punto è necessario definire dei parametri migliorativi, eventualmente comparandoli con i risultati di altri enti simili, maggiormente performanti.
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Telelavoro
Idea n° 113- proposta da: pieropolinari
Descrizione
Con la tecnologia in atto è possibile far lavorare i pubblici dipendenti direttamente da casa. Si risparmierebbe in termini di affitto ed energia elettrica negli immobili e in sprechi di carburante e tempo per arrivare sul posto di lavoro.
Inoltre, ne conseguirebbe un maggior controllo del territorio, vista la maggiore presenza dei cittadini nel luogo di residenza. Sarebbe una riforma a costo zero, invece con notevole risparmio per la PA.
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Innovazione organizzativa |
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efficienza, telelavoro, dipendenti pubblici |
COMMENTI
Da: martire
Senza dubbio il telelavoro è ormai applicabile in diversi settori. Ma chi se ne occupa? Chissà dove sono i responsabili per crearlo. Certo, il telelavoro non è applicabile in ogni caso, ed è vero che tanti di noi preferiscono andare in ufficio, ma per altri rappresenta una reale alternativa.
Siamo in tanti a voler innovare, e chissà se ci riusciremo, rendendo finalmente la nostra PA più efficiente, più economica e magari a farla diventare un esempio per l’Europa.
Da: Carlo
Il telelavoro non è mai stato vietato, e se non viene applicato in buona parte è per il boicottaggio di molti dirigenti, che amano vedersi contornati e ossequiati dalla corte dei dipendenti.
Da: asasas
Io sono da pochissimo impegnato nel telelavoro, e vorrei evidenziare che spesso sono i dipendenti a non osare chiedere ai dirigenti l’autorizzazione a svolgerlo.
Le resistenze da parte di alcuni ci sono ma non sempre, e i lavori telelavorabili sono molti di più di quello che si possa pensare. E l’efficienza aumenta!
Da: Membro della Comunità
Credo che il telelavoro sia un’alternativa valida, ma solo se effettuato in modo serio. Soprattutto, non deve essere solo un modo per non presentarsi al lavoro, e quindi chi lo svolge dovrebbe avere obiettivi ben precisi da raggiungere.
Il telelavoro non può ricadere sui colleghi, che devono avere pari opportunità di telelavorare.
Infine, non credo che i parametri sui quali basarsi per autorizzarlo debbano essere esclusivamente necessità di accudire figli o persone con problemi: penso che il telelavoro potrebbe diventare un modus operandi nel caso di determinati progetti ed attività.
Da: giuseppe mele
Il telelavoro comporta miglioramento di vita e risparmi miliardari per la PA. È necessario individuare chi nella politica e nella direzione amministrativa è fattivamente d’accordo per una sua applicazione immediata.
Da: emanuele.buchicchio
In molte aziende lavorare in mobilità è ormai pratica consolidata: chi lavora presso i clienti o in sedi periferiche accede alle risorse condivise sulla rete locale tramite VPN ed utilizza e-mail e sistemi di messaggistica e audio/video-conferenza per interagire con gli altri membri del team.
Il telelavoro è applicabile a molte mansioni d’ufficio, senza per questo perdere in termini di efficienza, e può essere un aiuto in molte situazioni.
L’utilizzo sistematico del telelavoro richiede però un sistema per misurare la quantità di lavoro effettivamente svolto ed i risultati raggiunti, altrimenti si rischia di creare uno strumento di facile uso per i furbi.
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Un’idea simile è stata proposta anche da un altro utente
Il telelavoro nella Pubblica Amministrazione
Idea n° 10 - proposta da: Michela
Descrizione
Quali sono i fattori che ostacolano un’adozione diffusa del telelavoro all’interno delle amministrazioni? Oggi la tecnologia consentirebbe di applicarlo su larga scala.
È una scelta che favorisce la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e risponde alle esigenze di flessibilità, semplificazione, decentramento, razionalizzazione, ottimizzazione delle risorse. Riduce le esigenze di spostamento e, quindi, il traffico e l’inquinamento. Forse sarebbe utile confrontare e analizzare le esperienze finora realizzate per capire i reali effetti del telelavoro sulla qualità delle prestazioni e sul clima organizzativo, oltre che per stimare i risparmi ottenibili attraverso la sua implementazione.
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Innovazione organizzativa |
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telelavoro, lavoro, pari opportunità, dipendenti pubblici |
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Cooperazione attiva fra PA e cittadini
Idea n° 166 - proposta da: antonio.f
Descrizione
L’idea è basata sulla cooperazione PA-Cittadini. In questo momento storico sono molti (purtroppo) i cittadini che a causa della crisi economica hanno perso il lavoro.
Molti di questi hanno competenze in vari settori come l’ICT, il Marketing, Editoria/Stampa, Call Center, Istruzione, etc. avendo la crisi colpito trasversalmente il mercato. Si potrebbe definire un “rapporto di collaborazione” per un tempo determinato (es. orario verticale, orizzontale, in determinati periodi di picco delle attività, per specifici progetti, ecc.) tra PA e Cittadini. I cittadini “volontari” disposti ad operare potrebbero avere in cambio dei “Crediti da Collaboratore PA”, da considerarsi ad esempio come:
• contributi previdenziali figurativi;
• ore di credito da scontare su tasse o da detrarre dai redditi;
• tasse universitarie;
• ecc.
La PA, da parte sua, potrebbe utilizzare competenze presenti sul mercato a costo “near-zero”, far crescere la professionalità dei propri addetti attraverso il confronto con persone provenienti tipicamente dal settore privato.
Avvicinare il cittadino alla PA ed aiutarlo nella fase di difficoltà contingente (anche sotto il profilo psicologico).
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Innovazione organizzativa |
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disoccupazione, competenza, capitale umano |
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Ri-cominciamo dai fondamentali
Idea n° 59 - proposta da: alco.studio
Descrizione
Esperienze in ambito sportivo ed in ambito formativo mi spingono a riflettere e suggerire una strategia che normalmente viene sottovalutata perché si pensa che, se produce risultati li produce nel lungo periodo, così continuiamo a sforzarci di costruire case, palazzi e grattacieli senza pensare a bonificare il terreno e gettare adeguate fondamenta.
Nello specifico, concordo pienamente con il presidente di FORUM PA Carlo Mochi Sismondi quando in un suo editoriale ha scritto di sperare che “dal basso, dagli stessi dipendenti pubblici così maltrattati da cattiva stampa e da cattiva politica (e a volte da dirigenti inetti e da un sindacato conservatore), possa nascere un moto d’orgoglio e una reazione positiva e propositiva”.
Infatti la mia proposta parte proprio dalla base dei dipendenti pubblici. Diversi anni or sono, ho avuto modo di sperimentare un percorso formativo da me progettato, all’interno di un comune con oltre sessanta dipendenti (solo i dirigenti, anche se da nessuno esonerati non parteciparono).
Tale formazione aveva l’obiettivo di realizzare un allineamento tra l’evoluzione normativa che già da diversi anni aveva preso avvio (Cassese, Bassanini…) e la mentalità ed il comportamento dei dipendenti comunali. Quindi obiettivi primari furono quelli di:
• capire dove si era (in relazione a simili istituzioni straniere);
• condividere gli obiettivi e le strategie organizzative;
• motivare al cambiamento;
• condividere la cultura e la filosofia dell’organizzazione.
I cardini di tale percorso possono essere così sintetizzati:
• definizione della mission dell’Ente (autoprodotta e condivisa);
• riflessione sul funzionamento e fruizione dei servizi pubblici e quelli privati;
• apprendimento degli elementi di base del marketing dei servizi e della customer satisfaction;
• messa a fuoco del concetto di servizio pubblico in un’ottica di qualità (TQM);
• approfondimento delle nuove norme legislative e comprensione della logica sistemica sottostante;
• conoscenza degli elementi base della comunicazione ed ottimizzazione dei processi di comunicazione interna come strumento di miglioramento;
• funzionamento e utilità dei sistemi informativi e dell’e-government.
In conclusione ritengo che, soprattutto quando ci troviamo di fronte a “chi non vuole cambiare nulla, si oppone a qualsiasi innovazione organizzativa o tecnologica e anzi, sognando l’età dell’oro della PA forte, vuole tornare a tempi che nessuno rimpiange: ai piccoli o grandi poteri della burocrazia, alla dittatura del documento (rigorosamente di carta), a un’amministrazione dirigistica, centralizzata e autoreferenziale sorretta da un diritto amministrativo sempre dalla sua parte”(lo ha detto sempre Carlo Mochi Sismondi), si debba procedere per gradi, senza salti né logici né intellettuali, né tantomeno dettati dalla fretta; perché solo quando ‘ogni persona comincia a pensare riesce a dare buoni frutti’ (Taiichi Ohno )‘.
Per dovere di cronaca ed esempio chiarificatore, riporto uno dei risultati migliori raggiunti nel percorso (pur non essendo stato inserito tra gli obiettivi, perché sottovalutato…).
Molti tra i partecipanti che iniziarono addossandosi colpe reciproche di inefficienza, scoprirono le motivazioni più profonde che determinavano certi comportamenti/richieste ed avviarono, seduta stante, un processo di collaborazione operativa finalizzato a migliorare, intanto i processi interni.
Questa ritengo sia la dimostrazione più chiara di come spesso i problemi siano molto più semplici di quello che appare, ma il fatto che siano gestiti in maniera teorica o da chi non riesce a calarsi nella quotidiana operatività degli uffici porta solo a creare quei paradossi che già vive la nostra scuola: di tentare di trasferire nozioni in ‘recipienti’ non pronti, predisposti ed idonei ad acquisirle.
Replicando nella metodologia tutti i malanni che si vorrebbe curare…Ecco perché, credo che sia necessario ri-cominciare dai fondamentali.
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Innovazione organizzativa |
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formazione, comunicazione, customer satisfaction, crescita culturale, orgoglio, capitale umano, dipendenti pubblici |
COMMENTI
Da: martire
L’idea proposta si riferisce fondamentalmente alla formazione e all’analisi dei processi, in vista di migliorare i meccanismi interni ed il servizio offerto.
Sono completamente d’accordo, ma la formazione è già prevista, il problema è che non si vede.
Mi sembra che le buoni intenzioni spesso ci siano, ma non si riesce a farle diventare realtà, se non in piccoli compartimenti.
Forse una innovazione consisterebbe nel proporre un modo nuovo di fare formazione, che non abbia troppi paletti legali da superare, che non sia costosa, e soprattutto che sia valida.
Da: alco.studio
Ringrazio per l’opportunità di fornire qualche ulteriore elemento sull’idea che ho proposto.
Una chiave per fare formazione efficace fu proprio quella di ‘aggirare’ i troppi paletti legali/normativo-burocratici, utilizzando ciò che è già nel diritto dei dipendenti comunali, cioè quell’1% della spesa complessiva del personale che gli enti locali debbono annualmente accantonare in bilancio per la formazione dei dipendenti.
Nonostante ciò, al termine della prima fase, altre ‘priorità’ non consentirono il proseguimento del percorso.
Così, la formazione, o quello che ne restava, tornò ad essere svolta seguendo le normali linee direttrici utilizzate: occasionalità, disorganicità, formali e apparenti convenienze economiche (fornitori che offrono formazione ‘gratuita’, progetti finanziati dove reperire spiccioli per docenti interni ecc.).
La verità è che gli amministratori, per primi, dovrebbero partecipare a percorsi formativi di ‘Governo della cosa pubblica’, formazione obbligatoria con valutazione finale. Su questo punto sarebbe interessante leggere proposte operative realmente percorribili nella nostra realtà.
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Intercomunic@
Idea n° 85 - proposta da: siaas7
Descrizione
Il Dipartimento per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione ha emanato sin dal 1997 direttive per i sistemi di telefonia nelle pubbliche amministrazioni, richiamando la necessità dell’introduzione di sistemi innovativi per la fonia nella PA atti a garantire da una parte il contenimento dei costi e dall’altra la necessità di “azienda allargata”.
La nostra Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro svolge un servizio di pubblica utilità tutelando lo stato di salute della popolazione assistita su un territorio composto da ottanta comuni ed orograficamente svantaggiato e per questo ha la necessità di garantire la continuità e la celerità del percorso assistenziale garantendo l’interoperabilità degli operatori sanitari attraverso una rapida interconnessione di fonia mobile-fissa.
Il nostro progetto d’intercomunicazione allargata ha privilegiato soprattutto le donne che, attraverso il sistema diffusivo delle comunicazioni mobili, hanno facilità a colloquiare e risolvere le varie problematiche non spostandosi dal posto di lavoro o lavorando a casa.
Questo ha permesso di velocizzare alcuni adempimenti grazie alla facilità di essere raggiunte dagli stakeholder esterni.
L’obiettivo principale è stato quello di garantire soprattutto alle dipendenti donne la possibilità di comunicare con l’azienda e con l’esterno attraverso la telefonia mobile. Il nostro regolamento, approvato con apposita delibera nel 2005, prevedeva di raggiungere il target di diffusione delle sim alle dipendenti con una copertura di almeno il 75%. Altro importante obiettivo era quello di risparmiare l’efficienza produttiva di almeno il 48% calcolandola dai costi del personale. In termini economici questo corrisponde a circa 134.000 euro annui.
L’evoluzione e introduzione delle nuove tecnologie di comunicazione ha fatto sì che le dipendenti si possano tenere in contatto con la famiglia grazie alle sim che sono state abilitate attraverso codici di fatturazione separata alle chiamate personali.
Il miglioramento degli scambi dei dati attraverso il collegamento sim/web che le dipendenti possono effettuare da casa e la trasformazione degli attuali programmi di gestione informatica utilizzati in azienda in web-oriented garantiranno al dipendente di continuare a lavorare con un ulteriore risparmio dell’8% sull’efficienza ed una migliore comunicazione scambio di dati ICT.
La rete di sim aziendali che collega il mondo lavorativo con quello di casa ha effettivamente raggiunto e superato le aspettative iniziali. Le dipendenti, dirigenti o funzionarie, non possono staccarsi o fare a meno di dialogare con l’azienda anche quando sono fuori da questa.
Il nostro principale obiettivo era quello di evitare il “cut off” tra la sede degli affetti e quella del lavoro.
Volevamo gettare un ponte tra queste due realtà permettendo alla lavoratrice madre una migliore flessibilità ed organizzazione del lavoro.
La conferma di questo è data dall’attuale copertura delle sim consegnate alle dipendenti che sfiora quota 90%. L’obiettivo del miglioramento dell’efficienza è stato raggiunto e superato: attualmente i risparmi calcolati derivanti dall’utilizzo massivo del progetto INTERCOMUNIC@, sono attestati in circa 157.000 euro, cifra alla quale vanno aggiunti ulteriori 23.000 euro di risparmio utilizzando le sim aziendali per lo scambio dati wap/internet che la nostra dipendente utilizza da casa.
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Innovazione tecnologica |
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dipendenti pubblici, efficienza |
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Stage formativi presso aziende private
Idea n° 116 - proposta da: p.papadia
Descrizione
L’aggiornamento e la formazione possono essere svolti, senza costi per la PA, con l’inserimento in aziende di produzione di servizi private.
L’esperienza, che può avere la durata anche di un giorno, consentirebbe un cambiamento di mentalità del lavoratore utile alla PA.
Non credo sia necessario dilungarsi nell’illustrare gli effetti ed i vantaggi di una previsione normativa del genere, tanto l’organizzazione è semplice.
Si possono stipulare apposite convenzioni con ditte di ogni genere e il lavoratore potrà essere adibito ad omologhi compiti e mansioni.
Per esempio, alla gestione del personale o alla contabilità se lavora in ragioneria, o alle gare e ai contratti se lavora in uffici simili.
L’esperienza quindi consente di capire il rapporto diretto che deve esserci fra ore lavoro e produzione. Inoltre, i dipendenti della PA, per mancanza di esperienza in realtà “produttive”, capirebbero meglio gli effetti sulla realtà economica degli amministrati nelle scelte burocratiche degli operatori della PA stessa.
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Innovazione organizzativa |
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formazione, competenza, dipendenti pubblici |
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Open Government
PA a Scuola
Idea n° 161 - proposta da: antonio.f
Descrizione
L’idea è quella di definire un programma “formativo” da effettuarsi presso le scuole (ad esempio, quella secondaria di primo grado) per avvicinare i ragazzi al mondo della PA. Tutto ciò potrebbe essere effettuato con personale docente della PA stessa proveniente dai vari settori interessati (Previdenza, Regione, Provincia, Comune, ecc.) dedicando 1-2 ore a settimana per volontario.
I programmi potrebbero essere sviluppati con l’ausilio del Ministero dell’Istruzione ed inseriti all’interno dell’orario di materie come Italiano e/o Educazione Civica.
L’obiettivo è quello di fornire ai ragazzi informazioni in merito ad un mondo a loro sconosciuto, renderli partecipi della “cosa pubblica” vista molto spesso come un oggetto misterioso.
Allo stesso tempo, i docenti, avranno modo di confrontarsi con le nuove generazioni e soprattutto con i cosiddetti “nativi digitali” in grado sicuramente di fornire idee e spunti di interesse per il mondo PA.
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Innovazione istituzionale |
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formazione, scuola, educazione civica |
COMMENTI
Da: martire
Interessante. Aggiungerei che a scuola si inserisca una materia che si chiami “educazione statale” e sia un vero e proprio “stage obbligatorio” per gli alunni di un determinato anno che debbano passare qualche ora ogni settimana in un ufficio Comunale.
Questo favorirebbe un confronto PA – giovani, che potrebbe portare a sviluppi davvero innovativi.
Da: p.papadia
Oltre ad essere d’accordo con chi la propone, mi congratulo per l’idea geniale.
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Insegnare civic hacking nelle città e nelle scuole
Idea n° 13 - proposta da: claudio.forghieri
Descrizione
Finanziare un programma di laboratori dedicati a cittadini e scuole, con l’obiettivo di insegnare a utilizzare i dati pubblici resi disponibili dalle amministrazioni sotto forma di open data per costruire applicazioni utili ai cittadini stessi.
Questo perché il civic hacking dovrebbe diventare una materia scolastica in alcune scuole. Numerose amministrazioni italiane, anche grazie ad alcuni stimoli contenuti nel Codice dell’Amministrazione Digitale, stanno iniziando a liberare i dati pubblici in formati aperti che possono essere utilizzati direttamente da cittadini, associazioni e aziende per creare valore pubblico.
Alcune esperienze sono già molto avanzate. Questa attenzione istituzionale e normativa per gli open data non è ancora affiancata da una sufficiente capacità di utilizzo da parte dei cittadini e delle associazioni.
Occorre far capire che si tratta di un’opportunità importante per l’evoluzione del modo di governare il Paese e per restituire il controllo dell’operato delle amministrazioni nelle mani dei cittadini. Servono quindi competenze adeguate e una nuova sensibilità civica.
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Innovazione tecnologica |
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open data, open government, civic hacking, trasparenza,formazione, scuola, dati pubblici |
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Luci ed ombre del Digital Divide
Idea n° 31 - proposta da: atromita
Descrizione
Il Digital Divide fisico, inteso come possibilità di connessione, si attesta, secondo le statistiche anche comunitarie, a una percentuale d’uso inferiore al 10%. Quello culturale, inteso come capacità di usare la rete, è più elevato: solo un 20% della popolazione usa la rete costantemente. Diamo quindi spazio e visibilità a tutte le iniziative, spesso onlus, che introducono e facilitano la conoscenza della rete e l’uso di Internet.
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Innovazione tecnologica |
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digital divide, rete, alfabetizzazione informatica |
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Mia PA 3.0
Idea n° 63 - proposta da: alessandropalestini
Descrizione
Con il lancio dell’applicazione per smartphone Mia PA la pubblica amministrazione Italiana ha avviato un percorso evoluto di relazione con gli utenti consentendo di creare una community di opinioni sulla PA centrale e locale. L’idea consiste nell’utilizzare un motore semantico in grado di analizzare i commenti e comprendere il loro significa attraverso strumenti di opinion mining restituendo una reportistica avanzata sulla customer satisfaction dei cittadini per il top management della PA. Come funziona: il cittadino utilizza Mia PA e lascia un commento nell’ufficio della pubblica amministrazione in cui è stato. L’attuale applicazione Mia PA raccoglierà i commenti ed invierà i dati al motore semantico che analizzerà i commenti e li classificherà per categorie di attinenza (cortesia del personale, qualità del servizio, tempi di attesa...) in modo da rendere fruibile questo quadro degli uffici della PA al top management. Ad esempio, potrà usufruire delle viste della customer satisfaction per area geografica o tipologia di lamentela
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Innovazione tecnologica |
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mia pa, motore semantico, mobile web, customer satisfaction, social media, open data, open government |
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La PA di prossimità
Idea n° 205 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Uno dei problemi più significativi per il cittadino è la comunicazione e relazione con la PA. Spesso la distanza è notevole, i servizi lenti e le procedure di accesso elefantiache. Ogni cittadino desidererebbe interagire con una PA in ascolto e disposta ad “occuparsi” di lui.
L’idea è quella di creare sportelli telematici di prossimità ai quali il cittadino possa rivolgersi in ogni PA e che, grazie alla presenza di un tutor formato ad hoc, possa raccogliere le esigenze dei cittadini e trasformarle in servizi e risposte concrete.
Ogni cittadino potrà contare su un tutor con cui concorderà tempi e modalità per ottenere risposte ai propri quesiti.
Inoltre, all’interno dello sportello virtuale, ogni cittadino che abbia avviato una “relazione” con la PA avrà la possibilità di consultare il proprio “storico” e di porre nuovi quesiti. Il tutor saprà guidarlo nella scelta degli interlocutori e nella valutazione delle esigenze. Il cittadino troverà nel suo “spazio virtuale” risposte adeguate, ma potrà visionare anche leggi, decreti e scaricare la modulistica relativa alle questioni poste.
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Innovazione tecnologica |
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urp, sportello, cittadinanza digitale, partecipazione, servizi al cittadino |
COMMENTI
da: Membro della Comunità
Quando la PA si mette in ascolto!
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Ascoltare i cittadini
Idea n° 28 - proposta da: gidivit.centr
Descrizione
Le idee dei cittadini per migliorare la PA sono preziose, ma non trovano ascolto. Si deve istituire, presso ciascuna amministrazione grande o piccola, centrale o periferica, un ufficio o funzione apposita con un responsabile identificato, per ricevere le proposte e i suggerimenti dei cittadini.
L’ufficio deve essere dotato di e-mail dedicata, fax, telefono con segreteria automatica e indirizzo postale, in modo che qualunque cittadino possa entrare in contatto nel modo a lui più congeniale.
Le proposte e i suggerimenti sono cosa diversa dai reclami e si possono raggruppare in macro-categorie:
• risparmio economico;
• riduzione dei tempi di svolgimento;
• snellimento delle procedure;
• facilitazione di accesso degli utenti;
• miglioramento della qualità del servizio erogato.
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Innovazione organizzativa |
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ascolto |
COMMENTI
da: martire
L’innovazione è materia di tutti. Più paletti, più limiti alla diffusione di idee, più regole di controllo ci sono e meno idee verranno fuori.
Ci vuole una struttura organizzativa che permetta a chiunque abbia una idea, indipendentemente dal fatto che sia un impiegato o un utente, ed indipendentemente dal titolo di studio o dal ruolo nell’organizzazione, di farla arrivare a chi possa analizzare ed eventualmente sviluppare il concetto.
La mia proposta è quella di creare una figura, che esattamente come l’esperto delle legge sulla sicurezza del lavoro, o come un rappresentante sindacale, si occupi di proporre idee nuove o di raccogliere e veicolare (senza decidere lui da solo) le idee dei colleghi e degli utenti che si rivolgono alla propria organizzazione.
Una figura che si possa dedicare a queste questioni qualche ora al mese, nell’orario di lavoro, e intercambiare idee, opinioni e lavorare su proposte di semplificazione e di riorganizzazione, con lo scopo di rendere l’azione amministrativa più efficiente, economica, efficace. È una figura che dovrebbe essere presente in ogni comune, in ogni ufficio Inps, in ogni motorizzazione, in ogni ufficio periferico, in ogni rappresentanza, in ogni ufficio amministrativo dove si possa innovare.
Sarebbe eletto dai propri colleghi, e per accedere al ruolo non ci sarebbero requisiti di sorta, o richieste di titolo o grado. Può essere anche nominato da chi è già nominato in quel ruolo. Per essere eletti basta sentirsi innovatori e formulare proposte concrete di innovazione.
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Urp della PA su facebook
Idea n° 93 - proposta da: Laura Strano
Descrizione
Funzionari della PA volontari che a turno rispondono sul sito facebook della PA che dovrebbe essere obbligatorio, alle istanze dei cittadini.
Vantaggi per l’utente:
• può formulare istanze anche in orari di chiusura al pubblico, evitando lo strazio delle file subite spesso anche per banali informazioni;
• può scorrere i post e trovare già risposte in istanze similari;
• può riscontrare trasparenza nelle risposte anche mediante la pubblicazione di faq;
• può contribuire al miglioramento dei servizi formulando proposte, reclami, esprimere valutazioni.
Vantaggi per la PA:
• riduzione del traffico allo sportello;
• promozione dei propri servizi;
• utilizzo dei post come supporto alla valutazione dei servizi;
• aumento della fiducia dei cittadini per la trasparenza nelle risposte.
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Innovazione organizzativa |
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trasparenza, socialnetwork, valutazione, urp, facebook, social media, comunicazione, rapporto col cittadino |
COMMENTI
da: martire
Non posso essere d’accordo sull’uso di facebook come mezzo ufficiale di comunicazione tra PA e cittadini. La PA deve offrire questi servizi nei propri siti istituzionali.
Sono invece favorevole ai siti istituzionali dove ci siano forum, e anche alle chat line a disposizione del cittadino. Anzi, li renderei proprio obbligatori.
da: Laura Strano
Ho proposto facebook perché è il social network più collaudato, e ci sono tante amministrazioni che lo utilizzano.
Se la comunicazione viene gestita nel modo più giusto senza improvvisazioni, ma anche con una piccola dose di rischio, trovo che possa essere efficacissima. Questo non significa che debba sostituire il sito istituzionale o rappresentare l’unico canale ufficiale della PA. Per spiegarmi meglio vi segnalo quest’articolo che evidenzia alcune buone pratiche:
http://www.egovnews.it/blog.php/8887/Facebook-e-PA-connubio-possibile-o-moda-passeggera
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Valutazione dei dirigenti della Pubblica Amministrazione
Idea n° 37 - proposta da: Giovanni_Coletta
Descrizione
Ormai credo sia chiaro a tutti che il sistema attuale di verifica dei dirigenti non funziona. Non ho mai sentito di un dirigente che non abbia ottenuto il massimo dal proprio direttore generale.
Il nostro è quello che si chiama un “tradizionale sistema di valutazione delle prestazioni”, dove i dipendenti sono valutati solamente dal loro manager. Questo sistema garantisce decisamente risultati minori rispetto al cosiddetto “360-degree feedback” ovvero “Feedback a 360 gradi”, dove a valutare sono i collaboratori, i colleghi e i supervisori. Numerose ricerche (Hazucha et al., 1993; London & Wohlers, 1991; Walker & Smither, 1999) hanno ampiamente dimostrato come tali sistemi aiutino le persone a migliorare le proprie prestazioni.
Altri studi invece (Maylett, 2005), hanno dimostrato che occorre associare entrambi i sistemi di valutazione, sia i feedback a 360 gradi che quelli tradizionali. Alla luce di questo credo sia ovvio che la bravura di un dirigente non debba essere valutata solamente da una persona, ma da tutte le persone con le quali ha a che fare.
I suoi dipendenti dunque, ma anche gli altri dirigenti, il suo direttore, e i suoi interlocutori istituzionali.
Allo stesso tempo occorre affiancare alle opinioni il valore di alcuni indicatori di performance associate ai risultati, quando questi indicatori risultano efficaci. Occorre inoltre introdurre sistemi basati anche sui confronti tra colleghi.
In effetti, come sostiene John R. Allen, che da più di trent’anni si occupa della valutazione delle prestazioni, gli esseri umani sono molto intelligenti e pieni di risorse, e possono trovare il modo di manipolare i sistemi di punteggio numerico.
Per evitare che questo accada credo si debba fare in modo che alcune caratteristiche - e quindi alcuni punteggi - siano il risultato del confronto tra vari dirigenti, in modo tale che se uno totalizza il punteggio massimo, qualcun altro deve totalizzare il minimo, e quindi non tutti possono prendere il massimo punteggio.
La cosa si risolve tecnicamente creando un applicativo web all’interno del quale ogni dipendente della pubblica amministrazione debba periodicamente valutare i dirigenti con i quali ha a che fare.
Ovviamente, ogni valutazione può avere un peso a seconda della qualità e della quantità dei rapporti tra i due. La valutazione potrebbe riguardare 4-5 aspetti (ad esempio: professionalità, motivazione e coinvolgimento, flessibilità, gradevolezza, attinenza al ruolo, efficacia) e una volta l’anno si potrebbe stilare una graduatoria pubblica, sia sul punteggio complessivo sia sul singolo aspetto valutato.
Allo stesso tempo si stabilisce che per ricoprire certi ruoli bisogna raggiungere un punteggio minimo totale e/o parziale. Così, ad esempio, per essere il responsabile di un ufficio pubblico che si occupa di immigrazione è richiesto non solo un punteggio complessivo elevato, ma magari anche una massima “attinenza al ruolo”.
La graduatoria pubblica e il voto anonimo (su questo se ne può parlare, non lo ritengo fondamentale) garantirebbero il massimo successo, e soprattutto eliminerebbero l’influenza politica. Si potrebbe discutere poi sul peso da dare a ogni voto, ma i rapporti istituzionali sono alla luce del sole, ed anche registrati via protocollo.
Di conseguenza, il peso potrebbe essere attribuito semplicemente dalla frequenza percentuale dei rapporti istituzionali e da coefficienti che dipendono dall’appartenenza allo stesso ufficio o allo stesso ministero.
Se, ad esempio, l’ufficio protocollo registra che il 30% delle lettere inviate e ricevute dal catasto di Roma sono rivolte e/o spedite ad uno specifico ufficio del Ministero delle Finanze, allora il dirigente e i dipendenti di quell’ufficio devono avere il 10% del peso complessivo nella valutazione del dirigente del catasto di Roma. Tale percentuale potrebbe essere poi corretta a seconda che si verifichino certe circostanze, come detto ad esempio l’appartenenza allo stesso ufficio, allo stesso Ministero, alla stessa Regione, al numero di anni di esperienza relazionale tra i soggetti ecc. Il raggiungimento degli obiettivi (misurato tramite indicatori oggettivi) in questo caso verrebbe affiancato dalle semplici “opinioni di tutti”, che non sbagliano mai. È noto infatti che gli obiettivi dell’attività dei dirigenti non sono sempre chiari, definiti e “sfidanti”, come si scrive anche in una ricerca della Luiss.
Questo accade per mancanza di volontà ovviamente, e non perché non si possono trovare questi indicatori. In ogni modo l’innovazione principale del sistema proposto consisterebbe nel fatto che la decisione di affidare un ufficio ad una persona anziché ad un’altra sarebbe motivata non dal peso politico ma dall’effettiva capacità, sia misurata da indicatori sia da opinioni che catturano anche la “qualità non misurabile”.
Questo risolverebbe quindi il problema degli effetti, soprattutto “organizzativi”, conseguenti all’attività di valutazione. Un semplice software su intranet permetterebbe la pubblicazione del risultato a seguito della valutazione.
Si potrebbe anche collegare lo stipendio degli stessi dirigenti a tale punteggio, così come si potrebbe valutare l’opportunità di spostare il dirigente in un ufficio più attinente alla sue qualità. Un’altra opzione potrebbe essere quella di coinvolgere nella valutazione utenti che in passato hanno avuto a che fare con il dirigente.
Utenti quindi non solo istituzionali, assegnando a questi un peso a seconda dell’esperienza passata in termini di anni e vicinanza professionale.
Ovviamente tale sistema coinvolgerebbe maggiormente ogni singolo dipendente della PA, che avrebbe così più voglia di lavorare e sarebbe egli stesso responsabile della classe dirigente. Anche i sindacati potrebbero avere un loro peso e un riconoscimento come “utente votante”.
Chi vota poi potrebbe essere premiato a differenza di chi non vota. Ad esempio, chi vota potrebbe vedere aumentato uno dei suoi stessi parametri, magari quello denominato “motivazione e coinvolgimento”.
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Innovazione istituzionale |
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valutazione dirigenti, dirigenti, efficacia, efficienza, settore pubblico, produttività, partecipazione |
COMMENTI
Da: martire
Concordo, e direi che questo sistema di valutazione dovrebbe essere applicabile anche agli altri impiegati della pubblica amministrazione.
Ognuno potrebbe dare un voto ai propri colleghi, e sulla base dei risultati ottenuti si avrebbero incentivi, progressioni economiche e di carriera, ove possibile. Sarebbe finalmente il momento nel quale la nostra PA inizia a premiare il singolo che veramente se lo merita.
Da: Piero
Ho qualche dubbio sul sistema proposto, mi sembra molto condizionato dal social network. I dirigenti devono essere valutati principalmente su risultati oggettivi, rispetto ai quali ci deve essere piena trasparenza.
Da: Giovanni_Coletta
Più che social network si tratta di una semplice pagina web anonima alla quale possono accedere i dipendenti pubblici attraverso intranet. Esistono già altri sistemi simili di valutazione, come ad esempio quella che riguarda i professori di un master.
Quindi, perché non estenderla ai dirigenti? L’eliminazione delle inferenze politiche sarebbe garantita, e la partecipazione di tutti aumenterebbe il coinvolgimento e un miglior rendimento dei dirigenti, che saprebbero essere valutati da tutti, e non solo dal direttore, che è un pò come avere a che fare con l’attuale sistema elettorale: è solo a lui che bisogna piacere.
Inoltre, una ricerca della Luiss ha dimostrato come non esista attualmente un criterio di valutazione basato su indicatori, per ovvi motivi...
Le opinioni, secondo me, sono l’unica cosa che conta. In ogni caso, gli indicatori si possono anche affiancare e non sostituire alle opinioni.
Questo, tra le altre cose, potrebbe fornire indicazioni sula validità degli stessi indicatori. Tutti noi sappiamo come certe qualità non siano misurabili con i numeri: misurare quanto un dirigente sia utile al proprio ufficio dipende anche dalle telefonate che riceve da suoi colleghi in quanto più esperto e disponibile di altri, oppure da quanto riesce a risolvere i conflitti tra dipendenti, dalle sue proposte organizzative, dal risparmio di tempo nello svolgere certe pratiche, persino da quanta carta fa risparmiare... E tutto questo si misura con opinioni mirate a certi aspetti specifici, e non dall’opinione politicizzata del suo direttore.
Da: Piero
Non nego che l’idea sia buona. Anzi, in questo senso ho anche realizzato un sistema di valutazione pubblico, nel settore della trasparenza.
Quello che mi lascia perplesso è il fatto che la valutazione qui proposta potrebbe essere solo una componente della valutazione complessiva di un dirigente. Infatti, come pensi che sia valutato un dirigente che ha come mansione l’accertamento Ici?
Senza ombra di dubbio molti lo premieranno, ma quelli che sono stati sanzionati che giudizio ne daranno? Lo stesso discorso vale per un dirigente dei vigili urbani: una valutazione sulla qualità, sull’efficienza (su dati oggettivi) del suo lavoro mi sembra debba incidere molto di più.
Da: Giovanni_Coletta
Evidentemente nel caso dell’accertamento Ici quello che conta è l’obiettivo, che in tal caso è molto ben definito da indicatori.
La valutazione quindi del dirigente sarebbe molto meno dipendente da opinioni, ma anche in questo caso meglio più persone che una sola. Per ogni dirigente bisognerebbe decidere all’inizio quanto siano importanti alcuni fattori e quanto possono esserlo altri.
Nell’esempio dell’accertamento Ici possiamo decidere che essendo importantissimo e chiarissimo l’indicatore “numero di accertamenti compiuti in un anno”, questo numero debba essere confrontato con quello degli altri colleghi pari grado. A questo punto però dobbiamo ipotizzare che un accertamento equivale ad un altro, e che quindi non ci sia differenza nella “qualità” dell’accertamento. In tal caso quindi è abbastanza semplice.
Si decide ad esempio che il punteggio complessivo del dirigente venga determinato sulla base della seguente ponderazione:
a) professionalità: 30%
b) flessibilità: 0%
c) gradevolezza: 0%
d) attinenza al ruolo: 30%
e) efficacia 40%
Alcune di queste siano valutate esclusivamente da indicatori, che elenco a seguire:
Professionalità:
1) Punteggio attribuito ponderando le opinioni del direttore e dei colleghi.
Attinenza al ruolo:
1) 50% N. di accertamenti in percentuale compiti confrontato con il numero degli “accertatori”.
2) 50% N. di accertamenti preventivi (per evitare e quindi anticipare l’evasione)
Efficacia:
1) 50% Ammontare del gettito pubblico aumentato grazie all’attività repressiva del dirigente in questione.
2) 50% Ammontare del gettito pubblico aumentato grazie all’attività preventiva del dirigente in questione.
Una cosa analoga si potrebbe pensare del dirigente dei vigili urbani
a) professionalità: 20% (valutazione per opinioni)
b) flessibilità: 5% (valutazione per opinioni)
c) gradevolezza: 5% (valutazione per opinioni)
d) attinenza al ruolo: 10% (confronto con colleghi tramite indicatori)
e) efficacia 60% (confronto con colleghi tramite indicatori)
Da: Piero
Hai definito un ottimo criterio di valutazione, impostando parametri qualitativi, quantitativi, organizzativi e di comparazione.
Se questo fosse il reale criterio di valutazione adottato, ti posso garantire che in due anni la PA si mette a posto.
Da: Laura Strano
Vorrei capire cosa si intende per “gradevolezza”. Una volta, in una proposta di valutazione per i dipendenti, venne inserito come indicatore la motivazione; allora chiesi quale era il criterio di valutazione e mi venne risposto: “Si vede dalla faccia”.
Se non si definiscono bene tutti gli indicatori penso si tratti di sistemi pericolosissimi. Non condivido l’anonimato della valutazione.
A mio avviso la valutazione della dirigenza dovrebbe partire dai bilanci delle amministrazioni e arrivare a quanto spendono i dirigenti e per quali servizi. Cittadini e dipendenti valutano sulla base di parametri oggettivi.
Probabilmente così non si valuta l’innovazione ma quantomeno, con un controllo diffuso, si riducono gli sprechi e la corruzione.
Da: Giovanni_Coletta
La gradevolezza inserita come parametro di valutazione è esattamente quello che si intende: la disponibilità a collaborare, la capacità di non mettere nessuno in imbarazzo o di farlo sentire fuori posto, la capacità di smorzare le tensioni e di non farti sentire inferiore, e via dicendo. Qualora si chiedesse questo, nessuno avrebbe difficoltà a rispondere.
È una qualità importantissima, la gradevolezza, e lo sappiamo tutti. Non è forse vero che quando qualcuno di nuovo sta per arrivare in un ufficio si chiede “com’è?”, e con questa domanda spesso si intende certamente di più il carattere che la capacità professionale, poiché la prima condizione spiana la strada alla seconda, ma non avviene mai il contrario.
Anzi, qualora si inserisce una professionalità elevata in un ufficio, se questa non è supportata da un carattere adeguato rischia di compromettere la funzionalità dell’ufficio intero.
La gradevolezza potrebbe quindi essere valutata solamente da opinioni dei colleghi più stretti, quali si richiederebbe di esprimere una valutazione - ad esempio - da 1 a 5. E quindi qualora si debba procedere a un trasferimento da un ufficio ad un altro, quello ricevente potrebbe semplicemente guardare al valore di questo indicatore.
Quanto all’anonimato, per quanto mi riguarda metterei tutto anche on line, ma la cosa che conta è che i dirigenti debbano essere valutati sul serio.
Da: Giovanni_Coletta
Tengo anche a ribadire che se il dirigente è scelto anche dai colleghi, essi stessi sono resi responsabili, e questo significa che quello è il dirigente migliore per quell’ufficio.
Da: indipertutti
A proposito di valutati: ne ho conosciuti di bravi, ma sono andati a finire in altri luoghi e tutto il loro materiale è andato perso, così si è dovuto ricominciare daccapo.
Da: Giovanni_Coletta
Per i dirigenti spostati si potrebbe valutare di applicare questa tecnica facendo contare non solo le caratteristiche desiderate per il posto da occupare (esperienza passata nel ramo, caratteristiche minime da possedere in termini di punteggi parziali) ma anche facendo votare i dipendenti dell’ufficio, il direttore e i dirigenti.
Ovviamente, potrebbero partecipare al voto tutti coloro, anche se in misura minore, che in passato hanno lavorato con il dirigente in questione e che hanno a che allo stesso tempo hanno avuto o hanno a che fare con l’ufficio di destinazione e che quindi possono valutare efficacemente l’attinenza al ruolo.
Da: Carlo
Per definizione, il responsabile di un servizio pubblico dovrebbe essere giudicato solo dal pubblico: ogni altra interferenza (superiori, politici, colleghi…) rappresenta un tentativo di autocrazia.
E’ chiaro che poi esistono delle eccezioni, categorie “protette”: in pratica tutti coloro che non vengono percepiti dal cittadino come suoi diretti servitori (servizi fiscali, segreti, forze armate, ecc.).
Questi dovrebbero essere giudicati da entità politiche. Il dipendente pubblico serve il cittadino e le istituzioni, quindi solo cittadini e politici hanno il diritto/dovere di giudicarlo.
Assolutamente non i colleghi. Il giudizio dei superiori deve avvenire solo attraverso i tradizionali rapporti informativi dove dati squisitamente tecnici vengono passati agli organi giudicanti.
Certo che a monte di questo avremmo bisogno di maggior trasparenza su chi in Italia è responsabile di cosa: i dipendenti pubblici non indossano cartellini identificativi, negli uffici e nei luoghi di lavoro non esistono targhe indicanti nomi di impiegati e responsabili, per non parlare poi del giochetto delle infinite circolari e ordini di servizio finalizzati a confondere l’individuazione delle responsabilità individuali.
Da: luigi
Questo sistema comporta decisamente minori risultati rispetto al cosiddetto “360-degree feedback” ovvero “Feedback a 360 gradi”, dove a valutare sono i collaboratori, i colleghi e i supervisori.
Numerose ricerche hanno ampiamente dimostrato come tali sistemi aiutino le persone a migliorare le proprie prestazioni. Altri studi invece hanno dimostrato che occorre associare entrambi i sistemi di valutazione, sia i feedback a 360 gradi che quelli tradizionali.
Non conosco questi sistemi di valutazione e quindi non posso pronunciarmi nel merito. Nel mio lavoro in ambito privato ho lavorato in tre diverse multinazionali estere che basavano tutte la valutazione delle persone in genere, dirigenti compresi, su una decisione del servizio di gestione del personale.
Questo servizio esprimeva una valutazione sulle persone basandosi essenzialmente sui lavori svolti e sui giudizi ricevuti dai rispettivi capi.
Su questa valutazione venivano poi definite le politiche di sviluppo della carriera delle persone e l’aspetto retributivo. Io ho visto questo sia come valutato sia come valutatore, e mi è sembrato fatto molto bene.
Come valutatore mi veniva chiesto un mio giudizio sulle persone che dipendevano direttamente da me ed io compilavo il modulo previsto, poi il responsabile del personale confrontava quello che avevo scritto con i lavori fatti dalla persona ed altri giudizi ricevuti in passato da altri.
Se tutto andava bene, se il mio giudizio era coerente con quella che era la storia del valutato non mi interpellava, mentre in caso contrario fissava un incontro per chiedermi i motivi della mia valutazione, mi esponeva i suoi dubbi e cercava di capire se la mia valutazione era stata corretta o se c’era stato qualche errore. In ogni caso c’era poi un incontro con me, il valutato ed il responsabile del personale.
Il responsabile del personale comunicava all’interessato la valutazione ricevuta e gli chiedeva se era d’accordo. Se non lo era gli chiedeva perché e cercava di capire se potevano esserci stati errori da parte mia.
Sono convinto che ancora prima di lui ero io l’oggetto della valutazione da parte del responsabile del personale, che cercava di capire se la mia valutazione era stata corretta.
Di fatto la valutazione finale dipendeva dai diversi giudizi che aveva ricevuto dai diversi capi, dalla sua storia personale, così come erano state considerate dal responsabile del personale.
Non dipendeva dal giudizio di altre persone, colleghi o subalterni. Sono convinto di aver visto buoni risultati da questo sistema di valutazione; ho visto che spesso gli incarichi di responsabilità venivano affidati alle persone più adatte. Il problema vero non è il misurare gli obiettivi, ma definire gli obiettivi. Se io definisco come obiettivo fare x pratiche al mese con un livello di errore inferiore a y%, è facile misurare se l’obiettivo è stato raggiunto, ma il problema vero non è quello di definire l’obiettivo.
L’obiettivo deve essere giusto, ragionevole. Non deve essere troppo basso, troppo facile da raggiungere, ma nemmeno troppo alto, impossibile da raggiungere. Il secondo problema, nel caso di non raggiungimento dell’obiettivo è capire perché: se è stato per colpa della persona o dell’ufficio o per cause esterne non prevedibili nel momento in cui l’obiettivo è stato fissato.
Sul fatto che le opinioni di tutti non sbagliano mai si può discutere. Io non credo che sia vero. Può accadere per mancanza di volontà, ma può anche succedere che non sia facile definire correttamente gli obiettivi, che non sia facile trovare gli indicatori più adatti.
Di solito è più facile definire gli obiettivi e gli indicatori nei lavori di basso livello, meno facile nei lavori di più alto livello. È abbastanza facile definire gli obiettivi e gli indicatori di una dattilografa, molto più difficile quelli di un dirigente. Naturalmente da questa valutazione deve dipendere lo sviluppo di carriera della persona e la sua retribuzione.
Sono totalmente contrario ad un coinvolgimento dei sindacati in questa valutazione, che sono molto più interessati al loro interesse che a quello dell’ente o dell’ufficio, quindi mi aspetto che darebbero una valutazione positiva ai propri iscritti e negativa agli altri. In ogni caso si può discutere come farla, il modo migliore di farla, ma è indispensabile tentare di dare una valutazione alle persone, dirigenti, quadri o impiegati che siano.
Rispetto all’affermazione: “tengo a ribadire che se il dirigente è scelto anche dai colleghi, essi stessi sono resi responsabili, questo significa che quello è il dirigente migliore per quell’ufficio”, non credo sia vero. Penso ai rettori dell’università eletti dai colleghi.
Per quello che ho visto io non viene eletto il migliore, ma quello che raccoglie più preferenze, spesso di tipo clientelare. Ancora, rispetto all’affermazione “Per definizione il responsabile di un servizio pubblico dovrebbe essere giudicato solo dal pubblico; ogni altra interferenza (superiori, politici, colleghi) è un tentativo di autocrazia”, io non credo che il pubblico sia in grado di valutare certe cose, ma non altre.
Penso ad un ospedale: il pubblico è in grado di valutare la gentilezza, la cortesia del medico, ma non se è stato in grado di dare la cura più adatta al caso. Poi, ho esperienza rispetto alla scuola, e qui gli insegnanti che riscuotevano il maggiore apprezzamento da parte di genitori e alunni erano quelli che davano i voti più alti, mentre quelli che insegnavano bene ma davano voti bassi erano i più contestati.
Se introduci un criterio di valutazione di questo tipo il risultato è che gli insegnanti alzano i voti, magari insegnando di meno.
Da: Giovanni_Coletta
Ho letto con attenzione le considerazioni e credo che siano fondamentalmente esatte. Ogni settore ha le sue caratteristiche e quindi va pensato su misura. Le mie considerazioni in effetti a volte finiscono per essere troppo generali, ma i nostri punti di vista se ci pensi vengono a convergere se pensiamo al sistema di ponderazione variabile da settore a settore.
Dove è più importante il pubblico, dove il privato, dove gli indicatori, dove le opinioni. Il caso in cui gli obiettivi sono poco chiari, in particolare, forse la poca chiarezza sicuramente giocherà il suo ruolo, anche sulle opinioni; voglio dire che chi sta nell’ambiente di lavoro saprà valutare quanto questo dipende dal dirigente, che non ha saputo chiarirli, e quanto dal contesto poco chiaro.
La cosa fondamentale è eliminare le influenze politiche e anche non far decidere una sola persona.
Nel caso degli insegnanti, ad esempio, hai perfettamente ragione, ma dare il giusto peso dev’essere elemento primario.
Magari gli stessi insegnanti sanno valutare meglio i colleghi, quindi se è vero questo, conteranno più loro che i genitori, poi avranno il loro peso anche gli anni di esperienza, e altri parametri oggettivi.
Da: luigi
Tenderei ad escludere o a ridurre al minimo il giudizio degli utenti. Esistono sistemi di valutazione che danno molta importanza alla valutazione degli utenti, quella che viene anche chiamata customer satisfaction, ma credo che questi metodi siano più validi in un contesto privato, dove il mio obiettivo principale è vendere, e per vendere è indispensabile il gradimento del compratore: non che il prodotto sia buono, ma che susciti il gradimento del consumatore, che da lui sia considerato buono.
Quando parlo di pubblico, preferirei un prodotto buono anche se non gradito al consumatore.
Per ritornare alla scuola (io insegnavo negli istituti tecnici industriali) ogni anno c’era la presentazione della scuola agli studenti di terza media. Un argomento molto ricorrente nella presentazione, oltre a spiegare tante cose, far vedere i laboratori (che magari venivano usati molto poco) si teneva un discorso molto frequente: “In questa scuola il tasso degli abbandoni, dei bocciati è molto basso”; di fatto questo veniva recepito dagli utenti con il significato: “Questa scuola è molto buona, ci sono pochi alunni che interrompono gli studi, pochi che vengono bocciati”. Invece il significato reale era: “Noi cerchiamo di promuovere tutti, anche i meno meritevoli, per non scontentare alunni e genitori”.
A me che cosa interessa? Una scuola pubblica che insegni bene, che funzioni bene o una scuola pubblica che promuova tutti e quindi, inevitabilmente, insegni meno? Perché promuovendo tutti o troppi si ottiene un doppio risultato negativo: il livello medio della classe si abbassa e quindi il programma non può non risentirne; gli alunni che l’anno prima hanno studiato per non essere bocciati, quello dopo si fanno furbi e non studiano più o studiano meno. Il rischio, per la PA, è che si tenda a dare quello che l’utente desidera e non quello che sarebbe meglio per tutto il sistema in generale.
La cosa va sicuramente bene per il privato che deve vendere, ma la PA deve vendere o fornire un servizio adeguato? Poi, in alcuni casi le cose possono anche coincidere, quando l’utente è realmente in grado di valutare il livello qualitativo del servizio, ma non è sempre così.
Condivido in ogni caso l’affermazione: “Ogni settore ha le sue caratteristiche e quindi va pensato su misura.
Le mie considerazioni in effetti a volte finiscono per essere troppo generali, ma i nostri punti di vista se ci pensi vengono a convergere se pensiamo al sistema di ponderazione variabile da settore a settore.”
Ci sono realtà molto diverse ed è sicuramente meglio fare un discorso specifico caso per caso piuttosto che un discorso generale. Quello che può andare bene in un caso può non andare bene in un altro. Il dipendente comune non è in grado di valutare gli obiettivi ricevuti dal proprio capo.
Nel mio caso io non li conosco, non mi vengono detti. In ogni caso non sono in grado di valutare se sono o non sono chiari, se sono stati definiti correttamente. Quello che io riesco a valutare bene del mio capo è la sua capacità di organizzare bene il lavoro dell’ufficio, se gli ordini che mi dà sono coerenti o contradditori, se gestisce bene le persone, se riesce a coordinarle bene, se riesce a motivarle correttamente, se riesce a creare le basi perché si formi un gruppo di lavoro efficiente che lavora bene ed in armonia.
Non è poco, anzi. Però, se affido troppo ai dipendenti il giudizio sul capo, rischio che prevalga il giudizio positivo su un capo che lascia fare, che lascia libertà anche alle persone di lavorare poco ed un giudizio negativo sul capo esigente, che pretende dei risultati.
Lo stesso discorso vale se ti affidi ai colleghi: non è detto che la motivazione del giudizio positivo sia legata al fatto che lavora bene, potrebbe dipendere da altre variabili. Ho già fatto l’esempio dell’elezione dei rettori delle università. Per quello che ne so io, per quello che ho sentito dire non sempre vengono eletti i migliori, anzi. Io ho raccontato quello che ho visto nelle multinazionali dove ho lavorato, dove una direzione del personale efficiente segue il lavoro ed il percorso di carriera delle persone e l’ho visto funzionare.
Alla direzione del personale ci sono degli psicologi, che sanno come gestire le persone, non un dirigente che sa tutto sul diritto amministrativo, ma niente su come trattare i suoi subalterni. Io non li ho visti prendere in considerazione opinioni di subalterni o clienti, ma solo dei capi della persona da valutare.
L’opinione di clienti e subalterni potrebbe però riflettersi sul giudizio che il capo dà sul suo dipendente: se ha ricevuto lamentele dai clienti, se si sono creati problemi fra le persone nell’ufficio…. Non è tutto oro quello che luccica. Gli psicologi sono persone intelligenti che sanno come trattare le persone, come fare per farle lavorare al meglio, come motivarle e spingerle a lavorare oltre il giusto. Gli stress nervosi che ho visto nel privato nelle persone, i problemi familiari, le rotture di matrimonio non li ho visti nel pubblico.
Ma questo allo psicologo non interessa, o interessa poco. Interessa invece che la persona lavori bene. Rispetto alla frase “La cosa fondamentale è eliminare le influenze politiche e anche non far decidere una sola persona”, mi dichiaro totalmente d’accordo.
Attualmente i vertici (direttori centrali dei ministeri, amministratori di enti pubblici) vengono nominati dai politici con criteri clientelari e, ai livelli più bassi, in cascata, con criteri in gran parte clientelari o di gradimento sindacale. La meritocrazia ora è praticamente inesistente. E la riforma Brunetta non mi sembra in alcun modo andare nella direzione giusta.
Da: Membro della Comunità
Se tutti gli impiegati pubblici, a partire dalla categoria più bassa, si ricordassero ogni tanto quale dovrebbe essere il loro dovere verso le istituzioni, non ci sarebbe bisogno di alcun sistema di valutazione, ognuno per la propria parte contribuirebbe a migliorare le attività rese dal proprio ente.
Mi spiego: perché i dipendenti pubblici quando gestiscono il budget familiare dimostrano un ingegno portentoso, e quando sono a lavoro, come d’incanto ogni effervescenza propositiva svanisce? Questo è davvero il problema.
Da: Membro della Comunità
Sono una dirigente della PA da oltre dieci anni, ho fatto la gavetta nei piccoli, medi e grandi comuni come responsabile U.T.C.per circa 15 anni, ho iniziato giovanissima a farmi le ossa in trincea, dove con il minimo delle risorse si doveva rendere il massimo del servizio (nei comuni piccoli il cittadino ti controlla a vista).
Diventata dirigente in un ente sovracomunale l’esperienza di oculatezza delle risorse e l’accortezza della spesa è stato il mio pallino fisso, ovviamente accompagnando le modalità operative con proposte progettuali operative strategiche finalizzate ad una gestione snella ed efficace di area vasta.
I risultati oggettivi del management così operato è comprovato da numeri chiari e intellegibili, che partono da un valore storico consolidato per arrivare ad un valore raggiunto, quindi credo sia il caso di smetterla con le varie “filosofie teoriche delle performance manageriali”: lo stato comatoso della situazione economica nazionale impone che si agisca senza preamboli.
Da: martire
Penso che qui dobbiamo essere tutti uguali, tutti innovatori disinteressati: sarebbe la cosa migliore per questo esperimento.
Atteggiamenti da dirigente o da subordinato secondo me andrebbero lasciate in ufficio.
Da: Membro della Comunità
Mi spiego con un esempio reale: dal mese di giugno 2009 sovrintendo un settore che gestisce 1300 chilometri di strade; nel periodo precedente la sinistrosità annuale era risultata pari a 2100 richieste di risarcimento danni regolarmente liquidate.
Attivando un servizio sperimentale di monitoraggio dello stato qualitativo della pavimentazione stradale e un’organizzazione manutentiva in “real time”, nel 2011 i sinistri ad oggi risultano 461, di cui riconosciuti 128 e la restante parte contestata e senza seguito. Questi sono numeri, o no?
Da: Membro della Comunità
Quello appena descritto è chiaramente uno dei casi in cui quello che conta maggiormente è la spesa.
Ammesso che l’unica sostenuta sia quella dei sinistri, o che, in alternativa, la riduzione della spesa nelle restanti attività sia stata proporzionale, direi che possiamo attribuire la seguente scaletta delle priorità:
a) professionalità: 15% (valutazione per opinioni);
b) flessibilità: 5% (valutazione per opinioni);
c) gradevolezza: 5% (valutazione per opinioni);
d) attinenza al ruolo: 5% (confronto con colleghi tramite indicatori);
e) efficacia 70% (confronto con colleghi dello stesso tipo tramite indicatori basati sul risparmio di spesa).
Ognuno dei cinque punti partecipa quindi in misura diversa al raggiungimento del punteggio finale. Inoltre, ognuno di questi è dotato di indicatori propri, basati su parametri qualitativi, quantitativi organizzativi e di comparazione.
Se nel caso descritto si dice di aver ridotto le spese drasticamente, questo non farebbe altro che far emergere la bontà di un lavoro svolto, far guadagnare di più e far risparmiare lo Stato se utilizzasse qualcuno così efficiente in luogo di “altri” in settori sensibili.
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Nativi digitali dentro la PA
Idea n° 124 - proposta da: sandro.gasparetto
Descrizione
Strutturare rapporti istituzionali con il mondo accademico per portare gli studenti universitari ad indirizzo tecnico informatico e giurisprudenza informatica dentro tutte le pubbliche amministrazioni mediante stage formativi, con l’obiettivo di trasferire alle persone le competenze tecnico/giuridiche necessarie per gestire la PEC, firme digitali, protocollo informatico, albo on line, ecc.
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Innovazione organizzativa |
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competenza, curricula, giovani, dipendenti pubblici |
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Concorso “Nuove idee per una nuova PA”
Idea n° 125 - proposta da: martire
Descrizione
Propongo di organizzare un concorso a premi dove si chiede a tutti gli impiegati pubblici - senza distinzione di grado o contratto e che lo desiderino - di identificare un problema e di proporne una soluzione concreta, rispettando però un massimo di parole. Ad esempio, se il problema è la diffusione e pubblicizzazione della PEC nei comuni dove non è ancora applicata, la soluzione potrebbe essere che i prefetti emanino una circolare nella quale definiscono una sanzione (o qualcosa del genere) per i Comuni che a una certa data non hanno la casella PEC istituzionale.
Poi, un vero e proprio “gruppo di pressione” di innovatori preparerà il “piano di attacco” per cercare di far sì che le segnalazioni diventino realtà.
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Innovazione organizzativa |
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concorso, innovazione, nuove idee, ascolto |
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Sostenibilità ambientale
Combustibili ecologici per parco-auto pubblico
Idea n° 106 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
Rendere obbligatoria la conversione del parco-auto in auto ecologiche o comunque alimentate con combustibili a basso impatto ambientale per tutti quegli enti che hanno la possibilità di grandi depositi (linee autobus metropolitane, polizie locali, vv.ff., ...).
Qualunque ente disponga di depositi e/o garage dove sia possibile l’installazione dell’apposito distributore deve adeguarsi.
Per esempio, tutti i parchi-auto che abbiano un motore diesel, con una modifica relativamente economica possono adattare i mezzi al consumo di olio di colza.
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Innovazione tecnologica |
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inquinamento, combustibili ecologici, risparmio energetico, ecologia, ambiente |
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Istituzionalizzare l’eco-riuso
Idea n° 43 - proposta da: Piero
Descrizione
Riutilizzare i beni destinati alla discarica che hanno questa possibilità. Pensiamo al televisore ancora funzionante, o a tutti i prodotti non più commercializzabili ma ancora fruibili. Possiamo raggiungere tre obiettivi: tutela dell’ambiente, minori costi di smaltimento, possibilità di aiutare persone che versano in situazioni di difficoltà.
Categoria |
Innovazione organizzativa |
TAG |
ecologia, riuso, riciclaggio |
COMMENTI
Da: info
Il problema è decisamente attuale. Quante volte vediamo prodotti gettati al macero con sommo disprezzo per una opulenza che forse non è più accettabile, non solo dal punto di vista sociale, ma anche da quello prettamente ecologico.
Da: Tommaso Del Lungo
Non mi è ben chiaro in che modo pensate sia possibile riutilizzarle. Vendendole? Donandole? Chi dovrebbe prendersi l’onere di conservare ciò che altri buttano?
Da: Piero
Donandole, ovviamente. Faccio un esempio. Io alcuni mesi fa dovevo portare in discarica una cucina (pensili, elettrodomestici, ecc.) che era in un appartamento dato in affitto.
Ho tergiversato per un po’, poi casualmente una mia conoscente mi ha segnalato una famiglia di extracomunitari che avrebbe potuto utilizzarla.
Questi sono venuti a smontarla e mi hanno evitato l’onere di farla a pezzi e portarla in discarica. Fra l’altro, con la mia auto avrei dovuto fare almeno tre o quattro viaggi e lavorare per mezza giornata.
Da: Tommaso Del Lungo
Va bene, ma il ruolo che immagini per la pubblica amministrazione quale sarebbe? Quello di mediare? Creare una lista di donatori e bisognosi?
Non lo faccio per criticare, è solo perché mi interessa capire meglio
Da: Piero
Ho affrontato recentemente il problema, infatti mi sono imbarcato nello sviluppo di un software per gestire la cosa.
Credo che la PA debba organizzare l’operazione. Infatti, la gestione dei rifiuti è un servizio coprodotto con i cittadini, dove l’ente pubblico fornisce i mezzi ed il cittadino collabora attivamente nel diversificare.
Nel caso specifico la PA deve sensibilizzare il cittadino verso questa iniziativa, e delegare a quelle che sono le strutture sul territorio (Caritas, Croce Rossa, parrocchie…) l’operazione di scambio.
Non nego che così si possono risolvere alcuni grossi problemi, perché l’operazione di creare un sito web apposito non può funzionare: l’operazione di “mediazione” è fondamentale.
Da: Michela
A me viene in mente anche un altro aspetto: potrebbe essere la PA in prima persona a riutilizzare beni obsoleti ma ancora funzionanti sottraendoli alla discarica.
Pensiamo al riuso di computer ritenuti superati ma ancora attivi, che possono essere rigenerati attraverso software open source e utilizzati per realizzare laboratori nelle scuole.
Da: Piero
Quello che dice Michela è corretto, ed è un’azione che già compio ogni anno quando eliminiamo i computer dall’azienda.
In quel caso vengono regalati ad un amico che ricondiziona il materiale per le scuole, e magari da quattro PC se ne ricavano due in buone condizioni.
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Risparmio energetico: negli edifici pubblici come a casa
Idea n° 58 - proposta da: antonio.viscardi
Descrizione
Spegnere le luci nei bagni e negli uffici quando non necessarie, spegnere le apparecchiature quando non utilizzate (fotocopiatrici, computer, ecc.), chiudere le finestre e le porte per l’efficienza energetica degli edifici climatizzati.
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Innovazione organizzativa |
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virtuosi, risparmio energetico, efficienza energetica |
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Energia
Idea n° 138 - proposta da: Membro della Comunità
Descrizione
In Italia disponiamo di energia geotermica superiore a quella esistente in Islanda, isola che, pur essendo vicino al Polo Nord, riesce così a riscaldarsi in maniera totale.
Se noi sfruttassimo il geotermico riusciremmo a produrre energia pulita e illimitata per tutto il Paese. Per non parlare delle possibilità che deriverebbero dallo sfruttamento dell’energia solare. Insomma, cerchiamo di organizzarci al meglio per il futuro.
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Icona e colore per il riciclaggio
Idea n° 197 - proposta da: ezio.berenci
Descrizione
Perché non definire universalmente tre icone con tre colori associati per distinguere, una volta per tutte, in modo univoco ogni tipo di oggetti non alimentari (scatola, contenitori, brik, oggetti vari) al fine di identificare con certezza dove buttarli: se nella carta, nella plastica o nel vetro.
Categoria |
Innovazione organizzativa |
TAG |
riciclaggio, rifiuti, ambiente, sostenibilità ambientale |
COMMENTI
Da: Membro della Comunità
L’idea mi piace ma è sicuramente migliorabile: solo tre icone non credo siano sufficienti. Inoltre, manca un occhio di riguardo per gli ipovedenti, i daltonici e i ciechi, senza tralasciare che a volte l’ignoranza circola ancora parecchio. Solo per la plastica ce ne vorrebbero molte di più.
Credo che icone in rilevo + colore e simbolo sarebbe la soluzione ideale. Poi si dovrà dotare i cassonetti con la medesima “segnaletica”.
Mi sembra quasi utopico e, nella migliore delle ipotesi, un progetto attuabile solo a lungo o lunghissimo termine.
In Svizzera ricicliamo praticamente quasi il 90 % degli scarti senza troppi fronzoli. La carta, il vetro, l’olio esausto da cucina, l’olio esausto delle vetture, le bottiglie separate per colore, le batterie e l’umido vengono già separate dai cittadini. Quello che viene gettato nell’immondizia viene setacciato da ditte specializzate. Due volte al mese possiamo portare i rifiuti ingombranti casalinghi in appositi centri nei quali ti indicano in quale container devi gettare la roba vecchia (computer, sedia, scrivania in metallo, frigorifero, finestre, ecc.).
Per i capi d’abbigliamento e scarpe in buono stato ci sono i cassonetti della Croce Rossa, quelli inutilizzabili una ditta specializzata li separa per farne stracci o carta. Questo sistema esiste da almeno vent’anni e funziona bene.
Da: ezio.berenci
Pur rispettando le categorie con i problemi conseguenti, non complicherei più di tanto. La semplificazione a sole tre categorie e l’uniformità su tutto il territorio italiano già sarebbe un successo.
Tanto, più di tre diversi tipi di cassonetti nessuna PA locale sarebbe in grado di metterli su strada. La Svizzera non è confrontabile con una qualunque città del centro sud italiano.
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ReOpen PA
IIdea n° 199 - proposta da: Carlo - F&T
Descrizione
Il progetto nasce da una concezione di sviluppo responsabile e sostenibile delle PA, e ha come obiettivo la diffusione di buone pratiche gestionali attraverso la diffusione del “recupero” e del “floss” (termine utilizzato per indicare il software libero e open source).
Prevede due azioni principali:
• formativa: creare competenze e consapevolezze su mezzi e strumenti;
• operativa: recupero e riuso (con i limiti dei casi) dell’hardware dismesso, diffusione di nuovi strumenti di condivisione e floss.
Punti di forza dell’Idea:
• riduzione dei costi strumentali della PA;
• riduzione dei RAEE;
• adempimenti normativi sugli standard aperti dei dati;
• adattabilità dei sistemi in base alle “reali esigenze”;
• miglioramento dell’accessibilità ai servizi.
Categoria |
Innovazione organizzativa |
TAG |
recupero, floss, trashware, open source, open data, raee, sostenibilità, pubblica amministrazione, spesa pubblica, gestione rifiuti, codice della pa digitale |
COMMENTI
Da: Membro della Comunità
E’ sempre interessante sapere che esistono altre iniziative come la nostra. Eco-rete, tuttavia, già da alcuni anni offre partnership alle pubbliche amministrazioni, le quali possono usufruire degli importanti vantaggi derivanti dal mantenimento delle politiche di Green Public Procurement.
Ecco il link: http://eco-rete.it/blog/?p=45
Da: Carlo - F&T
Gli aspetti da voi trattati rappresentano senza dubbio elementi “trasversali” dell’Idea proposta. Una corretta gestione degli imput/output (approvvigionamenti e “scarti”) relativa al materiale elettronico necessario comporterebbe infatti, oltre agli immediati vantaggi, notevoli miglioramenti su un effettivo o ipotetico SGA adottato dall’amministrazione stessa.
Da: giovannisanna4
Idea fantastica! Promuovere corsi di formazione per i dipendenti pubblici, dismettere le licenze e gli sperperi legati all’uso di software proprietari, rendere l’amministrazione pubblica funzionante e funzionale alle esigenze di una società tecnologicamente evoluta.
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